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Un'arma nucleare

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L’Occidente non è solo un’espressione geografica. Coloro che lo credevano, perché convinti dalle teorie di Fukuyama sulla “fine della storia” e dalla globalizzazione, si sono dovuti ricredere dopo l’unità dimostrata contro l’aggressione russa all’Ucraina. È però diviso in due poli: gli USA e l’Europa. La seconda è frammentata, non solo politicamente, ma perché fra i suoi 27 Stati membri esistono profonde differenze di dimensioni, storia, geografia, percezioni delle minacce alla sicurezza, entità delle spese militari, efficienza delle FF.AA., disponibilità politica ad usare la forza ed interessi dell’industria della difesa. È la realtà dei fatti. Solo nel lunghissimo periodo potrà essere modificata. Per ora ha impedito una politica estera e di difesa comune a 27. Ha permesso solo misure cosmetiche – come la forza di 5.000 soldati recentemente prevista – oppure cooperazioni rafforzate (PESCO) di piccoli gruppi di Stati “willing and able”, che potrebbero intervenire come previsto dall’art.44 del Trattato dell’Unione.

Alla PESCO aderiscono 25 dei 27 Stati dell’Unione. Ma le realizzazioni concrete sono alquanto deludenti. Recentemente è stata auspicata una collaborazione rafforzata fra le maggiori potenze europee, nel fantasioso assunto che gli altri Stati le seguirebbero. Ma – di grazia! – quali sarebbero gli interessi comuni europei? Chi li deciderebbe? Chi dovrebbe ordinare a un esercito comune di combattere, avanzare, ritirarsi o arrendersi? Tutti sarebbero indotti a definire come comuni europei, i loro interessi nazionali o, come avviene nei dibattiti fra gli esperti, quelli che vengono loro in testa a seconda delle circostanze.

Le principali cooperazioni rafforzate sono: la FNC (Framework Nation Concept), a guida tedesca; la JEF (Joint European Force) a guida britannica e la E-12 (European Intervention Initiative) a guida francese. L’Italia ne ha proposta una per il Mediterraneo allargato, senza precisarla nei dettagli, dato che non esiste una visione comune della sua estensione e della minacce da fronteggiare. L’unica operativa è la JET. Tutte prevedono un collegamento, più o meno, stretto con la NATO, cioè con gli USA. L’autonomia strategica dell’Europa non può essere svincolata dall’Alleanza. Non avrebbe un deterrente credibile non disponendo di armi nucleari. Solo gli USA possono fornirlo. Svezia e Finlandia l’hanno capito. Per questo vogliono entrare nella NATO.

In un interessante articolo, il prof. Galli della Loggia ha dimostrato di esserne consapevole. L’attuazione delle misure che ha proposto richiederà anni, ma è finalizzata a conferire all’Europa una capacità d’intervento in Medio Oriente e in Africa, contro Stati non nucleari e di cui l’UE non dispone. Le ricordo brevemente: sistema globale d’osservazione satellitare; complesso apparati elettronici spionaggio e intercettazione; sistemi affidabili e sicuri di comunicazione fra le unità e fra esse e il centro; intelligence capace a tutti i livelli. Beninteso, andrebbero aggiunte adeguate capacità di trasporto aereo strategico e sistemi d’arma e scorte di munizionamento avanzate. Dall’elenco manca però il “piatto forte” perché si possa parlare di vera sicurezza comune europea, importante quanto l’esistenza di istituzioni politiche comuni, capaci di definire una politica estera, il ricorso alla forza militare e l’esistenza di un deterrente europeo. Per forza di cose dovrebbe essere nucleare. Ma l’Europa ha rinunciato a dotarsi della “bomba” prevista nel 1957 dagli accordi Taviani-Strauss-Chaban Delmas, sotto pressioni non solo di de Gaulle, ma anche degli USA. Senza “bomba”, può essere ricattata da uno Stato nucleare. Realisticamente solo l’ombrello nucleare americano può garantire la sua sicurezza.

Malgrado tutti gli anti-americanismi di moda, questa è la realtà che deve essere fronteggiata, in particolare mantenendo vitali i legami euro-atlantici, in altre parole tenendo conto delle difficoltà che gli USA hanno di mantenere una forte presenza in Europa, per provvedere alla sua sicurezza. Saranno sempre più assorbiti nell’Indo-Pacifico. I loro dirigenti non possono chiedere ai contribuenti americani di pagare per una sicurezza europea, a cui gli stessi europei sono disinteressati. È ridicolo subordinare il rispetto di un impegno preso in ambito NATO alla costruzione di una difesa europea che costituisce tutt’al più una speranza, se non una fantasia nel mondo dominato dai “paesi-continente” e in cui la guerra è tornata.

L’ultima trovata, che bel mostra il livello di conoscenza delle questioni internazionali, è la compatibilità con l’UE o con la NATO degli assetti futuri dell’Ucraina (che beninteso vorremmo decidere noi e non gli ucraini). Il trattato prevede l’intervento militare automatico di tutta l’UE in caso d’aggressione a uno Stato membro. È quindi una turlupinatura quella affermata da Rosy Bindi alla TV sulla differenza “pacifica” dell’entrata dell’Ucraina nell’UE, rispetto a quella “guerrafondaia” dell’ammissione alla NATO. Fa da pari alla decisione dell’ANPI di non fare sfilare bandiere NATO il 25 aprile. Ho l’impressione che molti dei “prodi” difensori (o profittatori) della memoria della Resistenza, al cui successo gli USA hanno avuto qualche merito e che sono i nostri principali alleati nella NATO, se potessero, farebbero sfilare i vessilli del X Corpus, quello dell’eccidio di Malga Porzus. Peccato, perché penso che la Resistenza sia un fatto serio e, almeno io, al 25 aprile ci tengo!


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