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Giorgia Meloni applaudita dai membri del suo governo a Montecitorio

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Si dimostra qualità nelle scelte dell’alta burocrazia affidando i gangli vitali degli apparati dello Stato tenendo bene a mente l’importanza del profilo internazionale mentre i partiti non mollano la presa su temi caldi come la giustizia secondo logiche di appartenenza. Prima con la manovra e poi con le nomine ai vertici della macchina pubblica il governo Meloni mostra padronanza delle delicatezze economiche del quadro internazionale di cui tengono conto le istituzioni europee e i mercati pur con le loro oscillazioni quotidiane legate alla politica monetaria. Siamo certi che questo realismo non solo favorirà l’approvazione italiana del meccanismo europeo di stabilità (Mes), ma permetterà di consolidare il ruolo italiano dentro la sovranità monetaria condivisa e nella definizione della nuova Europa politica. Questo, non altro, significa tutelare l’interesse nazionale.

Si dimostra qualità nelle scelte dell’alta burocrazia affidando i gangli vitali degli apparati dello Stato in mani competenti e rispettando il profilo internazionale, ma è evidente che i partiti non mollano la presa su temi che loro considerano di politica politicante. Questo vale, purtroppo, per la rissosa maggioranza di governo come per le opposizioni a loro volta in guerra tra di loro. Il discorso non può essere ovviamente generalizzato e si sono visti comunque segnali di maggiore avvedutezza tra una componente e l’altra rispettando peraltro le scadenze previste.

Resta il fatto che il percepito è che agli occhi dei capi di partito la magistratura è una lobby e a loro interessa mantenere una forma di presenza e di controllo su quella lobby, non fare una riforma che liberi imprese e cittadini dal fardello di storture inammissibili, queste sì reali e relative a una parte per fortuna non maggioritaria, che sono tutte solo italiane. A partire soprattutto da un circuito perverso mediatico-giudiziario che confonde, spesso, i fatti con le insinuazioni se non le invenzioni e lede, a volte in modo irrimediabile, la dignità di persone prive di responsabilità spesso anche molto capaci.

Per cui, sbagliando, il ragionamento che scatta in alcuni dei capi bastone della politica italiana quando devono fare le designazioni per il Consiglio superiore della magistratura (Csm) non è quello di candidare e votare il migliore, ma di metterci i loro avvocati di fiducia o comunque chi si ritiene che potrà telefonargli per riferirgli di che cosa stanno discutendo e chiedere che cosa deve fare lui. Prevale, ripetiamo per fortuna non in tutti i casi, il discorso della filiera politica e degli uomini di collegamento rispetto alla scelta del meglio che c’è sul mercato ovviamente anche in ambiti di indirizzo e di convinzioni più in linea con il profilo politico che si rappresenta in Parlamento.

Questo, a nostro avviso, è un errore grave soprattutto alla luce del fatto che è giusto constatare molto positivamente che la prima donna premier italiana, Giorgia Meloni, ha capito che sugli apparati dello Stato e sui profili internazionali collegati a questi apparati è bene fare valutazioni che partano dal bagaglio necessario di competenze. Sottraendosi almeno nelle pedine chiave dello scacchiere da giochi partitocratici pericolosi. Quando si scherza con il fuoco, questo hanno capito istituzioni europee e mercati, il governo Meloni non ha nessuna intenzione di farsi scottare.

È successo con la manovra, dove si sono fatti alcuni pasticci sulle bandierine politiche e si deve chiudere in fretta il capitolo della caccia alle streghe su benzina e stazioni di servizio, ma si è operato in piena continuità con il governo Draghi mettendo al centro l’intervento contro il caro energia a favore di imprese e famiglie accentuando il sostegno ai ceti più deboli, facendo della previdenza un capitolo delle coperture della manovra e impegnandosi a mantenere una traiettoria di discesa del rapporto debito/prodotto interno lordo. Questo hanno visto i mercati e questo continueranno ad andare a vedere.

È successa la stessa identica cosa con il primo round serio di nomine che ha riguardato il controllo e la gestione della macchina pubblica del Paese. Si è fatto, dove lo si è ritenuto giusto, lo spoils system della cosiddetta alta burocrazia politica, ma non si è mai scesi sotto i canoni internazionali richiesti che mettono a rischio il nostro patrimonio di reputazione conseguito durante il governo di unità nazionale che ha regalato al Paese la migliore crescita tra le grandi economie europee.

Si sono messi in cantiere anche riassetti di competenze all’interno del dicastero dell’Economia per favorire il tasso di fiducia della nuova classe di governo con la squadra di chi gestirà imprese pubbliche di mercato, ma come è ormai chiaro a tutti si opera negli ambiti legittimi di azione. Mostrando padronanza delle delicatezze economiche del quadro internazionale di cui tengono conto le istituzioni europee e i mercati pur con le loro oscillazioni quotidiane legate alle incertezze della politica monetaria.

Siamo certi che questo realismo non solo favorirà l’approvazione italiana del meccanismo europeo di stabilità (Mes), ma permetterà di consolidare il ruolo italiano dentro la sovranità monetaria condivisa e nella definizione della nuova Europa politica. Questo, non altro, significa tutelare l’interesse nazionale.


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