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Maltempo in Emilia Romagna

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I ministri dell’Ambiente, Pichetto, e della Cultura, Sangiuliano, hanno completato l’iter per il Pnacc, Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

Pronte le armi per preparare l’Italia a difendersi dal cambiamento del clima. Nei giorni scorsi i ministri dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, e della Cultura, Gennaro Sangiuliano, hanno completato con la loro firma l’iter di valutazione del cosiddetto Pnacc, una delle improbabili sigle con cui ci allieta la politica, la quale in questo caso sta per Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Ora il piano sarà adottato in via formale e definitiva con un decreto del ministro dell’Ambiente.

“La chiusura nei tempi previsti dell’iter per l’approvazione del Pnacc conferma l’impegno del governo nell’affrontare la sfida chiave del nostro futuro”, ha commentato il ministro Pichetto. Sono interventi che il ministero dell’Ambiente “mette in campo per adattare il nostro territorio agli effetti del cambiamento climatico. Siamo consapevoli che non c’è tempo da perdere per mettere il nostro Paese al riparo da fragilità nuove e vecchie, tutelando da un lato ambiente, vite e comunità umane, e tenendo al contempo in considerazione tutte le caratteristiche della nostra Italia, a partire da nostro inestimabile patrimonio artistico che non ha pari al mondo”. Insomma, è un piano che vede all’Ambiente affiancarsi la Cultura, ministero spesso percepito come freno alla transizione ecologica il quale invece è ancora una volta impegnato nella tutela dell’ambiente. Il Pnacc darà le linee guida per i progetti di difesa del territorio ferito.

Che cos’è il Piano contro il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

Sono diversi i piani legati al clima. Uno di essi, il Pniec (energia e clima), è sotto esame a Bruxelles e riguarda la cosiddetta “mitigazione”, cioè come ridurre le emissioni di CO2 e altri gas scaldaclima per limitarne gli effetti. L’altro, il Pnacc, dice come prepararsi ad affrontare i disastri che potrebbero arrivare, che non sono gli eventi meteorologici che abbiamo visto in questi mesi bensì gli effetti reali che potrebbe mostrare il clima che si riscalda, come l’innalzamento del mare.

Da una decina d’anni, fin dai tempi del ministro dell’Ambiente Corrado Clini con il Governo Monti, si parla di pianificare le difese. Elezioni, bisticci politici, le nuove ipotesi degli studi scientifici e le diverse scelte delle politiche internazionali, il cambiare dei Governi hanno rallentato il processo di realizzazione del piano. Completato nell’inverso scorso, il piano è stato sottoposto al vaglio della valutazione ambientale strategica, Vas, la procedura con cui Ambiente e Cultura esaminano le grandi pianificazioni e i progetti di valore generale. I due ministri Pichetto e Sangiuliano hanno firmato il decreto finale di Vas.

Com’è fatto

Più che un piano strutturato, il Pnacc è un ritratto, una fotografia che delinea gli eventi meteorologici degli ultimi anni, ipotizza come potrebbe manifestarsi in Italia il cambiamento del clima e prevede un elenco di 361 possibili azioni di adattamento che Comuni, Province, Regioni, Stato e altri organismi possono realizzare. Sono preferite le azioni di governance, di coordinamento e osservazione più che quelle di intervento diretto. Sono elencati 27 indicatori di attenzione per capire l’andamento della futura malattia climatica (per esempio il disagio termico, la temperatura media, l’evaporazione e traspirazione potenziale dei terreni, i “gradi giorno” che misurano il fabbisogno di energia per riscaldamento e condizionamento, la durata del manto nevoso) e i 17 settori di interesse prioritario su cui intervenire (per esempio la difesa delle coste dall’innalzamento del mare o le politiche agricole per gestire le colture adatte a un clima più caldo).

La nota ufficiale sul Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

Scrive il ministero dell’Ambiente (in sigla: Mase) che “più nello specifico, la Direzione generale uso sostenibile del suolo e delle risorse idriche del Mase dovrà ora tenere conto degli elementi indicati dalla Commissione Tecnica di verifica dell’impatto ambientale Via-Vas nel parere che costituisce parte integrante del decreto firmato dai ministri, anche ai fini degli adempimenti da assolvere. Nel parere reso, la Commissione ha tenuto conto delle osservazioni giunte nel corso della Consultazione pubblica svolta sul Pnacc. Nella versione definitiva del Piano la stessa Direzione del Mase dovrà poi, naturalmente, tenere conto anche delle condizioni e osservazioni espresse dagli Uffici territoriali del Mic così come di quelle degli uffici di settore delle Regioni e Province autonome, che sono state ricomprese nel parere della Direzione Archeologica Belle Arti e Paesaggio del Mic con cui si è sviluppata la concertazione, parere anch’esso parte del decreto a firma Pichetto-Sangiuliano”.

I commenti

Secondo la Legambiente il piano si fa notare per debolezza e genericità del piano in cui le azioni di governance “non sembrano indirizzare prioritariamente il resto delle azioni”, e il Wwf nota la mancanza di un quadro programmatico che censisca le azioni progettate, in corso e completate e manca un coordinamento con gli altri piani italiani ed europei. Debole la programmazione finanziaria e di bilancio. Arrivano intanto allarmi sulle scelte energetiche per la pianificazione in corso. Secondo Riccardo Casale, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, “la decarbonizzazione è sacrosanta e va fatta. Però si è pensato di raggiungerla con le rinnovabili, mentre negli ultimi tempi ci si è accorti che non bastano e che serve anche il contributo complementare del nucleare”.

Il piano depuratori

È pronto intanto il decreto ministeriale che individua e finanzia 176 progetti per ammodernare le reti fognarie italiane e per adeguare i sistemi di depurazione. Lo ha fatto sapere la viceministra all’Ambiente Vannia Gava. Si tratta di una misura del Pnrr che stanzia nel complesso 600 milioni di euro per superare le carenze di sistemi idrici obsoleti e le loro procedure europee di infrazione. “Le innovative progettualità renderanno più efficace la depurazione delle acque scaricate in aree marine ed interne e trasformeranno gli impianti in vere e proprie fabbriche verdi per il riutilizzo del refluo a scopi irrigui e industriali”, dice Gava.


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