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Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan

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Il mondo non va tutto nella stessa direzione come vogliono fare credere l’Unione europea e gli Usa recapitando armi all’Ucraina e isolando Putin. A questa sorta di nuova crociata Paesi molto importanti hanno deciso di non aderire. La Cina non impone sanzioni a Mosca, l’India neppure – e già parliamo di 2,5 miliardi di persone – e tanto meno le impone la Turchia di Erdogan, membro della Nato. Il boicottaggio della Russia è stato evitato anche dai Paesi del Golfo e dagli Emirati, che al Consiglio di sicurezza Onu si sono astenuti sulla risoluzione di condanna a Mosca così come la Cina e l’India.

GLI APPOGGI

La posizione della Turchia è forse quella più significativa, perché ancora una volta Ankara si distacca dall’Unione europea e dagli Stati Uniti: un’astensione rilevante sulle sanzioni la sua, perché parliamo del secondo maggiore esercito dell’Allenaza Atlantica e del Paese che si affaccia sul Mar e Nero e controlla gli Stretti dei Dardanelli, ovvero in posizione strategica preminente. I turchi sono stati chiari e assai decisi: «Non siamo disposti a essere coinvolti in sanzioni contro la Russia». La Turchia non intende quindi partecipare alle misure sanzionatorie imposte alla Russia in relazione all’operazione militare in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri del Paese eurasiatico Mevlut Cavusoglu.

«Non partecipiamo a tali sanzioni in generale per una questione di principio – ha riportato l’agenzia Anadolu citando le parole del ministro degli Esteri di Ankara – Non abbiamo nemmeno la propensione a partecipare a queste sanzioni». Dopo l’inizio della “operazione militare speciale” lanciata dal presidente russo Vladimir Putin giovedì scorso per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, un certo numero di Paesi occidentali ha annunciato la decisione di imporre nuove sanzioni contro la Russia.

Domenica scorsa gli Stati membri della Ue hanno deciso di congelare circa la metà delle attività finanziarie della Banca centrale della Russia. A questa sorta di nuova crociata diversi Stati, anche importanti, hanno deciso di non aderire. Oltre a Cina, Turchia e India, hanno reso noto di non voler imporre sanzioni il Messico, il Pakistan, il Brasile, il Nicaragua, Cuba e il Venezuela, che hanno riaffermato il loro sostegno alla Russia in questo tornante storico molto complicato.

Nel caso di Ankara incidono diversi fattori. Oltre alla relazione personale tra il presidente turco Erdogan e il suo omologo russo Putin, la cooperazione tra Turchia e Russia si è infatti sviluppata in diversi ambiti. Il primo, e più importante, è costituito dall’energia, e in particolare dal gas naturale.

INTERESSI ENERGETICI

Con oltre il 33% degli approvvigionamenti di gas, la Russia è il primo fornitore della Turchia, nonostante negli anni la quota russa si sia progressivamente ridotta (era oltre il 60% nel 2011) come conseguenza della politica di diversificazione energetica perseguita da Ankara e dell’arrivo sul mercato turco del gas dall’Azerbaigian.

Il gas russo, che giunge in territorio turco attraverso due gasdotti sottomarini nel Mar Nero (il Blue Stream, costruito da Eni e inaugurato nel 2003, e il TurkStream, messo in funzione nel 2020), garantisce flussi costanti che non si sono interrotti neanche nelle fasi più critiche delle relazioni bilaterali, come quella seguita all’abbattimento di un jet russo in Siria da parte delle forze turche nell’ottobre del 2015. Al di là del gas, la cooperazione energetica si è estesa anche al nucleare, con la società russa Rosatom che sta sviluppando la prima centrale nucleare turca nell’Anatolia meridionale, centrale che dovrebbe produrre circa il 10% del fabbisogno di elettricità del Paese a partire dal 2025.

Le forniture energetiche, ovviamente, costituiscono la parte più consistente dell’interscambio tra Turchia e Russia. La Russia è il terzo partner commerciale della Turchia, dopo Germania e Cina, con un interscambio di 34,7 miliardi di dollari nel 2021, e il secondo fornitore dopo la Cina con importazioni turche dal paese che sfiorano i 29 miliardi di dollari, mentre le esportazioni turche sono poco meno di 6 miliardi di dollari. È dunque evidente lo squilibrio in termini commerciali a favore di Mosca, sebbene negli anni l’export turco sia cresciuto considerevolmente.

Oltre ai flussi di gas, dalla Russia provengono consistenti flussi di visitatori che rappresentano una considerevole fetta del settore turistico in Turchia. Nel 2019, prima che la pandemia contraesse il comparto a livello mondiale, i russi sono stati i turisti più numerosi in Turchia con 7 milioni di presenze, cioè circa il 18% del totale. I turisti russi sono stati anche i primi a tornare quando lo hanno consentito le misure sulla pandemia. Alla cooperazione energetica si aggiunto un nuovo, assai sensibile, capitolo: la difesa. Nel 2019 Ankara ha infatti acquistato il sistema di difesa missilistico russo S-400, per cui la Turchia, membro Nato, è stata espulsa dal programma degli F-35.

ATTRITI E PRUDENZA

Al di là di questi aspetti, Turchia e Russia sono anche in accesa competizione in diversi teatri di crisi, in particolare in Siria, Libia, Azerbaijan, dove i due Paesi si trovano su fronti contrapposti, e dove entrambi cercano di consolidare le rispettive posizioni e influenza, evitando allo stesso tempo qualsiasi scontro diretto. Ankara, tra l’altro, non ha definito inaccettabile tanto la decisione della Russia di riconoscere come indipendenti due repubbliche separatiste del Donbass, nell’Ucraina orientale, quanto l’invasione avvenuta due giorni dopo. Mentre il presidente Erdogan tiene aperti i canali di dialogo sia con Mosca che con Kiev, i suoi tentativi di svolgere una mediazione tra i due fronti non hanno finora trovato successo.

Per la Turchia, che ha molto da perdere dal conflitto tra Kiev e Mosca, è in gioco la sicurezza e l’equilibrio di forze nel Mar Nero, area particolarmente sensibile nella storia delle relazioni turco-russe. Su questo sfondo, da una prospettiva turca, l’Ucraina costituisce un argine all’influenza e alla pressione russa nella regione del Mar Nero. Non sorprende che la Turchia non abbia riconosciuto l’annessione russa della Crimea nel 2014 e poi abbia fornito armi e droni a Kiev. Ma, nonostante questo sostegno all’Ucraina, la Turchia si guarda bene dal compiere mosse che possano compromettere i suoi interessi con Mosca. Alla faccia della Nato e degli europei.


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