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Giorgia Meloni

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La nuova piattaforma dello sviluppo si sposta al Mezzogiorno, con il piano Mattei il Mediterraneo punta a diventare l’hub energetico dell’Europa


Aveva cominciato Enrico Mattei, il creatore dell’Eni, a cercare l’energia in lungo e in largo nel Continente africano, soprattutto petrolio e gas. Aveva un grande sogno: quello di liberare l’Italia dalla dipendenza dal cartello delle grandi multinazionali. Non è un caso se oggi il Piano messo in campo con una dote iniziale di 5,5 miliardi, fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni, porta il nome di uno dei grandi artefici del miracolo italiano del dopoguerra.

Ma c’è di più. Perché la guerra in Ucraina ha spostato sempre più l’asse degli approvvigionamenti energetici verso il Mediterraneo. E, a fine anno, con la decisione di Kiev di non rinnovare il contratto per il trasporto del gas di Mosca attraverso i suoi confini, l’Europa sarà costretta a rivedere le forniture, puntando l’attenzione non solo sulle rotte che trasportano la materia prima liquefatta, ma soprattutto verso l’Africa. Con una inevitabile conseguenza: trasformare il Mediterraneo nel nuovo hub energetico dell’Europa con l’Italia che, per la sua posizione geografica, diventerà una sorta di ponte fra i due continenti.

Ma non basta. La trasformazione in siti di interesse nazionale di Porto Empedocle e Gioia Tauro, dove saranno concentrati due importanti impianti di rigassificazione, oltre alle nuove piattaforme off shore previste dal governo nel Mezzogiorno, dovrebbe consentire al Sud di avere un ruolo di “traino” per tutti i Sud del mondo, a partire dall’Africa. Temi che sono stati già al centro della prima edizione di Feuromed e che conquisteranno i riflettori anche della tre giorni in programma da giovedì prossimo a Napoli per il secondo anno del Festival EuroMediterraneo dell’Economia.

I PROGETTI PER TRASFORMARE IL MEDITERRANEO NELL’HUB ENERGETICO D’EUROPA NON MANCANO

I progetti non mancano. In campo c’è soprattutto l’Eni che ha avviato e stretto importanti accordi di collaborazione con l’Algeria. Del resto, nel giro di pochi mesi, siamo riusciti a ridurre la nostra dipendenza dal gas rosso al 20%. E entro il 2025 la soglia dovrebbe ulteriormente ridursi. Con il dirottamento di una parte dei fondi del Pnrr sul capitolo del Repower-Ue, poi, il processo di trasformazione del Mediterraneo in un hub energetico potrebbe registrare un’ulteriore evoluzione. Rispetto al passato, però, la vera novità del piano Mattei si può sintetizzare in tre parole: partenariato alla pari.

Che cosa significa? Semplice: fare accordi lontani anni luce dallo spirito colonialista o da logiche predatorie, attenti alle esigenze economiche e sociali degli Stati con i quali si concludono gli accordi. “C’è, insomma chi con la cooperazione ti rende dipendente e chi con lo sviluppo ti rende indipendente”, ha spiegato la premier. Non a caso, l’annuncio un anno fa del Piano Mattei ha coinciso con la stessa visita di Meloni in Algeria. Un evento che ha visto la premier incontrare il Presidente della Repubblica Abdelmadjid Tebboune per la firma degli accordi tra Eni e la compagnia di Stato Sonatrach. Ma c’è di più.

Perché l’Italia è riuscita a portare dalla sua parte anche l’attuale presidente della Commissione europea. Ursula Von der Leyen ha partecipato a quasi tutte le ultime missioni italiane in Africa, assicurando la piena complementarietà del Piano Mattei con il “Global Gateway europeo”, il programma infrastrutturale da 150 miliardi di euro che intende favorire energie pulite per l’Africa. Risorse importanti ma non sufficienti. Nella Dichiarazione di Nairobi, i leader africani hanno richiesto 600 miliardi di dollari per l’installazione di nuove fonti rinnovabili da qui al 2030. Buona parte di essi dovrebbero arrivare dalle economie sviluppate”.

GLI ACCORDI CON L’ALGERIA E I GASDOTTI DEL MEDITERRANEO

Secondo gli ultimi dati disponibili, il continente rimane dipendente all’89,9% da fonti fossili per i propri consumi energetici primari. Gli accordi siglati durante le visite di Meloni e Draghi e l’idea dell’Italia come hub del gas nel Mediterraneo vanno proprio nella direzione auspicata dall’Algeria, prospettando l’incremento delle esportazioni nel breve periodo, con i 9 miliardi di metri cubi di gas annui accordati entro il 2023-2024, rispetto i volumi 2022. Un aumento davvero consistente del +40%, a conferma della sempre maggior rilevanza strategica dell’Algeria come primo fornitore di gas in sostituzione della Russia.

Il Paese è infatti collegato all’Italia tramite il gasdotto Transmed (33 mmc di capacità annuale), l’infrastruttura gassifera internazionale più importante dell’intero Mediterraneo. Un dato per tutti: La dipendenza del nostro paese nei confronti delle importazioni dall’Algeria è arrivata infatti a circa il 42% del totale. Una proporzione molto simile a quella dell’Italia nei confronti della Russia per buona parte del decennio scorso e sino al 2021. Paradossalmente, la stessa proporzione è aumentata nel 2023, nonostante una riduzione corposa dei consumi.
La rotta, insomma, è tracciata. Ora tocca all’Italia ma, soprattutto all’Europa, percorrerla fino in fondo, trasformando il Mediterraneo nel nuovo hub energetico in grado di portare non solamente sviluppo ma anche stabilità e pace.


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