X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

Era un legame fortissimo quello tra Lacedonia e Frank Cancian, docente emerito di antropologia all’Università di Irvine, scomparso ieri in California. Un legame da cui era nato il Mavi, il Museo Antropologico Visivo Irpino, grazie alla donazione alla pro loco Chicone delle 1801 foto scattate dal fotografo e antropologo statunitense, di origine veneta, durante il suo soggiorno a Lacedonia nel 1957, dopo aver vinto una borsa Fullbright come studente di antropologia. Immagini che consegnano uno spaccato di vita contadina, il racconto di una comunità che di lì a poco si sarebbe trasformata per sempre.


A ribadire quel ponte tra Lacedonia e Cancian è stata la figlia Maria con un messaggio nel quale ringrazia il Museo e l’Irpinia per l’omaggio reso al padre “Il ritorno a Lacedonia e il comune impegno con tutte le persone meravigliose che hanno contribuito a tanti aspetti del progetto è stata una parte importante degli ultimi anni di mio padre. Abbiamo molti bei ricordi della nostra visita per l’apertura del Mavi e terremo sempre a cuore il documentario ‘5×7’, i libri che sono usciti da questo progetto e, in modo particolare, tutte le persone meravigliose che abbiamo incontrato”.


E’ il regista Michele Citoni che ha dedicato a Cancian e alla storia del Mavi il film “5×7”, premiatissimo in numerose rassegne internazionali, a raccontare: “Tutto era nato da un’esperienza giovanile di Cancian risalente al 1957, ancora ventiduenne e appena laureato, Frank prima di intraprendere gli studi specialistici in antropologia era un fotografo autodidatta e avrebbe voluto proseguire la carriera di fotografo documentario. Aveva già una grande sensibilità etnografica e, arrivato a Lacedonia quasi per caso, scattò nel corso di sette mesi queste bellissime fotografie raccontando molti aspetti della vita quotidiana di una comunità rurale nel pieno di un’epocale passaggio di trasformazione. Un patrimonio visivo straordinario che però è rimasto per decenni in una scatola, perché l’autore aveva poi deciso di percorrere un’altra strada professionale come antropologo economico, che lo portò a svolgere un trentennale lavoro sul campo in Messico. Alcuni lacedoniesi hanno riscoperto le 1801 fotografie quasi sessant’anni dopo e con la fondazione del MAVI ne hanno sancito il grande valore di testimonianza storico-antropologica e insieme di strumento per promuovere la cultura critica dell’immagine”.

Commosso il presidente della pro loco Chicone Tonino Pignatiello: “Il nome di Cancian è ormai indissolubilmente legato a Lacedonia. Era tornato qui nel 2013 in occasione della presentazione del suo libro “Lacedonia. Un paese italiano” e poi nel 2017 in occasione dell’inaugurazione del Mavi. Era un uomo spiritoso ma di grande generosità. Era emozionatissimo e orgoglioso che dal suo lavoro fosse nato il Mavi. Nell’ultimo incontro si era soffermato a lungo sulle trasformazioni che avevano caratterizzato Lacedonia. Ricordo che nell’assaggiare uno dei piatti tipici, aveva scherzato su come ora abbondassero con l’olio. Poi il lavoro di Citoni, la mostra dedicata alle sue foto approdata al Museo delle ciltà di Roma, il concorso fotografico ‘1801 Passaggi’. Non possiamo fermarci, dobbiamo andare avanti anche per lui. La speranza è che l’amministrazione comunale gli conferisca al più presto la cittadinanza onoraria”. E sulla forza di cui si caricano le sue foto “Cancian era riuscito innanzitutto a integrarsi nella comunità, ecco perché il suo sguardo finisce con l’essere così acuto, quasi mai i soggetti delle sue foto sono in posa, lui racconta la quotidianità”.

Addolorato anche il sindaco di Lacedonia Antonio Di Conza “E’ stato davvero un anno nefasto, solo un giorno fa abbiamo detto addio al nostro ex parroco Sabino Scolamiero, oggi diciamo addio a Cancian. Siamo legati al grande antropologo americano per quello che le sue fotografie hanno rappresentato per la Lacedonia, un prezioso patrimonio da cui è nato il Mavi. Foto che sono state oggetto di un’attenta analisi da parte dell’antropologo Francesco Faeta per poi approdare in mostra a Roma al Museo della civiltà. Il ricordo di Cancian deve incoraggiarci ad andare avanti, a portare avanti l’impegno per salvaguardare il patrimonio culturale irpino e rilanciare il Mavi, a partire dai lavori di riqualificazione strutturale. Non c’è dubbio che Cancian meriti la cittadinanza onoraria alla memoria. Così come era stato accolto dalla comunità lacedoniese nel ’56 allo stesso modo è stato riaccolto quando è ritornato, si era stabilito un rapporto di forte empatia con la comunità. Non gli saremo mai grati abbastanza per quello che ci ha donato”.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE