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Le aggregazioni tra le forze politiche in coalizioni fatte e disfatte in vista della presentazione delle liste elettorali mostrano con evidenza, semmai ve ne fosse stato bisogno, i limiti dell’attuale legge elettorale, che concorre a determinare una scarsa chiarezza dell’offerta politica ed a mantenere saldamente nelle mani dei capi partito la selezione di chi sarà eletto.

La legge nasce con buone e condivisibili intenzioni: garantire una presenza in Parlamento che rispecchi con il metodo proporzionale la consistenza dei voti ottenuti da ciascuna formazione politica, con una soglia di sbarramento che eviti il proliferare di liste prive di una pur modesta base elettorale; indurre le forze politiche ad aggregarsi nei collegi uninominali, formando coalizioni che presentano un candidato unitario in ciascun collegio, da eleggere con il sistema maggioritario puro, che assicura la elezione del candidato che ha riportato anche un solo voto più di ciascuno degli altri concorrenti.

Secondo le buone intenzioni ne sarebbe derivata la formazione di coalizioni tra forze politiche, legate da un patto elettorale e programmatico, e si sarebbe assicurata la governabilità con una maggioranza governativa espressa dalla coalizione vincente, numericamente rafforzata dagli eletti nei collegi uninominali. Si direbbe una via indiretta verso il bipolarismo, rendendo obbligato o conveniente unificare le forze politiche affini, senza rinunciare a che ognuna misurasse il proprio peso nella quota proporzionale.

L’esperienza già fatta con questa legge elettorale mostra che nessuna delle previsioni e delle attese si è avverata. I governi si sono formati con maggioranze diverse dalla composizione delle coalizioni che si erano presentate alle elezioni e la loro durata non si è discostata dalla durata media dei precedenti.

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Queste criticità permangono. Le cronache politiche di questi giorni hanno reso evidente che la formazione delle coalizioni elettorali è spesso una aggregazione determinata piuttosto dalla convenienza di sommare voti di orientamento diverso cui si partecipa per ridurre la tagliola della soglia di sbarramento, minore per le liste coalizzate rispetto a chi si presenta isolatamente, che non dovuta alla convinzione di unificare le forze per attuare un progetto politico comune. Del resto anche il risultato auspicato, che dalle votazioni emerga una chiara e coesa maggioranza, non è garantito. Il numero dei seggi che ciascuna coalizione ottiene nei collegi uninominali può non attribuire la palma del vincitore, e determinare invece un equilibrio tra le coalizioni, dipendendo anche dalla concentrazione dei voti raccolti in singoli collegi.

Le alchimie di un sistema elettorale molto complicato e la tendenza a spartirsi un risultato previsto sulla base del peso elettorale presunto che ciascuna forza politica rivendica, indica il terreno di negoziato tra chi intende o è ammesso a partecipare alla coalizione, non solamente per determinare il numero dei collegi uninominali nei quali viene presentato un proprio candidato, il quale godrà dei voti di tutti, ma anche per individuare e ripartire i collegi considerati sicuri da riservare a ciascun partito, in modo da rendere probabile la elezione del loro candidato. A tutto ciò si aggiunge il potere di chi ha, in ciascun partito, il potere di presentare le candidature e di stabilire l’ordine di collocazione nella quota proporzionale, determinando in tal modo chi ricoprirà i seggi che saranno attribuiti a quella formazione politica. Questo è uno degli elementi che concorre a stimolare o a rafforzare la tendenza a frammentare le formazioni politiche, assicurando al capo di ciascuna di esse un peso politico personale, potendo contare su di un sia pur ristretto numero di parlamentari.

Anche l’attesa del bipolarismo, che la legge elettorale avrebbe dovuto determinare, è venuta a mancare. Sono presenti nella competizione elettorale altre formazioni politiche, singole o coalizzate, che aspirano a divenire punto di convergenza o comunque determinati, se nessuna delle due coalizioni contrapposte otterrà una maggioranza autosufficiente.

Le criticità che si sono presentate, e che permangono, sollecitano il nuovo Parlamento a inserire in agenda una riforma della legge elettorale, che attribuisca al cittadino maggiore e più appropriata incidenza nelle sue scelte, che risultano limitate dalla agevole dissolvenza in Parlamento della coalizione per la quale ha votato e dalla camicia di forza dell’ordine predeterminato di elezione dei candidati inseriti nelle liste proporzionali.

Naturalmente, in un quadro più ampio di riforme istituzionali, che coinvolgessero la forma di governo modificando il ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri o del Presidente della Repubblica, andrebbe rafforzato il ruolo del Parlamento e sarebbe una cruciale garanzia la legge che ne assicuri la composizione che rispecchi nella rappresentanza la sovranità popolare.


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