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L'ex Ilva di Taranto

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Per conquistare più voti si fanno partire opere in territori diversi: l’inerzia sulle opere pubbliche frutto della ricerca del consenso

I Padri della Costituente erano forse indecisi se inserire all’articolo 1 della Costituzione la frase “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” oppure “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sull’inerzia”.
La lentezza con cui si programma, la lentezza con cui si identificano le modalità per accedere alle risorse, la maniacale ricerca di un consenso diffuso, sono tutti passaggi che volutamente denunciano una misurabile inerzia nelle volontà di chi è preposto alla gestione della cosa pubblica.

Ho, in più occasioni, ricordato che articolare per lotti la realizzazione di un’opera e non dare avvio contestuale alla realizzazione di tutti i lotti rappresenta una chiara volontà di esaltare la inerzia. Di solito la motivazione che viene evocata è la carenza di risorse. Invece la vera motivazione, purtroppo, è esclusivamente politica: sì, di una politica sbagliata che, per motivi legati al recupero del consenso, preferisce far partire in più realtà territoriali segmenti di opere che, non raggiungendo singolarmente alcun risultato concreto, diventano testimonianza immediata dell’inerzia.

Ma la cosa più grave è che, pur riconoscendo la negatività di un simile comportamento, continuiamo imperterriti a non abbandonarlo. Due sono gli esempi tangibili di questa nostra limitata capacità a superare un simile approccio:

  • La Programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc).
  • La Programmazione delle risorse del Pnrr e del Pnc.

Per quanto concerne il Fondo per lo sviluppo e la coesione l’articolazione in Programma operativi nazionali (Pon) e Programmi operativi regionali (Por) già crea le basi per incentivare l’inerzia, se poi entriamo nel merito delle proposte scopriamo la vera frantumazione delle opere in lotti e, in moltissimi casi, la motivazione è legata alla possibilità di rispettare l’arco temporale di validità del Programma, ma, purtroppo, abbiamo visto quanto sia ridicola una simile preoccupazione: nel Programma 2014 – 2020 del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, dopo nove anni abbiamo, su 54 miliardi di euro, speso appena 8 miliardi.

Per vincere l’inerzia faccio alcuni esempi di come sarebbe stato opportuno operare: nel 2015 sarebbe stato in realtà opportuno scegliere:

  • La realizzazione dell’intero asse stradale 106 Jonica il cui costo era pari a 11 miliardi di euro
  • Il completamento degli assi stradali principali siciliani il cui costo era pari a 3 miliardi di euro
  • Il completamento degli assi stradali principali sardi il cui costo era pari a 1,2 miliardi di euro
  • La realizzazione dell’alta velocità ferroviaria Salerno – Reggio Calabria il cui costo era di 22 miliardi di euro
  • La realizzazione del collegamento ferroviario tra il porto di Napoli e l’interporto di Nola Marcianise il cui costo era di 700 milioni di euro
  • Il risanamento funzionale organico del centro siderurgico di Taranto e del suo hinterland il cui costo era di 4 miliardi di euro

In realtà avremmo utilizzato una rilevante parte del l’intera quota di risorse assegnate al Mezzogiorno pari all’85% di 54 miliardi di euro. Ma ad una simile proposta subito si sarebbe sollevata una miriade di voci contrarie basata su due tipiche motivazioni:

  • Non abbiamo progetti pronti
  • La Unione Europea non condivide simili impostazioni programmatiche
    Due tipiche motivazioni che denunciano in modo inequivocabile l’elevato tasso della inerzia.

Quella dei progetti pronti rimane un falso problema perché sarebbe stato sufficiente non bloccare i contratti integrati, cioè la possibilità di mettere in gara per la realizzazione di un’opera anche la relativa progettazione; in merito alle possibili non condivisioni della Unione Europea è sufficiente vedere come si organizzano, in merito ai Fondi di Sviluppo e Coesione, Paesi come la Spagna o come il Portogallo; ma soprattutto basterebbe seguire il lavoro del Ministro Fitto che sta cercando di interloquire in modo concreto con la Unione Europea proprio per ottenere anche una rivisitazione dei vincoli presenti nelle procedure del Fondo di Sviluppo e Coesione.

Per quanto concerne il PNRR ed il PNC è ancora più facile scoprire e misurare la folle dimensione della inerzia: è sufficiente leggere il quadro delle principali opere ferroviarie elencate nella tabella pubblicata in alto. In realtà si realizzano lotti di un’opera e non un’opera. Anche qui la scelta è stata motivata dalla mancanza di progetti e dalla scadenza molto ravvicinata per il loro completamento (31 dicembre 2026).

Anche in questo caso per i primi tre anni praticamente o si sono portate avanti opere della Legge Obiettivo (opere approvate nei primi anni ‘2000) o si è preferito esasperare la logica dell’inerzia, una logica che nel caso della Roma – Pescara fa partire un lotto di 620 milioni di euro sapendo che per l’intera opera ne occorrano circa 6 miliardi e così dicasi per la Orte – Falconara e per la Battipaglia – Metaponto. Il fatto che questo Governo duri per la intera Legislatura fa ben sperare perché essere accusati di inerzia a fine Legislatura non credo sia un obiettivo da perseguire.


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