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La prossima settimana, il 30 gennaio, il governo Meloni compirà 100 giorni. E dopo 100 giorni la coalizione appare dall’esterno più litigiosa di come si potesse immaginare. Ed è vero che proprio ieri da Algeri la presidente del Consiglio ha ha fatto sapere di aver «chiesto a tutti i ministri un cronoprogramma» e che «con Nordio c’è un rapporto assolutamente ottimo, ha la piena fiducia». Ed è altrettanto vero che in serata, ospite di Quarta Repubblica su Rete4, il ministro Nordio ha assicurato che «è una grande soddisfazione che la presidente Meloni fosse con me in perfettissima sintonia sulle riforme della giustizia.

Il cronoprogramma è stato annunciato dalla stessa Meloni a tutti i ministri nell’ultima riunione affinché ogni ministero presenti un programma di ciò che è stato fatto e di ciò che sarà fatto nei prossimi 3-6 mesi». Eppure il rumore di fondo del Transatlantico va in questa direzione: «Un tempo Silvio Berlusconi aveva la forza e l’autorevolezza per tenere unita la coalizione. Oggi Giorgia fa fatica». Ogni giorno ha la sua pena. Anzi. Ogni giorno ha il suo litigio. L’ultimo in ordine cronologico rimanda alla figura del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Ex magistrato dalle posizioni ultra-garantiste, voluto espressamente da Meloni per evitare che Berlusconi le imponesse Francesco Paolo Sisto o Elisabetta Alberti Casellati.

Al netto delle dichiarazione di facciata raccontano che il rapporto con il titolare del ministero di via Arenula non sia più idilliaco. «Una cosa è parlare da giurista, un’altra da ministro» lamenta il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Del Mastro, fedelissimo della premier, una sorta di ministro ombra. Ed è così che la maggioranza rischia di schiantarsi sulla giustizia. Le dichiarazioni di Nordio sull’antimafia e sulla magistratura hanno lasciato più di una ruggine all’interno della coalizione. Uscite che non sono state gradite dallo stato maggiore di Fratelli d’Italia, né tantomeno da Matteo Salvini, costretto a recitare la parte della colomba: «Spero sia finito il tempo del contrasto tra politica e magistratura. C’è bisogno di dialogo, serenità e tranquillità. La politica deve evitare lo scontro con la magistratura e viceversa».

La distanza non c’è solo con la premier ma anche con il sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano, un altro magistrato prestato alla politica, deus ex machina di Palazzo Chigi. Oltretutto il Guardasigilli si è lamentato di chi lo ostacola oggi all’interno dell’esecutivo: da Del Mastro a Mantovano, fino al vice capo del Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi Roberto Tartaglia. Insomma, il caos è tale per cui l’inquilina di Palazzo Chigi ha dovuto diffondere una nota nella giornata di domenica definendo «infondate» «le presunti divisioni tra il presidente del consiglio e il ministro Nordio».

In questo quadro si inserisce l’attivismo del Terzo Polo che gioca a fare il disturbatore della coalizione. Un po’ perché la compagnia di Renzi e Calenda si è messa in testa di portare avanti l’Opa nei confronti di Forza Italia. Un po’ perché Nordio rappresenta il ministro ideale dei centristi: garantista e liberale. Non a caso il deputato di Azione Enrico Costa elogia il titolare di via Arenula: «Lo conosco da tempo e ne ho sempre apprezzato il coraggio e la trasparenza. E ora abbiamo accolto con favore anche le linee programmatiche sulla giustizia tratteggiate in Aula che, casomai, trovano resistenze altrove».

Così la coalizione si scompone e si ricompone. Il Mes resta l’altro incubo di Palazzo Chigi. Meloni sta ricostruendo l’immagine con l’Europa. Non a caso, la premier ha fatto il suo primo viaggio a Bruxelles e ha insistito affinché due settimane fa incontrasse a Roma Ursula Von der Leyen. Sul Mes Meloni diceva così: «Una sola parola: tradimento. Sul Mes il governo si è sottomesso ai diktat di Germania e Olanda. Dov’è la coerenza e la dignità?». Adesso però la premier sarà costretta a ratificare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, per evitare di lasciare l’Italia isolata. Va da sé che tutto questo scatena la reazione della Lega. La fronda euroscettica del Carroccio dichiara apertamente che «non voteremo mai il Mes».

Tutto questo fa pensare che la coalizione può sbandare alla prossima curva. Sia la giustizia, sia il Mes, sia l’autonomia differenziata o siano le concessione balneari. In più, il Cavaliere si sente isolato: «Io e Giorgia dobbiamo intensificare i nostri rapporti e mettere a frutto la mia esperienza nazionale di oltre 30 anni». Dall’altro Meloni ha compreso che da ora in avanti sia necessario cambiare schema di gioco. «Abbiamo dato all’esterno l’impressione che voglio fare tutto da sola. Non è così, ma è così che appare».

Basterà ordinare l’azione di governo? Impedire che ci siano uscite come quella di Nordio? Incontrare il ministro della Giustizia per un faccia a faccia, come annunciato ieri? Le prossime settimane risulteranno decisive, anche perché il test elettorale del Lazio e della Lombardia potrebbe acuire ancor più le distanze dentro la coalizione di governo.


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