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Va costruito un consenso sulle cose, non sulle bandierine. La gente vuole che si metta mano ai problemi, non agli slogan.  È il Paese che non parla che merita di essere ascoltato. Poi c’è il Paese delle lobby, che fanno capo alla destra come alla sinistra, per le quali la situazione di caos va molto bene. Pensano solo al proprio orticello mentre tutto rischia di cadere sulle loro teste e tutto sta cambiando. Gli altri Paesi se ne sono resi conto e si stanno organizzando per questo mondo che sta cambiando. Noi dobbiamo fare le riforme e fare correre gli investimenti. Perché questo rinsalda il nostro ruolo di leadership in Europa. Non esiste altro modo per rispondere ai bisogni e alle aspettative del Paese che non parla, ma ha avuto fiducia in Draghi e vuole preservare questa fiducia. Altrimenti il dibattito torna nelle mani di quelli che fanno caos e vivono di caos. Gli altri, che sono quelli che tirano la carretta, tornano a sparire. Noi non possiamo permettercelo. Francia e Germania aspettano solo questo. Anche perché così vincere in Europa la battaglia sull’energia già molto difficile, diventa praticamente impossibile

Giorgia Meloni deve trasformare la sua politica in una bandiera, non frazionarla in mille bandierine, e deve dimostrare di essere in grado di gestire l’attuazione del cronoprogramma di riforme e di investimenti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr). Se riesce in questa doppia operazione alimenta un sentimento di fiducia diffuso e non la toglie più nessuno da Palazzo Chigi ridando alla politica italiana la dignità smarrita da almeno un paio di decenni. Deve costruire un consenso del Paese sulle cose, non sulle bandierine. La gente vuole questo. La gente vuole che si metta mano ai problemi, non agli slogan. Perché, a parte tutto, agli slogan non ci crede più nessuno.

Si deve percepire un salto nell’azione di governo confermando, con la ovvia discontinuità politica, un metodo conclusivo che è stato quello del governo Draghi, ma è necessario che diventi il metodo di chiunque governi l’Italia come avviene in tutte le grandi democrazie occidentali. Non basta più dire: rispetteremo gli impegni con l’Europa e faremo il Pnrr. Bisogna dire: questi sono i cantieri che apriremo con queste date e questi sono quelli che non apriremo in questo specifico programma perché non ci sono le condizioni temporali per farlo.

Bisogna dire: la riforma dei servizi pubblici locali la faccio e la faccio così. Sulla concorrenza non bisogna continuare a nascondersi dietro balneari e tassisti, ma fare capire loro come si può cambiare facendo accrescere le attività e uscendo dal cono di rendita che tutela sempre meno persone e priva tutti loro di futuro. La semplificazione del codice degli appalti la facciamo come da programma e lo dichiariamo. Coinvolgiamo i promotori e, in genere, il capitale privato. Adottiamo poche regole trasparenti e aumentiamo i controlli ex ante ed ex post senza affidarsi alla magistratura che blocca tutto, ma ad autorità amministrative rinnovate inserite in un circuito dove si ripristinino la gerarchia centrale e i poteri sostitutivi di supplenza ogni volta che è necessario.

Su tutte queste cose ci si confronta e si fa o meno la differenza alla voce fatti. Perché il Paese vuole questo. È il Paese che non parla che vuole questo e che merita di essere ascoltato. Poi c’è il Paese delle lobby, che fanno capo alla destra come alla sinistra, per le quali la situazione di caos va molto bene. Questa è la minoranza dei gattopardi che, proprio come accadde nel ’92 che portò a Mani Pulite, continuano a pensare solo al proprio ricco orticello di rendite mentre tutto rischia di cadere sulle loro teste e tutto sta cambiando. Gli altri Paesi se ne sono tutti resi conto e si stanno tutti organizzando per questo mondo che sta cambiando. Governo e opposizione fuori dall’Italia sulle cose strategiche si incontrano, lavorano insieme per conquistarsi un posto in prima fila nel nuovo ordine mondiale.

Mentre noi stiamo qui a discutere se la Meloni deve mediare con Salvini e Berlusconi su questo e quello o se deve fare o meno una riforma del Pos che riguarda una frazione dei commercianti che vuole continuare a raccattare soldi in contanti dentro il rumore di una diatriba che vale nulla. Mentre noi perdiamo tempo a discutere se il Pd deve fare quello di destra o quello di sinistra, non a dire che cosa propone per fare crescere il Pil di due regioni chiave come Lombardia e Lazio dove si va a votare o di come riorganizzare la sanità pubblica soprattutto dove le eccellenze private hanno creato un fossato tra chi può pagare la sanità privata e chi no.

Basta comprare tempo occupandosi di trovate ed espedienti. Basta con questi mezzucci che sono una potenziale arma di distrazione di massa e che la coscienza del Paese non accetta più. Bisogna fare le riforme e fare correre gli investimenti. Perché questo rinsalda il nostro ruolo di leadership in Europa, ora cautamente rimesso in discussione, ma ancora prima perché con tutte queste trovate distribuisci debiti mentre il lavoro vero arriva se si torna a crescere creando ricchezza.

Non esiste altro modo per rispondere ai bisogni e alle aspettative del Paese che non parla, ma ha avuto fiducia in Draghi e vuole preservare questa fiducia nel suo Paese. Se chi governa non fa queste scelte serie, se non le decide e le comunica, il dibattito torna nelle mani di quelli che fanno caos e vivono di caos. Gli altri, quelli del Paese che non parla ma tira la carretta, tornano a sparire. Noi non possiamo permettercelo. Francia e Germania aspettano solo questo. Non darei loro questa soddisfazione. Anche perché così vincere in Europa la battaglia sull’energia già molto difficile, diventa praticamente impossibile.


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