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Emmanuel Carrère

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Emmanuel Carrère si divide fra letteratura e cinema e si cimenta ancora con la regia per la terza volta con il bellissimo Tra Due Mondi in sala da giovedì con Teodora Film. Dopo aver aperto l’ultima Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, è stato presentato in anteprima a Roma alla presenza dello scrittore e regista. Il film ha aperto la dodicesima edizione della rassegna Rendez-Vous dedicata al nuovo cinema francese in programma anche a Napoli e Torino (e disponibile anche su MYmovies ONE).

Protagonista è Juliette Binoche che interpreta Marianne Winckler, una scrittrice che decide di dedicare un libro al precariato e finisce in Normandia, dove inizia a lavorare per un’impresa di pulizie che opera a bordo del traghetto che attraversa tutti i giorni La Manica collegando Ouistreham a Portsmouth. È un ritratto veritiero e non edulcorato della condizione di lavoro precaria di queste donne ed è liberamente tratto dal libro-inchiesta di Florence Aubenas “Le Quai de Ouistreham”, pubblicato da Piemme in Italia con il titolo “La Scatola Rossa”.

Aubenas ha fortemente voluto lei come regista, perché?

«Credo che Florence abbia pensato al mio nome perché le piace quello che faccio e anche perché sa che sono interessato al documentario e a tutto quello che si colloca al confine fra finzione e realtà: questo film non è un’opera di finzione pura. Con lei, inoltre, condividiamo l’idea che la scrittura si deve ispirare all’esperienza diretta e anche per questo motivo mi ha scelto».

Questa divisione fra realtà e finzione è uno dei temi centrali: Marianne si finge una donna delle pulizie e prova un certo senso di colpa a stare nel mondo che sta descrivendo nel suo libro. Prova anche lei questa sensazione quando si avvicina alle vite degli altri?

«Il senso di colpa che si avverte quando ci si avvicina agli altri e a condizioni di vita diverse dalla nostra, l’ho vissuto anche io e penso di essere in grado di descriverlo».

Scrittore amatissimo in patria e all’estero e autore di best-seller, in quest’opera racconta una storia ideata da un’altra autrice. Qual è la differenza che ha rilevato fra scrittura e regia?

«Innanzitutto fare un film è un’opera collettiva e si lavora con un “materiale” che mi appassiona: gli attori. In più in questo caso c’era un mix eccezionale: una grande attrice professionista e un gruppo di donne che non aveva mai recitato. Per me questo ha rappresentato una sfida, ma era anche il soggetto del lungometraggio: la storia era il pretesto per creare questa situazione, farla accadere è qualcosa che ho amato fare».

Una scena di “Tra due mondi” (foto di Christine Tamalet)

Nella realizzazione del lungometraggio ha avuto un ruolo centrale la protagonista Juliette Binoche. Che sul set ha aiutato molto le attrici non professioniste.

«Juliette ha avuto un ruolo importante in tutti gli stadi della realizzazione. È all’origine di tutto e, anche se non ha preso parte alla preparazione, è arrivata sul set il giorno prima dell’inizio delle riprese e lì c’è stato un momento folgorante. In Tra Due Mondi hanno recitato delle donne delle pulizie della Normandia, erano un po’ intimidite e diffidenti, ma dopo 24 ore lei aveva conquistato tutte con la sua gentilezza. Oggi sembra qualcosa di sdolcinato, sapevo che era un’attrice formidabile, ma non potevo immaginare che fosse così gentile e umile, ha dimostrato generosità e ha valorizzato gli altri. Ha travolto tutti con la sua semplicità diventata poi la cifra delle riprese che sono state molto piacevoli».

Tradurre un libro per il cinema è “tradirlo”. È successo anche a lei per “L’Avversario”, trasposto al cinema da Nicole Garcia. Cosa ha cambiato rispetto all’opera di Aubenas e come reagisce quando sono gli altri a “tradire” i suoi libri?

«Non mi dà fastidio che si metta mano alle mie opere. Rispetto all’inchiesta originale, ho aggiunto tutta la parte relativa all’amicizia fra Marianne e Christèle. La relazione fra le due donne non esisteva, il testo originale aveva uno stile più documentaristico. Non mi disturba affatto che venga fatto anche con i miei libri, sono un partigiano del “tradimento”».

Il suo best-seller più noto è “Limonov”, una biografia romanzata del dissidente politico russo Èduard, morto nel 2020, e sarà trasposto per il grande schermo dal premio Oscar Pawlikowski. Abbiamo letto un suo reportage da Mosca, qual è il rapporto con la Russia soprattutto in questo periodo?

«Ho una relazione molto forte, la mia famiglia materna è di origine russa, lo parlo un po’ e la letteratura russa mi ha influenzato fortemente. Ho girato lì e ambientato una serie di libri, non sono un conoscitore del Paese, ma ne sono innamorato. Quello che sta accadendo mi rende costernato, ma la Russia non c’entra lo sta facendo il suo presidente».

Prima di Tra Due Mondi aveva diretto il documentario Ritorno a Kotelnich, raccontando la lavorazione nel libro “La Vita Come Un Romanzo” e L’Amore Sospetto, tratto dal suo “I Baffi”. C’è un approccio differente se si adatta per il grande schermo una propria opera o se si dirige un film ispirato a un libro scritto da altri?

«L’approccio è differente, devo dire che non mi era piaciuto molto L’Amore Sospetto tratto da “I Baffi”. È fatto bene, ma lo trovo abbastanza astratto e poco vivo. Penso che il libro fosse migliore: alcune parti funzionavano bene su carta, ma nel lungometraggio no forse per ragioni tecniche. C’è una sorta di oggettivazione dell’immagine che lo rende un adattamento poco soddisfacente. Forse non è stata una buona idea adattare il proprio libro! Al contrario in Tra Due Mondi, la trasposizione è ben riuscita: lo spirito del libro è vivo e incarnato bene in questo adattamento».

La scrittrice nel film si avvicina alla comunità di donne e le racconta con una ambiguità morale. Le due protagoniste vengono descritte senza giudizi, spetta forse allo spettatore sciogliere questa ambiguità?

«Non tocca allo spettatore scioglierla e prendere una delle due parti. Il libro di Florence Aubenas è formidabile non solo perché è bello, ma perché è utile e ci apre gli occhi sul mondo del lavoro invisibile, è impossibile farlo senza ambiguità sociale e deontologica, ma nessuno condanna Marianne e anche Christèle ha le sue ragioni. Per questo il finale è triste, amaro ed emozionante: hanno ragione entrambe».

Non dirigeva dal 2005, mentre il suo ultimo successo letterario, “Yoga”, è stato pubblicato da Adelphi nel 2021. Alterna la scrittura al cinema, cosa hanno in comune i suoi due “mondi”?

«Sono due cose molto diverse, è evidente. La prima è totalmente solitaria, mentre l’altra è un’opera collettiva, ma c’è una cosa che le accomuna. Il lavoro al montaggio è molto simile alla scrittura e lo amo moltissimo. Posso anche aggiungere che le ore passate in sala a editare mi hanno insegnato molto nella scrittura e non si verifica il contrario».


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