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Il presidente del Consiglio Mario Draghi e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi

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Sì, è possibile. Sì, è possibile che Napoli e il Mezzogiorno siano un motore del Paese di cui l’Italia tutta ha bisogno. Sì, è possibile uscire dallo sterile rivendicazionismo e superare gli ostacoli – finanziari, istituzionali, culturali – che hanno frenato Napoli e il Sud in questi decenni. Sì, è possibile riconoscere e affrontare la “questione meridionale”.

Sì, è possibile farlo se si saprà agire “con urgenza, determinazione, unità, umiltà”. Per usare le parole del presidente del Consiglio, Mario Draghi, al quale ci permettiamo di aggiungerne una quinta: organizzazione. Sì, organizzazione. Quella nella quale il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, è maestro ed è la ragione per cui ci spingiamo a dire che le cose possono cambiare.

Perché si incontrano la coerenza meridionalista degasperiana di Draghi che è costruita con il cemento armato dei fatti (1 miliardo e 231 milioni di euro in vent’anni al Comune di Napoli; al Sud il 40% del Piano nazionale di ripresa e di resilienza) con la capacità di fare le cose con metodo di un sindaco di Napoli ingegnere che ha fatto benissimo come rettore dell’Università Federico II, come presidente dei rettori italiani, come ministro della Università e della ricerca scientifica.

Questo è il Mezzogiorno che ci piace e lo dichiariamo senza tema di smentita. Quello che si misura con le sfide, non che si nasconde dietro le lamentazioni e i mille circoletti degli amici degli amici. Manfredi ce la può fare perché a differenza di troppi sindaci meridionali che continuano a dire “date i soldi a noi perché poi sappiamo noi come spenderli” senza nemmeno essere capaci di presentare un progetto ai bandi di gara per gli asili nido, non vuol continuare a fare malissimo come si è fatto sempre. Vuole e sa come rompere con le incrostazioni del nulla rivendicazionista. I soldi a Napoli arrivano perché ci sono un sindaco e un’amministrazione che hanno la solida consapevolezza che le risorse arrivano in cambio di riforme strutturali.  

Che vuol dire riorganizzare la macchina comunale, cambiare le partecipate del Comune in modo che i servizi migliorino a favore dei cittadini e siano allo stesso tempo un punto fermo di attrazione qualitativa del turismo nazionale e internazionale. Che vuol dire capacità effettiva di mettere a terra le risorse del Piano nazionale di ripresa e di resilienza avendo già sfruttato e sempre più volendo sfruttare la possibilità di assumere personale qualificato che consenta di spendere e bene i nuovi fondi europei e di cumularli con quelli mai spesi e quelli ancora in arrivo del Fondo di coesione e sviluppo. Si vuole chiudere con i fatti una pagina della storia che è tra le più mortificanti della politica e della macchina pubblica del Mezzogiorno.

Per questo il Quotidiano del Sud-l’Altravoce dell’Italia non mancherà mai di indicare al pubblico ludibrio tutti gli amministratori che sono diventati bravi solo a chiedere quello che hanno già avuto al cubo invece di cercare buoni progettisti e fare buoni progetti e, se nemmeno così è possibile, di chiedere almeno aiuto a tutti i soggetti pubblici che il governo ha messo loro a disposizione.

Chi si ostina a dire che a lui gli asili nido e le scuole non servono perché non avrebbe i soldi per gestirli, bisogna urlargli in faccia che mente sapendo di mentire perché i progetti sono finanziati con risorse sia per l’assistenza progettuale sia per la gestione delle nuove costruzioni nei prossimi tre anni. Devono leggere e studiare i bandi, questi signori, devono fare le proposte e smetterla di rivolgersi ai capi bastone delle clientele di prima.

Tra il 2002 e il 2022 oltre un milione di persone ha lasciato il Mezzogiorno e il 30% di questo milione sono donne laureate. Rinunciare a creare condizioni migliori di welfare per l’infanzia quando la legge di bilancio, anche questo avviene per la prima volta con il governo Draghi, parifica i diritti di cittadinanza tra ricchi e poveri e mette a disposizione risorse importanti sulla scuola a partire dalle piccolissime età, significa macchiarsi di una colpa civile imperdonabile. Significa togliere il futuro ai nostri giovani di talento e a un capitale umano femminile che le famiglie meridionali finanziano con sforzi pesantissimi e sono poi costrette a regalare al mondo. Questi delitti non si possono più ripetere.

Il primo punto della sfida del nuovo Mezzogiorno è l’investimento sul capitale umano, sulla rigenerazione delle amministrazioni, sul rilancio delle economie private dei territori, sull’integrazione tra ricerca industriale, talento universitario e riorganizzazione dei tessuti produttivi territoriali. Attuare bene il Piano nazionale di ripresa e di resilienza significa fare questo, non altro. Tutto il governo con la sua ministra per il Mezzogiorno, Mara Carfagna, in prima fila, è impegnato nella trincea  di un cambiamento storico consapevole della irripetibilità della occasione offerta. Il Patto per Napoli fa parte delle cose che ci dicono che possiamo farcela, le chiacchiere quotidiane sul nulla ci fanno ripiombare nell’angoscia di sempre. Spezziamo il circuito perverso delle negatività e quando le regioni sbagliano, cioè quasi sempre, non si guardi in faccia nessuno. Anche il governo smetta di aspettarlo soprattutto sui fondi di coesione strascaduti per l’immoralità e l’incompetenza dei loro comportamenti. La società civile dia una mano prendendo le distanze dalle pratiche clientelari e facendosi sentire. Il tempo per farlo è già scaduto. Da molto.


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