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NAPOLI. Era un tabù la compagine ligure, indipendentemente dal trainer: con Italiano e Motta due ko di effetti devastanti sul cammino dei partenopei ( allenatore Gattuso, si perse la qualificazione in Champion’s per un punto, allenatore Spalletti, la corsa al titolo subì un brusco arresto ndr), ma con difficoltà, con un pizzico di buona sorte ( Gaetano che “liscia” il pallone proveniente da una delle poche giocate efficaci di Lozano, e lascia a Raspadori il colpo vincente con buona parte della porta avversaria libera ndr), con la genialata di un insufficiente “Jack”, è riuscito il Napoli a ritrovarsi in testa alla classifica, anche se in condominio: a mente fredda, fortemente impauriti, sabato scorso, dalla possibilità concreta di incrociare un nuovo parti tra le mura amiche, si è portati a ragionare su due fattori, innanzi tutto sui risultati ottenuti con gli uomini del 4-3-3 devastante contro Verona e Monza, con Zielinski, Lobotka e Anguissa a far diga a centrocampo ed a palleggiare, facendo letteralmente girar la testa agli avversari, mentre il 4-2-3-1 disposto da Spalletti nel match che opponeva gli azzurri al Lecce, aveva fatto storcere il muso a molti. Altro argomento di discussione, il monito, che è sembrato più essere un avviso ai naviganti, con in testa il Presidente, intriso di chiarezza, ma anche di durezza, che senza mezzi termini il tecnico ha fortemente sottolineato nella conferenza del dopo gara. Nessuna risposta da parte di ADL, nessuna reazione da parte di chicchessia, né tanto meno dai media, quindi il segnale è stato lanciato per far intendere che a comandare è lui, e nelle scelte tecniche nessuno deve interferire: il non accettare che si critichi i suoi avvicendamenti, non tanto nel corso della gara, quanto nella composizione dell’undici di partenza, è la conferma che l’allenatore vuole, pretende, difende le scelte che portano a far giocare tutti, e non lasciare indietro alcuno, ma non per valorizzare gli atleti ( soluzione gradita per la crescita economica della società ndr), bensì nella logica di ottenere risultati grazie alle capacità dell’intero gruppo, cui occorre ricorrere non solo per infortuni e/o per squalifiche. Facile discernere dopo la gara, se il risultato non dovesse essere quello migliore, ma chiunque avrebbe mandato negli spogliatoi il Raspadori, dopo essere riuscito a spedire, l’ex Sassuolo, palloni invitanti quasi sempre in curva, eppure il mantenerlo tra gli undici ha sortito l’effetto del tiro vincente: fortuna? Nient’affatto, ma la convinzione che la fiducia devi riporla per intero, e non a sprazzi, così come dopo aver concesso due opportunità, contro i salentini e nel primo tempo contro lo Spezia, mal ripagate, non è il caso di insistere su Ndembele che mostra ancora un forte ritardo di preparazione e scarsa capacità di inserirsi in una linea mediana, che si trova all’unisono quando opera con i tre stranieri più in forma dell’intero team. Ora si apre uno scenario che non consente al tecnico toscano scelte azzardate: sistemare, e quanto prima, il risultato contro gli scozzesi, non cincischiando con soluzioni che si distacchino dal tradizionale schieramento, per poi lasciare spazio, con oculatezza, agli altri ( leggasi sostituzione di Kvara, di Anguissa, di Lobotka ndr), conscio di dover evitare affaticamento per il match di domenica sera al Meazza contro i rossoneri, anch’essi impegnati nella massima competizione europea, ma non dovendo affrontare viaggio aereo ( partita casalinga contro la Dinamo Zagabria ndr), cosa che costerà tempo per il rientro a Napoli, vista l’impossibilità di spostare la partita contro i Rangers nel pomeriggio. Out Osimhen e Spalletti (occhio a queste reazioni che non giovano al rispetto degli avversari, nonostante l’adrenalina per l’ansia legata al risultato che non arriva…), fuori Leao e Rebic, ma guai a mettere sulla bilancia queste mancanze e stabilire a priori chi pagherà maggiormente queste assenze: novanta minuti alla volta, e non affolliamo la mente di eccessivi pensieri, il più delle volte controproducenti!

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