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L'abbraccio tra Pippo Baudo e Franco Battiato

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A Franco Battiato mi legava un rapporto bellissimo, tenero e dolce, che affondava le sue radici nella nostra terra comune. L’amicizia fu naturale non appena ci incontrammo, parlavamo di tutto, senza alcuna preclusione, soffermandoci spesso su Catania, i suoi problemi, la simpatia dei suoi abitanti.

La “sicilitudine” ci univa anche se Franco non ha mai manifestato questa sua appartenenza con sentimenti da tifoso. Preferiva viverla coltivando le relazioni con i suoi amici d’infanzia, alcuni risalenti addirittura ai tempi delle scuole elementari.

E qualche volta rivendicava di essere nato a Riposto, sul mare, vantandosi di essere un marinaro con gli abitanti della vicina e collinare Giarre, con cui c’era grande rivalità.

Ricordo che quando ero direttore artistico del Teatro Stabile di Catania trovai assurdo non prevedere in cartello neanche uno spettacolo di un personaggio così importante. Ne parlai con il mio segretario, il quale mi disse di fare un tentativo.

Andammo a trovare Battiato nella sua casa di Milo. Ci accolse in modo festoso. Mangiammo insieme gli spaghetti pomodori e basilico che preparava la madre, poi arrivai al punto. Gli dissi «Franco, devi fare qualcosa per lo Stabile». Lui accettò e propose uno spettacolo davvero particolare.

«Per prima cosa togliamo tutti i posti a sedere» esordì. «Quindi facciamo stare gli spettatori in piedi?» chiesi. «No – rispose – il pubblico lo facciamo stare fuori. Tutti devono pensare che all’interno stia avvenendo qualcosa di strano, senza sapere cosa. In tal modo ognuno potrà figurarsi, con l’immaginazione, il suo spettacolo». Ovviamente non se ne fece niente. Ma era una bella idea, in linea con il personaggio.

Ne sa qualcosa anche il professor Sgalambro. Si dilettava a recitare poesie, in modo serioso, e non aveva nulla a che fare con lo stile dei concerti di Battiato. Eppure lui lo utilizzava come mezzo comico, prima di suonare. Lo divertiva molto. Una volta gli fece cantare “La Vie en rose” con il pubblico che rideva mentre lui, poverino, pensava di aver un grande successo.

Battiato era anche questo e lascia un vuoto enorme, grande come il suo patrimonio musicale. Ogni pezzo diverso dall’altro, da quelli scacciapensieri come “Bandiera bianca” a quelli dai toni forti come “Per Elisa”, canzone apparentemente d’amore che in realtà affronta il tema della droga. Un argomento, quello della tossicodipendenza fra i giovani, che lo addolorava molto.

Perciò dico che Franco non ha eredi. I suoi pezzi sono immortali, resteranno sempre, mentre la musica di oggi è effimera, senza struttura, costruita per la manifestazione canora di turno e destinata a restare in auge per pochi giorni.

Di Battiato ce n’è uno, come c’è stato un solo Leopardi. Un altro grande della nostra canzone che se ne va, come Lucio Dalla, suo compagno di vacanze e di casa a Milo. Ecco, mi piace pensare che Franco si sia già messo alla ricerca di Lucio, per fare insieme qualcosa di bello nel paradiso degli artisti.


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