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Giorgia Meloni e il Presidente dell'Algeria, Abdelmadjid Tebboune

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La visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni ad Algeri consolida un capitolo importante della nostra presenza nel Mediterraneo. Nel novembre 2021 il nostro presidente Sergio Mattarella aveva inaugurato il Giardino Mattei nel cuore della capitale algerina, a ricordare a tutto il mondo arabo come proprio l’Italia abbia giocato un ruolo fondamentale nell’indipendenza di quei Paesi, aprendo per primi un rapporto diretto sulle risorse petrolifere non più mediato dalle grandi compagnie angloamericane. Enrico Mattei, dunque, come precursore di una strategia politica che collocava l’Italia al centro del Mediterraneo.

LA VERA PARTITA È SUL RUOLO DELL’ITALIA NEL MEDITERRANEO

La presidente del Consiglio riapre quel capitolo e inizia proprio dal Giardino Mattei la sua visita in Algeria, che non a caso avviene negli stessi giorni in cui il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è al Cairo, dopo essere stato con il ministro degli Interni a Tunisi e Ankara. Certamente al centro dei colloqui sono i temi della energia e del controllo dell’emigrazione clandestina, ma a tutti è ormai evidente che questo non basta: nei confronti dell’Africa è necessaria una politica che vede sicuramente l’Italia “fronte del porto”, ma che deve coinvolgere tutta Europa. Un’Europa schiacciata a Est dalla risorgente volontà di potenza russa – e appoggiata all’interno della stessa Unione dalla Ungheria di Orban – non può permettersi incertezze sul lato Sud.

Necessariamente bisogna riaprire dialoghi anche con regimi autoritari come l’Egitto di Al Sisi, che per altro deve ancora dare risposte su Zaki e Regeni – terre dove ancora ci sono focolai di guerra come la Libia, e Paesi che presentano tuttora problematiche complesse come i Paesi del Maghreb, che del resto sono i terminali di Paesi africani in grande sofferenza. Va infatti ricordato che l’Africa è un continente su cui si giocherà gran parte del futuro del mondo. Si ricordi che l’Europa tutta è in preda a una caduta demografica senza precedenti, tanto che nel 2100 vedrà dimezzare la propria popolazione, l’Italia con queste tendenze demografiche sarà un Paese da 30 milioni di abitanti.

Nello stesso tempo la popolazione africana si moltiplicherà di quattro volte. La Nigeria passerà da 230 a quasi 800 milioni di abitanti. La data del 2100 sembra lontanissima, ma in tutto questo un bambino che nasce oggi in quell’anno non solo avrà 80 anni, ma vivrà in un Paese di vecchi, mentre fortissima sarà la pressione dal sud del mondo.

LA RIFORMA DELLA FORMAZIONE

In questa prospettiva la “Questione africana” va dunque affrontata con grande determinazione da parte di tutti i Paesi sviluppati, ma tocca a noi – che siamo i più esposti – assumere il ruolo di leader di un approccio che ponga lo sviluppo dei Paesi africani come alternativa a una politica di contenimento di un’ onda migratoria che assumerà dimensioni sempre più incontenibili.

Al centro di queste politiche devono stare le politiche della formazione, a partire da quella formazione tecnica che abbiamo posto al centro della nostra azione negli ultimi giorni del governo Draghi con una riforma degli istituti tecnici e professionali, che ora potrebbe essere la base di una nuova cooperazione con il sud del mondo, tra l’altro permettendo al nostro Paese di essere leader di un nuovo sviluppo sostenibile. La partita è appena cominciata, ma è cruciale per tutti ed è interesse di tutti giocarla fino in fondo.


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