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L’INCENDIO innescato in Medio Oriente dal pogrom di Hamas in Israele del 7 ottobre scorso, proseguito con i bombardamenti israeliani a Gaza, investe a grandi passi l’intera penisola araba, e rischia di coinvolgere anche l’Italia. Le forze aeree degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno condotto nella notte tra l’11 e il 12 gennaio una serie di raid congiunti contro le posizioni militari Houthi nello Yemen, con lo scopo d’interrompere gli attacchi dei ribelli, sostenuti dall’Iran, alle navi che transitano nel Mar Rosso. Attacchi che si sono intensificati nelle ultime settimane, causando notevoli interruzioni al transito marittimo sulla rotta cruciale tra Europa e Asia, che gestisce il 15% del commercio mondiale.

Proteste dei laburisti contro il primo ministro britannico, Rishi Sunak, in Uk, dove il Parlamento non è stato consultato, e proteste anche negli Usa, non soltanto dai repubblicani ma anche all’interno dei democratici verso il presidente Joe Biden, accusato di aver violato la Costituzione per non aver consultato il Congresso. L’Iran per il momento resta a guardare, ma il timore di tutti è che la situazione possa precipitare.

Secondo l’agenzia Reuters l’Italia avrebbe rifiutato d’intervenire, ma la notizia è stata smentita dal ministro degli esteri Antonio Tajani, secondo cui l’Italia «è stata avvertita dagli alleati con diverse ore di anticipo, ma non gli è stato chiesto di prendere parte all’operazione militare», anche perché non sarebbe possibile senza un dibattito in Parlamento. I raid contro gli Houthy sono avvenuti al termine di una giornata in cui Israele è comparsa dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja per rispondere alle accuse di genocidio verso i palestinesi, formulate dal Sudafrica in seguito ai bombardamenti a Gaza, oltre ventimila morti tra i palestinesi, mentre prosegue l’offensiva dell’Idf nel sud della Striscia.

Per lo stato ebraico, fondato dopo che sei milioni di ebrei furono uccisi dal nazifascismo prima e durante la seconda guerra mondiale, l’accusa è una perversione della storia. Al contrario, molti palestinesi provano una sorta di catarsi al pensiero che i funzionari israeliani siano costretti a difendere il loro Paese davanti a una giuria internazionale.

Il timore degli osservatori internazionali è che la situazione in Medio Oriente stia completamente sfuggendo di mano alla politica e alla diplomazia per lasciare la parola soltanto alle armi. Un timore che si rafforza con la prosecuzione della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, in apparenza lontana dal teatro dello scontro israelo-palestinese, in realtà inquadrata nel rimescolamento delle alleanze internazionali che coinvolgono le grandi potenze non impegnate direttamente nei combattimenti, dalla Cina all’Iran. Senza dimenticare i circa due milioni di sfollati palestinesi a Gaza, dove il nord è stato raso al suolo, e gli oltre cinquecentomila tra morti e feriti in Ucraina su entrambi i fronti, secondo il New York Times, che ha incrociato tutti i dati disponibili tra Onu e varie fonti d’intelligence. A questi si aggiungono gli oltre tre milioni di profughi in fuga dall’Ucraina che si sono riversati in Europa, un dato che è entrato di prepotenza nel dibattito politico dell’Unione Europea.

I pacchetti di aiuti militari e finanziari all’Ucraina, estremamente necessari a Kiev, rimangono bloccati negli Stati Uniti a causa delle lotte politiche interne, mentre il Regno Unito ha inviato 3 miliardi di dollari. Una situazione che può ripetersi anche per gli aiuti a Israele: un sondaggio dell’Università di Quinnipiac, negli Usa, ha registrato da novembre a oggi un calo dal 54 al 45% dei cittadini favorevoli a inviare aiuti a Israele. Sondaggi cavalcati dai repubblicani e di cui non può non tener conto lo stesso Biden, nell’anno che porterà all’elezione del nuovo presidente Usa. Ogni giorno in Medio Oriente e in Ucraina, al netto delle minacce della Cina verso Taiwan, i conflitti anziché diradarsi trovano nuovo fuoco che li alimenta e che coinvolge gli alleati delle parti in causa. Il timore che il peggio possa ancora venire non è dovuto al pessimismo.


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