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Agricoltura biologica avanti tutta. Il ministero delle Politiche agricole ha lanciato due giorni fa una consultazione sul Piano d’azione nazionale che dovrà rendere operative le misure per rilanciare le produzioni green italiane. Potrà così entrare definitivamente in vigore la legge sul biologico 23 del 9 marzo 2022 varata dopo tante polemiche e difficoltà. Il Piano triennale è finalizzato a garantire la tutela, lo sviluppo e la competitività del settore bio made in Italy.

Si tratta di una eccellenza del settore agroalimentare italiano che viaggia anche con un forte sostegno delle coltivazioni del Mezzogiorno. Secondo l’ultima analisi dell’Ismea sulla distribuzione geografica, oltre il 50% della Sau biologica nazionale è concentrato in cinque regioni: Sicilia (316.147 ettari), Puglia (286.808), Toscana (225.295), Calabria (197.165) ed Emilia-Romagna (183.578).

IL BIO ITALIANO VINCENTE

Il nostro Paese, nonostante le lungaggini legislative, ha giocato d’anticipo, centrando gli obiettivi fissati da Bruxelles. La superficie coltivata a bio, ha ricordato la Coldiretti in un’analisi sul settore presentata in occasione di un recente convegno sull’agricoltura “verde”, supera i 2,1 milioni di ettari, segnando il record storico di sempre con il raddoppio nell’ultimo decennio spinto dai consumi degli italiani, sempre più alla ricerca di prodotti naturali e legati ai territori soprattutto dopo la pandemia Covid. In Italia – sottolinea il report – l’incidenza dei terreni bio rispetto al totale è del 17,4%, quasi il doppio della media europea (circa 9%), ed è molto vicino agli obiettivi previsti dalla strategia Ue per il cibo Farm to Fork, che prevede di portare le superfici bio europee al 25% entro il 2030. A livello nazionale ci sono oltre 86mila imprese agroalimentari bio e quattro regioni che hanno superato con otto anni di anticipo gli obiettivi stabiliti dalla Commissione europea.

Si tratta di Toscana, Lazio, Calabria e Basilicata. Se si manterrà il ritmo di crescita, secondo l’Ismea, si potranno raggiungere 2,7 milioni di ettari nel 2027, ultimo anno della Politica agricola comune 2023-2027 e arrivare al valore prossimo al target Farm to Fork del 25% di superficie bio, da centrare entro la fine del decennio.

La crescita – rileva Ismea – non è comunque omogenea. Il ritmo è particolarmente accelerato in Campania (+55%), Toscana (+25%) e Friuli-Venezia Giulia (+23%), mentre si registra un rallentamento in Sicilia, che mantiene in ogni caso il primato.

Tra le diverse coltivazioni si riducono gli agrumeti, mentre aumentano vigneti e oliveti. E si registra anche più grano bio, sia duro che tenero. Non decolla, invece, la zootecnia, frenata anche dai costi troppo elevati dei mangimi biologici. Gli operatori sono in aumento del 5% rispetto al 2021. L’agricoltura biologica, nonostante le incertezze, dalla pandemia alla guerra, riesce dunque a tenere il passo.

AGRICOLTURA BIOLOGICA: VITALE COSTITUIRE FILIERE

Un successo dovuto anche alla fiducia dei consumatori: un italiano su cinque, infatti, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè, consuma regolarmente prodotti bio ed è disposto a pagare anche di più per acquistare un prodotto certificato, mentre il 13% dei consumatori è certo che nel prossimo futuro aumenterà la spesa per portare in tavola prodotti biologici.

A guidare la scelta, in primis, motivi salutistici, ma incidono molto il territorio di origine e le garanzie della certificazione. Si tratta di un’occasione importante per l’agricoltura, che potrà però essere davvero colta se si costruiranno filiere al 100% made in Italy. Oggi, infatti, sono elevati i quantitativi di materia prima acquistata da Paesi, spesso terzi, che non rispettano i rigidi disciplinari nazionali. Per questo Coldiretti ha rilanciato la richiesta dell’obbligo dell’etichettatura che consenta ai consumatori scelte informate. D’altra parte è quanto prevede la nuova legge. Il presidente dell’Ismea, Angelo Frascarelli, ha evidenziato che «lo sviluppo dell’agricoltura biologica è considerato tra i principali driver della transizione verde e la politica italiana ha deciso di aumentare il sostegno al bio, con un incremento di risorse di 720 milioni di euro nei prossimi 4 anni».

«L’Italia – ha detto il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare. Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura e una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio. È perciò necessario difendere questo patrimonio del made in Italy dalla banalizzazione e dalle spinte all’omologazione e all’appiattimento verso il basso, perché il buon cibo, insieme al turismo e alla cultura, rappresentano le leve strategiche determinanti per un modello produttivo unico che ha vinto puntando sui valori dell’identità, della biodiversità e del legame con i territori».

Informare e creare una cultura del biologico è un’arma strategica per sostenere le migliori produzioni del Paese in un momento in cui vincono a tavola le scelte nel segno del salutismo e dell’ambiente. Ma anche in questo settore è importante garantire redditi adeguati ai produttori. Bisogna partire da un nuovo racconto – ha sostenuto il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, che ha invitato anche a considerare la grande distribuzione che oggi preferisce acquistare prodotti biologici esteri. Così come le mense scolastiche con bandi che garantiscono al bio “corsie preferenziali” per poi scoprire che si tratta di prodotti per il 90% esteri. Per Coldiretti lo spartiacque è comunque l’etichetta per informare correttamente il consumatore sulla provenienza del prodotto. Al settore serve anche una maggiore apertura sui mercati esteri.

IL PIANO D’AZIONE

I riflettori, dunque, a questo punto sono puntati sul Piano d’azione che ha tra le priorità quella di favorire la conversione al metodo biologico delle imprese agricole, agroalimentari e dell’acquacoltura convenzionali, con particolare attenzione ai piccoli produttori. Tra gli altri obiettivi il rafforzamento delle filiere, l’incentivo dei consumi, la promozione di distretti bio. Si punta poi a favorire l’insediamento di nuove aziende nelle aree rurali montane e a migliorare il sistema di controllo e di certificazione. Ma anche a promuovere progetti di tracciabilità dei prodotti provenienti dai distretti biologici e valorizzare le produzioni tipiche italiane biologiche. Ci sarà anche un marchio nazionale supportato da campagne di promozione. In primo piano, infine, la ricerca.

Il 2 settembre si concluderà la consultazione e dunque si potrebbe celermente procedere al via libera per la nuova strategia per l’agricoltura biologica. Sempre che gli ultimi giorni della campagna elettorale non inceppino anche questa macchina. D’altra parte la nuova legge è stata ferma per molto tempo, tra crisi di governo e attacchi trasversali. Ma ora non si può rischiare che resti sospeso anche il Piano di azione, perché sarebbe davvero una beffa per gli agricoltori e per un Paese che sventola la bandiera del green.


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