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L’idrogeno è la risposta al problema della troppa CO2 che produciamo e che produrremo nei prossimi decenni. È da qui che parte la strada per il recupero e il riutilizzo di questa sostanza così particolare, da una parte accusata dei mali del pianeta, dall’altra fondamentale per la vita sulla Terra.

La CO2 è una molecola strana: non ha odore, non è colorata, è impalpabile. I nostri sensi non la percepiscono e quindi per noi non esiste. Da quando ci si è resi conto che un aumento progressivo della concentrazione di CO2 nell’atmosfera provoca danni ambientali e climatici, la CO2 è divenuta un nemico da combattere, un pericoloso inquinante da eliminare. Ma la CO2 è vita, è la sorgente insostituibile del carbonio di cui è fatta la biomassa del Pianeta, è la riserva di materia prima di cui è fatto il mondo vivente, ed è pure quello che di noi resterà una volta che avremo concluso il nostro percorso su questa terra. È parte fondante del ciclo del carbonio, un processo che dura da 3,5 miliardi di anni e in cui la CO2 si forma e si consuma in un ciclo continuo ma essenziale, senza il quale la vita sul Pianeta sarebbe destinata a spegnersi in brevissimo tempo. All’epoca, la concentrazione di CO2 nell’aria era intorno alle 315 ppm. Poi è cresciuta in modo regolare, sino ad arrivare alle 415 ppm del 2019 (si registra una brusca frenata nel 2020 per via della pandemia del Covid).

La CO2 non è tossica, almeno alle basse concentrazioni, altrimenti non potremmo bere birra, acqua gassata e prosecco. Ma ha un altro problema, meno evidente e per questo più insidioso: tende a catturare la radiazione solare riflessa dalla superficie terrestre, e riemetterla, impedendone la dissipazione. È il famoso “effetto serra”.

Oggi i combustibili fossili, la causa principale del riscaldamento globale, producono l’80% della nostra energia e l’86% di tutte le emissioni antropiche di CO2, oltre 35 miliardi di tonnellate ogni anno (il resto, circa 5,5 miliardi di tonnellate, è dovuto al consumo di suolo). Se con azioni drastiche riusciremo ad arrivare a emissioni zero di CO2 entro il 2050, la temperatura media del Pianeta a fine secolo aumenterà comunque di 1.0 °C; con azioni forti l’aumento di CO2sarà contenuto in 540 ppm, e la temperatura salirà di 1,5-1,8 °C; con azioni blande potremo arrivare a 670 ppm con un aumento di 2,2 °C, mentre se non facciamo nulla raggiungeremo 1000 ppm con un aumento di temperatura media di 4 °C. Catastrofico.

Ed è bene sapere che un terzo della CO2 prodotta oggi sarà ancora in atmosfera tra 100 anni, un quinto tra 1000 anni e una parte la troveremo ancora dopo 10.000 anni. Inoltre la CO2 disciolta in acqua produce un aumento di acidità e già sono stati osservati effetti molto negativi su una parte della fauna e flora acquatiche. Ecco che si pone il problema del riutilizzo. In fin dei conti, come dicevamo all’inizio, la CO2 è una “preziosa” materia prima.

Come fare? Una via possibile, a lungo esplorata e ancora oggetto di studio, è quella di simulare i processi di fotosintesi naturale attraverso dei sistemi artificiali, dei foto-catalizzatori in grado di catturare la luce solare e usarla per trasformare CO2 e acqua in prodotti utili come metanolo (CH3OH), o addirittura metano o altri idrocarburi. Esempi di successo e prototipi esistono da un po’ di anni ma per ora l’efficienza dei processi di fotosintesi artificiale è troppo bassa per essere competitiva sul piano economico. Non è così sorprendente: anche la fotosintesi naturale non è poi tanto efficiente, essendo in grado di convertire solo lo 0,1% dell’energia radiante catturata, ma il tutto è compensato dalla enorme quantità di biomassa presente sul Pianeta. La ricerca nel campo della fotosintesi artificiale quindi continua nella speranza di trovare nuovi materiali in grado di migliorare sensibilmente le efficienze del processo.

La possibilità di riutilizzare la CO2 oggi si basa su un’altra sostanza di importanza strategica: l’idrogeno. Combinando la CO2 con l’idrogeno attraverso reazioni ben note è possibile produrre sostanze utili, inclusi veri e propri combustibili. Ma c’è un problema. Oggi si producono al mondo circa 70 milioni di tonnellate di idrogeno ogni anno per varie applicazioni industriali, la principale delle quali è la sintesi dell’ammoniaca (NH3), alla base dei fertilizzanti e quindi dei prodotti agricoli.

Ma l’idrogeno oggi viene prodotto a partire dal metano con un processo chiamato steam reforming, in cui alla fine oltre a idrogeno si produce anche CO2. È l’idrogeno grigio di cui ogni tanto si parla, che diventa blu se la CO2 prodotta viene poi sequestrata e non immessa in atmosfera. Ma è un circolo vizioso. Per riutilizzare la CO2 serve l’idrogeno, l’idrogeno lo ricaviamo dai combustibili fossili generando CO2, e siamo daccapo. Tutto cambia se l’idrogeno viene prodotto per un’altra via, totalmente sostenibile e davvero green: l’elettrolisi dell’acqua. È il cosiddetto idrogeno verde, l’unico che potrà veramente cambiare il paradigma.

Grazie alla crescita costante della produzione di energia elettrica con fonti rinnovabili e al miglioramento dei processi, il costo di produzione dell’idrogeno verde sta scendendo dai 4-5 euro al chilo di qualche anno fa ai 2,50 euro, avvicinandosi a quello del tradizionale idrogeno grigio, che si aggira attorno a 1-1,5 euro al chilo. Ma attenzione: nel costo dell’idrogeno grigio non sono inclusi i costi ambientali, bensì solo quelli della materia prima, metano o altri idrocarburi. È ora invece di mettere in conto tutti i costi, non solo quelli estrattivi. Con la disponibilità di idrogeno verde a costi competitivi si apre la strada per il riutilizzo della CO2. Ci sono vari processi chimici in parte già noti, in parte da migliorare, capaci di trasformare questa stabile molecola in prodotti utili. Resta però un problema da risolvere, e non piccolo.

Catturare la CO2 da impianti dove viene prodotta in concentrazione elevata, come impianti industriali, cementifici, ecc. è possibile ed economicamente sostenibile. Catturare la CO2 dall’atmosfera, dove è presente in grandi quantità ma in forma molto diluita, parliamo di ppm, è un po’ come individuare qualche centinaio di persone in una popolazione di un milione di abitanti. Tutt’altro che facile. Occorre filtrare grandi quantità di aria, separare le piccole quantità di CO2, ma con elevati costi energetici.

Qui la ricerca si sta concentrando su nuovi materiali in grado di assorbire selettivamente la CO2, e separarla dal resto delle sostanze presenti nell’aria. La strada è lunga, e non è detto che si possa arrivare a una soluzione, mentre la cattura da impianti ad elevata concentrazione è già tecnicamente alla portata. In conclusione, la disponibilità di sufficiente energia elettrica da fonti rinnovabili offre la possibilità di produrre idrogeno per elettrolisi dell’acqua. Vari progetti e impianti sono in via di realizzazione in giro per il mondo.

L’idrogeno ha vari usi, e potrebbe anche servire direttamente da combustibile, grazie alle celle a combustibile con cui si possono azionare auto e camion. Ma l’idrogeno è pure una importantissima molecola che può essere fatta reagire con la CO2 per produrre varie sostanze essenziali. Di CO2 continueremo a produrne, ed è destinata a restare a lungo in atmosfera. Imparare a riutilizzarla e trasformarla è una sfida che possiamo e dobbiamo vincere.


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