INDICE DEI CONTENUTI
Al via l’attivazione della procedura per il referendum che deciderà l’abrogazione o meno della legge sull’autonomia differenziata. I quesiti
Siamo nelle fasi iniziali della procedura di attivazione del referendum per l’abrogazione della legge 86 del 2024, che detta “disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario”. La prima tappa è costituita dal deposito del quesito che si intende sottoporre ai cittadini, dalla raccolta di almeno cinquecentomila firme di elettori che lo richiedono e dal deposito delle firme all’Ufficio per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. Segue il controllo , da parte di questo Ufficio, del numero sufficiente di firme e della “legittimità” del referendum, vale a dire che riguardi una legge in vigore, come è certamente questa.
In successione la verifica della “ammissibilità” del referendum, riservato alla Corte costituzionale. Vale a dire che la legge della quale si chiede l’abrogazione non appartiene ad una categoria che l’articolo 75 della costituzione esclude dall’uso di questo strumento di democrazia diretta, tra le quali le leggi tributarie e di bilancio, oppure sia in contrasto con limiti impliciti allo strumento referendario, che richiede un quesito chiaro e univoco e, se propone un ritaglio di frasi o parole del testo della legge, non abbia come risultato la introduzione di nuove norme e non solamente l’abrogazione di quelle disposte dalla legge.
REFERENDUM SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, LA RIFLESSIONE SULLA DEMOCRAZIA DIRETTA
Il successo annunciato della raccolta delle firme, agevolata dalla nuova possibilità di sottoscrizione da remoto con firma digitale, consente una prima osservazione: il ritorno all’uso di uno strumento di democrazia diretta e l’apertura di un dibattito non più ristretto alle forze politiche, e che costringe queste a confrontarsi su una specifica questione con il corpo elettorale, il quale può confermare o smentire la deliberazione parlamentare, come pure, se la maggioranza degli aventi diritto non partecipa alle votazioni, può considerare il tema rimesso alle determinazioni delle rappresentanze parlamentari.
Quale che siano l’esito della procedura referendaria avviata e del risultato al suo eventuale espletamento, è positiva la animazione della partecipazione su una questione di straordinario rilievo istituzionale, e per la quale il dibattito in Parlamento è apparso sfocato e approssimativo, mentre avrebbe meritato ben altro approfondimento per l’ambito dei possibili interventi e per gli effetti che si possono determinare, e avrebbe richiesto capacità di reciproco ascolto e di tensione verso una sintesi.
IL PROBLEMA DEL TESTO DELLA LEGGE
Il testo della legge non ha aiutato in questo percorso. Disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regioni, accentrando i poteri sul Governo e prefigurando come marginale il ruolo del Parlamento, al quale è imposto il termine di novanta giorni, non si sa bene con quale effetto in materia che sarebbe propria dei regolamenti parlamentari, per la espressione di atti di indirizzo sullo schema di intesa, dopo di che il Parlamento sarà chiamato a deliberare a pacchetto chiuso il disegno di legge cui è allegata l’intesa . Le urgenze, meglio si direbbe la fretta con la quale si intende procedere, sono segnalate da una serie di “immediatamente” che contrassegna alcuni passaggi e dai brevi termini che sono previsti per gli organi che devono pronunciarsi, quasi si trattasse di un procedimento amministrativo e non di atti che incidono sull’assetto istituzionale.
I DUBBI SULL’AMMISSIBILITÀ DEL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA
Tornando al referendum, sono già stati avanzati dubbi sulla sua ammissibilità e non è difficile prevedere che saranno sottoposti all’esame della Corte costituzionale. Due questioni riguardano il carattere della legge. Si afferma che la legge è attuazione dell’articolo 116 della costituzione, nella parte in cui prevede che “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite” a Regioni a statuto ordinario. Ma questo non basta a qualificare la legge come “costituzionalmente necessaria”, cioè tale da non poter mancare, come ad esempio una legge elettorale. L’articolo 116 della costituzione non prevede e non richiede integrazioni legislative. Se pure mancasse la legge o venisse abrogata, si potrebbe egualmente procedere a intese con le Regioni nelle materie, nei limiti, alle condizioni e con le modalità previste dalla costituzione.
La seconda questione aggancia la legge al divieto di referendum , enunciato dall’articolo 75 della costituzione, per le leggi di tributario e di bilancio. In proposito per un verso la stessa legge stabilisce che dalla sua applicazione e dalla applicazione di ciascuna intesa “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Senza giurare sulla fedeltà futura a questa disposizione, che vincola sia lo Stato che le Regioni, siamo fuori dall’ambito per il quale si vuole evitare che il cittadino di pronunci in materie che toccano le sue tasche e che giustificano la esclusione del referendum. Né il mero collegamento formale con la legge finanziaria determina la esclusione dalla possibilità di sottoposizione a referendum.
IL QUESITO È CHIARO, DIFFICILMENTE PUÒ ESSERE CONSIDERATO INAMMISSIBILE
Se così fosse, sarebbe agevole estendere a dismisura l’area esente da referendum, anche quando manca la attuale e diretta incidenza finanziaria ed anzi, come in questo caso, il referendum intende prevenire possibili, non misurati e non dichiarati squilibri o sforamenti nella finanza pubblica. Un’ultima considerazione. Il referendum sull’intera legge pone un quesito chiaro, univoco, non contraddittorio. Difficilmente, per questi aspetti, può essere considerato non ammissibile.
In ogni caso, quali che saranno gli esiti della procedura e della eventuale consultazione referendaria, resta l’occasione per un approfondimento dei molti aspetti che riguardano l’attuazione dei principi di unità dell’ordinamento, della configurazione e valorizzazione delle autonomie, di sussidiarietà, di solidarietà, di eguaglianza, di efficienza ed efficacia nella gestione delle risorse per i servizi da rendere ai cittadini. Sarebbe bene se su questi temi si sviluppasse un serio e approfondito dibattito.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA