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Volodomyr Zelensky

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L’Ucraina ha dimostrato di avere al suo interno una forza diversa. Il mondo non vuole che si spenga questo cambiamento. È la sfida della civiltà europea nel cuore dell’Est dominato dall’egemonia autocratica di Putin. Questo punto non viene colto nella sua dirompenza dagli analisti italiani. Agli occhi di Putin esiste il rischio che quella che lui chiama “l’infezione ucraina” contagi il suo popolo e porti la stessa Russia fuori dall’autocrazia. Lui con la follia dei carri armati a Kiev fa scoprire all’Occidente la svolta Ucraina nell’Est che è il ventre molle dell’Europa. La sfida non è portare a Est la Nato, ma la democrazia. Che è ciò che teme la stessa Cina. A Est c’è un miscuglio tra Asia e Europa e ora l’Europa può guadagnare terreno rispetto all’Asia. Il cammino della democrazia è lungo, ma il mondo sa che questo cammino è possibile.

C’è un punto che segna l’inizio e la fine della storia. Riguarda il cambiamento totale che c’è stato nella considerazione dell’Ucraina da parte dell’opinione pubblica internazionale. Il mondo intero, tranne una parte rumorosa della piccola enclave italiana, ha percepito che l’Ucraina di Zelensky è una cosa diversa dalla Ucraina del filo russo Janukovych, segnata da rivolte sanguinose e lotte interne con movimenti di reale ispirazione nazista.

Non vorremmo semplificare troppo, ma a volte farlo aiuta a capire. Il percepito del mondo è che la vittoria di Zelensky è stata la vittoria di un attore fuori dal giro che fa scattare la scintilla del sogno europeo nel cuore dell’Est autocratico e segna l’inizio della lotta alla corruzione. Nessuno fa i miracoli, ma stringi stringi il percepito del mondo è che in Ucraina è cominciata un’altra storia. Al punto che non manca neppure chi sottolinea che se Putin avesse schierato i suoi carri armati all’epoca di Janukovych al mondo la cosa non avrebbe fatto né caldo né freddo. Nessuno avrebbe reagito.

Quello che a un anno esatto dall’inizio della guerra di invasione putiniana va colto è che questa nuova Ucraina sta davvero cambiando la storia del mondo. Non solo e non tanto per le sue dimensioni come Paese che sono pari al doppio dell’Italia. Non solo e non tanto perché è una economia industrializzata con il nucleare e il granaio dell’Europa e dell’Africa. Non solo perché sfama mezzo mondo. No, nulla sarebbe valso a cambiare la scena se non ci si fosse convinti che si poteva scommettere su questo Paese perché ha dimostrato di avere al suo interno una forza diversa. Al mondo è interessato e interessa che non si possa spegnere questo cambiamento. Il senso profondo della sfida della civiltà europea nel cuore dell’Est dominato dall’egemonia autocratica di Putin che non ha mai abbandonato i suoi disegni di espansionismo imperialista. Questo punto non viene colto nella sua dirompenza dagli analisti italiani. Ancora una volta ci aiuta la storia. Chi vuole vedere la realtà di oggi e smetterla di nascondersi dietro gli stereotipi di un mondo diviso tra atlantisti e pacifisti che non esiste più, deve rendersi conto che dietro l’invasione di Putin in Ucraina c’è la stessa logica che spinse la vecchia Unione Sovietica nel ’56 a invadere con i suoi carri armati l’Ungheria e nel ’68 la Cecoslovacchia. Quella Unione Sovietica fece la prima e la seconda campagna di invasione perché aveva il terrore che si affermasse un altro modo di governare che potesse mettere in crisi l’autocrazia sovietica come sistema di governo.

Nell’Ucraina di oggi siamo davanti al fenomeno di un Paese, peraltro di grandi dimensioni e potenzialità economiche, fino a qui classicamente sovietico che diventa invece con l’avvento di Zelensky e prima ancora con una manifestazione impressionante di volontà popolare e di storica resistenza una cosa profondamente diversa.

Il fatto stesso di esistere con queste evidentissime caratteristiche diventa agli occhi del mondo la dimostrazione che può nascere e crescere nel cuore dell’Est qualcosa di diverso e agli occhi di Putin la dimostrazione che esiste il rischio concreto che quella che lui chiama “l’infezione ucraina” possa contagiare il popolo russo e portare alla fine di questo percorso la stessa Russia fuori dall’autocrazia.

A un anno dall’inizio della guerra la Russia di Putin si trova a dovere fare i conti con qualcosa di molto più forte dei suoi carri armati che è la volontà ucraina di difendere i valori della civiltà europea e non può consentire che ogni Stato ai propri confini, sotto la spinta Ucraina, entri in bilico su questo punto. Qualcosa di ancora più forte è stato percepito dall’Occidente. Anzi potremmo dire che Putin ha fatto scoprire all’Occidente la svolta Ucraina che è una cosa importantissima perché rappresenta una svolta a Est. Che è storicamente il ventre molle dell’Europa e, cioè, quello che è arrivato sempre più tardi perché anche nell’Ottocen – to non aveva il costituzionalismo che è la base di ogni progetto di coesione nel mondo.

La sfida di oggi non è quella di portare la Nato a Est, ma di portare la democrazia a Est. Che è proprio ciò che spaventa oltre alla Russia anche la stessa Cina. Che comunque sa di essere dentro un’altra cultura che la difende dal costituzionalismo occidentale. A Est, in quel grande pezzo di mezzo chiamato Eurasia, c’è questo miscuglio tra Asia e Europa e attraverso l’Ucraina si vede per la prima volta la possibilità che l’Europa guadagni terreno rispetto all’Asia. Siamo davanti all’ultima puntata dello scontro tra autocrazia e democrazia come le menti europee più lungimiranti hanno colto al volo. Naturalmente anche a Est hanno i loro problemi.

L’Ungheria prima di tutto, ma anche la Polonia. Che sono a loro volta sul confine tra autocrazia e democrazia. La Polonia ha un interesse militare a difendersi dalla Russia, ma sul piano intellettuale anche essa è pericolosamente sul crinale di questa spaccatura. Il cammino della democrazia è lungo, ma grazie alla follia dei carri armati di Putin a Kiev e alla storica resistenza ucraina il mondo ha capito che questo cammino oggi è possibile.


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