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Si sono svegliati anche alla Corte dei conti europea e al Parlamento europeo. Dicono: aumentiamo i controlli, vediamo che uso fanno gli italiani dei nostri soldi. I sovranismi nazionali hanno nel mirino l’interlocuzione tra Commissione e ministro Fitto che coinvolge strutture di Bruxelles, Palazzo Chigi, Ragioneria generale dello Stato. Opposizione e istituzioni tecniche sappiano che la commedia della delegittimazione reciproca costa cara. Il lavoro serio che si sta facendo di allineamento di scadenze e priorità uscendo dalle marchette dei fondi di coesione e di semplificazione e coordinamento della macchina amministrativa decisionale deve essere patrimonio condiviso dell’intero Paese per evitare di venire mangiati tutti insieme dai rigurgiti nazionalisti che in modo miope tornano a prevalere in Europa.

Si sono svegliati anche i falchi della Corte dei conti europea. Si sono svegliati i falchi del Parlamento europeo. Dicono di fatto una sola cosa: aumentiamo i controlli, vediamo bene che uso fanno gli italiani dei nostri soldi. In Europa è tornata l’ora dei sovranismi nazionali e le “formiche” del Nord sono contro le “cicale” del Sud. Nell’ora degli egoismi nazionali gli occhi non li chiude più nessuno e ognuno pensa ai fatti suoi. I Paesi cosiddetti frugali più di tutti. Così i nostri biocarburanti non vanno bene e i motori termici tedeschi sì. Così quello che sul Pnrr si lasciava colpevolmente passare al governo Draghi si vuole fare pagare il doppio al governo Meloni.

Per continuare a fare un favore a un po’ di furbetti che campano sullo sfruttamento dei litorali con canoni da rapina, si mette sotto una luce diversa tutto quello che si fa o non si fa sulla concorrenza a partire dalla messa in gara delle concessioni portuali. Sul codice degli appalti e sulla digitalizzazione non si scherza più se si vogliono davvero aprire i cantieri in Italia e comunque in Europa si vogliono conoscere i dettagli, tutti i dettagli. Paradossalmente i rapporti migliori sono quelli tra la Commissione europea e il ministro Fitto con una interlocuzione costante che riguarda i singoli dossier e le strutture di Bruxelles, di Palazzo Chigi e della Ragioneria generale dello Stato.

Per la rata da 19 miliardi e i 55 obiettivi da conseguire non cambia di molto la situazione se i soldi arrivano trenta giorni dopo e nel frattempo si sono sistemati i punti di frizione che riguardano essenzialmente le concessioni portuali, il teleriscaldamento e i piani urbani. Punti di frizione che scontano ritardi ricevuti in eredità dalle farraginosità del dicastero delle Infrastrutture del governo Draghi. Il punto di fondo che va messo bene a fuoco è che chi governa questo Paese deve arrivare a un redde rationem con le opposizioni e le istituzioni tecniche perché la commedia della delegittimazione reciproca fa pagare un conto troppo salato a tutti gli italiani. Il lavoro serio che si sta facendo di riallineamento di scadenze e priorità nell’utilizzo di tutti i fondi comunitari e di semplificazione e coordinamento della macchina amministrativa e decisionale deve essere patrimonio condiviso dell’intero Paese per evitare di venire mangiati tutti insieme dai rigurgiti nazionalisti che in modo miope tornano a prevalere in Europa.

Quando è in gioco la crescita italiana non si alzano polveroni mediatici che confondono il ritorno lobbistico degli egoismi nazionali dei Paesi europei del Nord con il lavoro comune di Commissione e governo italiano. Perché si fa solo il gioco di quei Paesi del Nord in una fase di instabilità globale. Dove alla guerra nel cuore dell’Europa si aggiungono la crisi in Medio Oriente, la bomba finanziaria e sociale della Tunisia e quella mai disinnescata dell’inflazione europea e della sua coda di tassi alti e rischio di crisi bancarie.

In questo contesto dentro l’Europa, sbagliando clamorosamente ma tant’è, tutti si chiudono a riccio e l’Italia stessa deve essere pronta a gestire questa fase con uno spirito di solidarietà nazionale che è proprio quello che manca. Bisogna avere almeno la consapevolezza che se non scatta questo spirito in casa che alimenta le alleanze giuste fuori casa, siamo destinati ad essere il vaso di coccio tra i vasi di ferro. Perché anche il ministro Fitto da solo non può fare miracoli. Bisogna che dietro chi raccoglie intelligentemente tutte le deleghe europee rafforzando politicamente il peso della interlocuzione e la coerenza delle scelte interne ci sia un sistema che in esso si riconosce.

Un sistema che non può fare acqua da tutte le parti e che deve prendere atto che non si può continuare con la politica delle marchette regionali e/o dei fondi di coesione e sviluppo usati per coprire la spesa corrente clientelare delle Regioni del Sud come del Nord. Che la priorità delle priorità è il riequilibrio territoriale e che è ritornato alla testa dell’agenda europea nell’unica stagione di solidarietà, è stata quella post Covid, ma passa attraverso un piano italiano che fa i conti con la realtà ed è condiviso e spinto da tutti.

Si deve prendere atto che l’Europa prima era convinta che le cose in Italia si aggiustavano e si andava verso una normalizzazione mentre adesso tutti riconoscono la centralità politica dei conservatori europei guidati dalla Meloni ma si preparano alle elezioni europee e sanno che quello sarà il momento in cui ogni governo dovrà chiedere più o meno austerità alle sue popolazioni. E quelle stesse popolazioni diranno loro: a noi chiedete di essere austeri e agli italiani consentite di fare scempio delle risorse che noi abbiamo dato loro!

Che cosa possiamo rispondere quando prendono in mano i fondi di coesione e sviluppo e viene fuori che Regioni e ministeri non sanno spenderli e poi li vogliono usare per la spesa corrente? Questi sceriffi che continuano ad alzare la voce conoscono almeno il senso del pudore? Lo capiscono che stanno giocando con i soldi che l’Europa ci dà per fare gli investimenti nel Sud, non le consulenze clientelari al Sud come al Nord? Questo, non altri, è il quadro reale dello scenario futuro. È inevitabile che aumenterà la fame di controlli e nulla si potrà risolvere con la solita trattativa politica finale. Perché quella non porta a casa nulla.

L’approccio sistemico scelto da Fitto è quello giusto per dire e fare cose vere, ma deve essere espressione dell’intero sistema Italia per reggere l’urto europeo degli egoismi nazionali di ritorno. Se invece azionisti irrequieti della maggioranza e folte rappresentanze delle opposizioni continuano a correre dietro le cose che impressionano la pubblica opinione devono almeno sapere che stanno lavorando all’accerchiamento dell’Italia. Dentro il quale ci finiscono tutti a partire da loro.


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