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Civili ucraini si armano per fronteggiare l'esercito russo

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Ha fatto bene Mario Draghi a dire con chiarezza di essere favorevole all’unica sanzione che morde. Bisognerà vedere che cosa diranno tedeschi  e americani. Le ipotesi sono due: l’utilizzo dell’”arma nucleare” della finanza tout court o in modo selettivo escludendo gli istituti che comprano e vendono gas. Nella prima ipotesi gli effetti sono uno shock che vale su base annua  8/9 punti di Pil in Italia e 5 punti in Europa, ma la Russia perde di riflesso il 30% delle sue esportazioni  e non ha più le entrate valutarie per fare tante cose, anche  per fare mangiare le persone. Quella di Draghi è una scelta che ha la dignità delle grandi scelte di politica estera di un grande Paese. È evidente, però, che in Italia tutte le centrali a carbone riapribili vanno riaperte e si può arrivare al 15/20% della nostra domanda di elettricità che sono 3/4 miliardi di metri cubi di gas. Poi bisogna spedire Descalzi (Eni) in Algeria e in Libia e fare gli investimenti in Nord Africa per tirare fuori tutto il gas che c’è e che serve.  Stessa attenzione va riservata all’Iran e al Qatar.  E serve subito un super fondo europeo

HA FATTO bene Mario Draghi a dire con chiarezza di essere favorevole a fare uscire la Russia da Swift, il sistema internazionale che permette di eseguire gli ordini di pagamento. Ha fatto bene a sostenere di appoggiare la linea dura fino all’utilizzo di  questa specie di “arma nucleare” della finanza che l’Europa è pronta a lanciare sul terreno militare contro l’autocrate Putin. Una decisione che è diretta a colpire la violenta superpotenza russa all’assalto di Kiev capitale dello Stato libero dell’Ucraina e che di sicuro ha un impatto abnorme sulla bolletta energetica italiana e, cioè, sui conti delle imprese e delle famiglie italiane. Ovviamente bisognerà vedere che cosa dirà la Germania. Soprattutto che cosa diranno gli americani perché senza il loro assenso Swift non salta.

Bisognerà anche capire se si arriverà all’utilizzo dell’“arma nucleare” della finanza tout court o, come è più probabile, in modo selettivo escludendo Gazprombank e gli istituti che possono garantire la compravendita di gas. Perché nella prima ipotesi gli effetti per l’Italia sono quelli di una nuova pandemia con uno shock su produzione e consumi di dimensione straordinaria  che va affrontato all’istante con strumenti di sollievo europeo.

Per chi non lo avesse capito, parliamo di qualcosa che può valere 8/9 punti di Pil in Italia e 5 punti di Pil in Europa. Ci sono momenti, però, in cui sono in discussione la dignità di un Paese perché la democrazia non ha prezzo. In questo caso è in gioco la dignità dell’Italia e di una nuova Europa. Perché tagliare fuori la Russia dal circuito finanziario delle transazioni internazionali è l’unica sanzione che morde, quelle adottate fino a oggi sono bazzecole. Perché se io Europa non posso pagare il gas ovviamente non lo posso comprare, ed è vero che a noi Europa viene a mancare la materia prima per alimentare riscaldamento e elettricità e il petrolio per sostenere i trasporti, ma è evidente che la Russia perde di riflesso il 30% delle sue esportazioni e non ha più le entrate valutarie per fare tante cose, anche per fare mangiare le persone, oltre che a colpire i russi ricchi.

Essendo in guerra, si usano armi di guerra e si determinano le condizioni di un’economia di guerra. Una scelta così forte morde la carne viva della nostra economia sul fronte delle esportazioni e ancora di più su quello delle importazioni energetiche. Una botta sulla nostra economia di sicuro di calibro pandemico per fare fronte alla quale servono scelte coraggiose, appunto di guerra, in casa e in Europa. Proprio per questo, però, emerge la forza e la dignità di una scelta politica del premier Draghi che fa i conti con la realtà di un Putin che vuole riscrivere i confini europei e che senza un’alzata di scudi compatta della vecchia Europa potrebbe ripetere con i Paesi baltici quello che ha fatto con l’Ucraina.

Siamo in presenza di un signore che ha già tagliato il gas a noi italiani e che lo ha fatto programmando tutto in ogni singolo dettaglio. Perché è chiaro che è stato Putin a tagliare inopinatamente i quantitativi delle forniture facendo salire i prezzi e caricandoli tutti sulle nostre spalle. Al punto che non manca chi sostiene che Putin ha finanziato la sua guerra di annessione in Ucraina con i soldi degli italiani e dei tedeschi.

Ed è altresì chiaro a tutti gli europei  che se abbiamo livelli di prezzi e di inflazione che preoccupano non è perché è scappata di mano la domanda interna, ma perché Putin ha pilotato abilmente verso l’alto gas e petrolio. Questi prezzi sono aumentati per colpa sua che improvvisamente non ha voluto vendere con gli stessi quantitativi che vendeva prima e ha programmato a tavolino i nuovi scenari di domanda, offerta e prezzi. A questo punto, siamo tutti nella stessa barca. Perché dipendiamo tutti dall’energia, dipendiamo tutti da gas e petrolio russi, quanto noi i Paesi del Nord Europa, quanto noi o più di noi i Paesi dell’Est europeo come Bulgaria e Romania. Stanno meglio i francesi che hanno un po’ di nucleare e soffrono come noi anche i tedeschi che hanno un po’ più di carbone. 

È evidente che la scelta di una linea dura europea così forte richiede il coinvolgimento esterno di Giappone e Inghilterra. Bisogna che si avverta la tenaglia del mondo che stringe il collo di chi ha concepito l’espansionismo russo fuori da ogni regola e vuole oggettivamente cambiare gli equilibri internazionali con l’arma della guerra unilaterale riducendo le aree di influenza del mondo libero a favore del mondo autocratico. Si tratta di bloccare un processo che inizia ora, ma non si sa dove può arrivare. Mettersi intorno a un tavolo con un signore che la stampa americana descrive come “il nuovo Hitler” significa correre il rischio di ripetere colpevolmente gli errori della storia. Quando si disse “si prende  la Polonia e basta”, poi  si disse “si prende l’Austria ma era già sua” e poi siamo arrivati dove siamo arrivati.  Siamo sullo stesso crinale con un Putin che si è preso la Crimea, ha tentato con l’Afghanistan, poi si è preso pezzi del Donbass e ora vuole l’Ucraina che è un Paese libero sovrano che vale quasi tre volte l’Italia come dimensione con circa quaranta milioni di persone.

Che facciamo? Stiamo fermi e gli facciamo fare un genocidio? Gli consentiamo di ricostruire l’impero sovietico perché non sappiamo come pagare la bolletta ai russi decidendo di escluderli dal sistema internazionale di pagamenti? Se emerge una consapevolezza mondiale che la linea dura delle sanzioni vere è l’unica possibile, se questa è la posizione del Consiglio europeo, se questa è la posizione dominante del nuovo fronte unico mondiale l’Italia non può porre veti senza mettere in gioco la sua dignità e, per questa ragione, non lo farà.

Quella di Draghi è una scelta che ha la dignità delle grandi scelte di politica estera di un grande Paese. È evidente, però, che né l’Italia né l’Europa potranno rimanere con le mani in mano. In Italia tutte le centrali a carbone riapribili vanno riaperte. Civitavecchia, Brindisi, Fusina-Marghera a Venezia, La Spezia, Monfalcone. Si può arrivare a fare un 15/20% su base annua della domanda di elettricità importata dalla Russia per un controvalore di 3/4 miliardi di metri cubi di gas. Se avessimo fatto come la Germania che non ha smantellato quasi nulla a differenza nostra, oggi staremmo messi meglio. Per queste ragioni Descalzi, come un tempo Mattei, accompagnato dal ministro degli Esteri Di Maio e, se necessario, anche dal presidente del consiglio Draghi, deve volare in Algeria, in Libia. Bisogna “andare in ginocchio” in Nord Africa per fare quegli investimenti che i russi hanno fatto e tirare fuori tutto il gas che c’è e che serve.  Stessa attenzione va riservata all’Iran, al Qatar e a tutta l’Africa. Non si può tralasciare nulla. È ovvio che la spinta già decisa sulle rinnovabili dovrà ulteriormente essere intensificata.

L’Europa deve battere il secondo colpo dopo Next Generation Eu perché serve un super fondo europeo in quanto l’emergenza  energetica può fare saltare la ripresa europea e mettere in crisi quella mondiale. La guerra in Ucraina non rientra tra gli eventi prevedibili o di cui le democrazie europee hanno qualsivoglia responsabilità. La situazione non ha più nulla di ordinario e di convenzionale.


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