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GAS alle stelle, campi bruciati e acqua razionata. In questa torrida estate segnata dalla guerra non manca nulla, mentre ogni giorno di più si delinea l’incertezza sull’esito del conflitto e sulle drammatiche conseguenze energetiche e alimentari. Al primo posto nell’agenda del Governo è schizzata la siccità. Nei prossimi giorni è stata annunciata una riunione del Governo alla quale parteciperanno anche i ministri delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. In affanno sono tutti i settori produttivi e gli usi dei cittadini, ma soprattutto l’agricoltura. In alcune regioni del Nord sono già scattati i razionamenti, ma nel Sud la situazione non è migliore. In Puglia, per esempio, l’agricoltura ha già pagato un conto da 70 milioni. E cali produttivi pesanti si registrano anche nelle coltivazioni di Calabria, Basilicata e Sicilia dove particolarmente colpita è la piana di Catania.

Ed è sempre pesante la situazione energetica con il prezzo del gas che non arresta la marcia a causa dei tagli dei rifornimenti dalla Russia. Ieri all’hub di riferimento europeo Ttf i future sono stati scambiati a 124,50 euro per megawattora, in rialzo del 5,74%. Restano pesantissime le tensioni anche sul fronte del grano con il rischio di una carestia grave in Africa, come ha ribadito il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, al Consiglio Affari Esteri. Per Borrell “la crisi alimentare non è causata dalle sanzioni europee contro Mosca, ma dal blocco russo del grano ucraino”.

E ha affermato che la Ue sta sostenendo l’Onu per sbloccare l’export perché le conseguenze del conflitto – ha spiegato – stanno diventando “molto, molto pericolose”. L’Ucraina negli ultimi mesi è riuscita a esportare circa 1,5 milioni di tonnellate di grano per ferrovia e su strada. È quanto ha fatto sapere l’ambasciatore ucraino, Olha Trofimtseva, secondo cui le infrastrutture e la logistica europee non sono pronte per la quantità di grano esportata dall’Ucraina.

Intanto bollette energetica e alimentare ipotecano la ripresa economica del Paese che pure sta lanciando segnali di vivacità. La Confcommercio nell’analisi del Pil ha evidenziato infatti un andamento positivo sia del primo trimestre dell’anno che di quello che sta per concludersi con l’obiettivo +3% “raggiungibile, sebbene non scontato”. Ma a insidiare le prospettive di crescita c’è il difficile recupero di alcuni settore come automotive, mentre per quanto riguarda gli alimentari l’associazione ha segnalato “comportamenti più prudenti delle famiglie, soprattutto di quelle a basso reddito, in considerazione dell’accentuarsi delle tensioni inflazionistiche su alcuni beni che non accennano ad attenuarsi”. Confcommercio annuncia un settembre caldo sul fronte dei prezzi. E per quanto riguarda le materie prime alla base di prodotti basilari come pane e pasta la situazione potrebbe peggiorare ancora se prosegue questo trend climatico con il grande caldo che sta annientando il settore agricolo.

Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in un convegno dell’Anbi che si è svolto ieri su “Sicurezza alimentare e qualità delle risorse idriche” ha rilevato la perdita fino al 30% del raccolto di grano relativo alle semine autunnali con un bilancio ancora peggiore per quanto riguarda le semine primaverili. Per alcune colture i danni sono nell’ordine del 50%.

L’impennata della colonnina di mercurio sta mettendo in ginocchio infatti tutti i principali comparti agricoli e gli allevamenti. Nelle stalle lo stress ha ridotto del 10% la produzione di latte. E così sono entrati in funzione ventilatori e doccette refrigeranti che “salvano” gli animali, ma appesantiscono i costi aziendali per i maggiori consumi di acqua ed energia. In una lettera al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, la Coldiretti ha chiesto la dichiarazione dello stato di emergenza e “l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico”.

Ma accanto alle misure di emergenza il presidente dell’organizzazione ha anche sollecitato l’avvio di un piano strutturale per raccogliere l’acqua piovana (oggi se ne perde l’89%) e distribuirla nei periodi di secca come questo. Già arrivando alla conservazione del 50% si potrebbe evitare di arrivare a situazioni di crisi come quella che stanno affrontando le campagne. D’altra parte caldo tropicale e precipitazioni violente fanno parte del quadro disegnato dai cambiamenti climatici e il conto che l’Italia ha pagato per questi eventi estremi è stato calcolata dalla Coldiretti in 10 miliardi negli ultimi 10 anni. “La situazione è drammatica” è l’allarme lanciato da Massimo Gargano, direttore generale di Anbi (Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue), che ha denunciato acque salate penetrate nel Po per oltre 20 chilometri a causa del cuneo salino, 10 gradi e mezzo di temperatura sulla vetta del Monte Bianco, quando nel 2009 si gridò all’allarme per 6 e mezzo, autobotti in alcune regioni, acqua razionata per l’agricoltura e danni previsti per oltre 2 miliardi.

Un contesto che obbliga a una sola scelta: programmare nuovi investimenti. Gargano ha ricordato che Anbi e Coldiretti hanno da tempo messo a punto il “Piano laghetti” per creare bacini di accumulo su tutto il territorio. Inoltre Anbi ha anche lanciato la proposta di utilizzare le acque reflue depurate per l’irrigazione agricola. Acqua scarsa vuol dire non solo raccolti bruciati, ma anche rese produttive tagliate in un momento segnato dai prezzi in volata e dalla scarsità degli approvvigionamenti per i commerci impazziti a causa del conflitto.

Oggi quasi il 28% del territorio nazionale è a rischio desertificazione. Un’emergenza tipica del Mezzogiorno, ma che è “emigrata” anche al Nord dove la grande sete assedia città e campagne, con autobotti e razionamenti in case, orti e giardini, fiumi in secca, laghi svuotati e campi arsi con danni di oltre due miliardi. Solo destinando l’acqua all’agricoltura si potrà implementare la superficie coltivata, non solo i 200mila ettari sbloccati dall’Unione europea, ma anche gli 800mila che sono stati persi nel corso degli ultimi anni. E che sono anche la causa degli incendi. Abbandono e degrado, con la mancanza del presidio degli agricoltori, spianano infatti la strada ai fuochi.

L’analisi della Coldiretti su dati Effis, in riferimento all’ultima ondata di caldo con temperature oltre i 40 gradi portate dall’anticiclone Caronte, ha evidenziato la moltiplicazione dei roghi dalla Liguria alla Sardegna, dalla Toscana alla Puglia, con più di un incendio ogni due giorni dall’inizio del 2022. Nel 2021 sono stati inceneriti 150mila ettari e dal Nord al Sud si sono contate 659 tempeste di fuoco. E la prospettiva quest’anno è di una catastrofe climatica peggiore di quella del 2003 che ha decimato le produzioni agricole. Afa e fuoco non fanno che infiammare l’inflazione e insieme con le super bollette “servono” così un cocktail avvelenato ai consumatori.


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