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Procuratore Gagliardi 40 anni dopo il terremoto che ricordi ne ha?
“Ricordi ed immagini indelibili, che ancora mi emozionano. Era domenica, appena sera, nella mia abitazione di Nola, avvertii forte il sisma. La mattina seguente, di prim’ora, mi misi in macchina e mi precipitai ad Avellino.
Il Corso era devastato dai palazzi crollati, il Tribunale, da poco trasferito nell’attuale sede, era deserto e tutti i tramezzi erano crollati.
Il Procuratore Capo, Umberto Ferrante, magistrato di grandissimo pregio – io ero all’epoca giovane sostituto – era stato toccato direttamente dalla tragedia perchè un suo congiunto era rimasto sotto le macerie ed erano in corso le operazione di recupero.
Io rimasi solo per molti giorni a presidiare il Palazzo di Giustizia per tutte le emergenze, alcune anche drammatiche.


Tra le tante quale richiese il suo impegno?
La rivolta dei carcerati nell’attiguo penitenziario, allora al centro della città, usciti dalle celle e rumoreggianti nei cortili, mi fece temere un’evasione in massa.
Con un magistrato di Sorveglianza, che richiesi a Napoli, non riuscendo a reperire il locale competente, procedemmo ai trasferimenti in altre sedi.
Poi i morti estratti dalle macerie, centinaia, ai quali bisognava dare rapida sepoltura, di cui autorizzammo l’inumazione, dopo sommaria vista esterna col medico legale.
Poi pensammo a S.Angelo dei Lombardi, da dove giungeva notizia del crollo del locale Tribunale, ed organizzammo una spedizione per il recupero dei fascicoli processuali, che rischiavano la distruzione, ma, quasi emerso delle macerie, l’avvocato Quagliariello rivendicò l’intangibilità di quella storica sede giudiziaria, oggi purtroppo cancellata.


In quel periodo l’Irpinia scropri l’infiltrazione camorristica, i fondi della ricostruzione facevano gola. Quali erano i primi segnali?
Dopo la catastrophe comminciarono ad arrivare i soldi, per le prime emergenze e poi per ricostruire, una enormità, propiziati dal fatto che allora l’Irpinia esprimeva il Presidente del Consiglio.
Una mole enorme di denaro pubblico disperso in mille rivoli e talvolta sprecato in opere faraoniche inutili, nella illusione di una vasta industrializzazone di territorio montano, in gran parte fallita.
La camorra organizzata, già presente sul territorio irpino, pervenutavi quando si era mossa, su richiesta di qualche sprovveduto politico per la liberazione del rapito assessore provinciale Cirillo, pose subito gli occhi sulla spropositata mole di denaro pubblico disponibile ed acquisì sul territorrio, come testa di ponte, un piccolo cementificio nell’area industriale di Avellino, un luogo simbolico per imporre il monopolio del calcestruzzo nell’intera ricostruzione.


Lei pagò un prezzo altissimo per l’effetto delle sue indagini: l’attentato a Monteforte dal quale riuscii a salvare la vita, come lo ricorda oggi?
Avviai un’indagine che si concluse con l’allontanamento del gruppo criminale, che avevo scoperto interessato ad imporsi nella ricostruzione post-terremoto, il quale cercò prima di contattarmi ed, al mio rifiuto, decise la mia eliminazione, da eseguire con l’attentato, mentre ero in viaggio verso la Procura. Ricordo ancora lucidamente come quella mattina del 13 settembre di 1982, sulle rampe di Monteforte, mentre procedevamo verso Avellino, si affiancarono tre macchine, impiegate dal nutrito commando camorristico, dalle quale cominciarono a sparare. I vetri blindati resistevano al grandinare dei proiettili, fino a quando, collidendo, finimmo capovolti nella scarpata.
Qui si avventarono sulla mia macchina blindata, che fu una risorsa provvidenziale, messami a disposizione solo qualche giorno prima a seguito di avvisaglie minacciose. Sparando ripetutamente con armi automatiche aprirono un foro nel vetro laterale, attraverso il quale introdussero la canna di un’arma automatica, esplodendo un centinaio di colpi, tanti furono i proiettili repertati all’interno, ormai, però, completamente offuscato dal fumo delle esplosioni.
Percosso da decine di proiettili, miracolosamente ferito solo da sette, nessuno per fortuna mortale, salvai la vita, ma il bagliore delle esplosioni a pochi centimetri dal mio viso e le frustate dei proiettili che mi colpivano, tornano ancora nei miei incubi notturni.
Così la camorra cutoliana, impedita di insediarsi nella ricostruzione del dopo terremoto, imponendo un suo monopolio del cemento, rispondeva con l’eliminazione del magistrato che aveva osato frapporsi.


Ritiene che ci siano state in quel periodo coperture politiche negli affari della ricostruzione?
La politica all’epoca era capillarmente presente e disponeva a suo piacimento di tutta la pubblica amministrazione, con pochissime eccezioni, prona ai potenti dell’epoca. Gli’abusi, innumerevoli, rientravano nei disegni dei politici e le ruberie usufruivano spesso della loro tolleranza. Sempre per l’acquisizione degli sterminati consensi elettorali.

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