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I numeri dello Scippo al Sud

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Percorso travagliato quello dell’autonomia differenziata, chiesto dalle tre regioni del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Quel che è certo è che il processo a cui il governo sta lavorando, partendo dall’iniziativa delle tre regioni, è ancora alquanto nebuloso. 

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Le intese preliminari intercorse, che ora andrebbero trasferite in appositi disegni di legge da approvare a maggioranza assoluta dei componenti ciascun ramo del Parlamento, illustrano linee generali ma le difficoltà si presentano con i provvedimenti attuativi.

IL PUNTO INTERROGATIVO

Intanto, il primo punto interrogativo è quello politico. Il leader della Lega, Matteo Salvini, dopo il vertice dell’altra sera ha fatto sapere che la prossima settimana in Consiglio dei ministri saranno presentati i provvedimenti sulle autonomie.

 Ieri Di Maio ha ribaltato la questione e sul tema è voluto intervenire, con un post su facebook, per dire che l’autonomia, che è nel contratto di governo, deve essere affrontata contestualmente a un piano per il Sud. 

«A questo Paese serve un grande piano per il Sud – ha tuonato – L’unico modo corretto e coerente per affrontare l’autonomia è elaborare soluzioni per il Sud».

 Il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, è prudente, ricorda che «c’è pieno accordo con i colleghi della Lega per fare un ottimo lavoro» e soltanto quando questo lavoro sarà compiuto «ci sarà il via libera del Consiglio dei ministri».

I DUBBI SULLE RISORSE

Sul fronte specifico degli interventi, i dubbi maggiori sono relativi alla definizione delle risorse da assegnare alle regioni per la copertura delle funzioni che vengono loro trasferite. E il timore è che il meccanismo che si va profilando vada a danno dei bilanci delle regioni del Sud. 

Si parte, così prevedono le intese, dalla spesa storica per le funzioni oggi statali che vengono trasferite, in attesa della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dei fabbisogni standard. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha dato l’ok a un compromesso che permette alle regioni interessate di trattenere quote di imposte erariali. 

Se nei prossimi tre anni, questo prevede il percorso, i fabbisogni standard non verranno individuati, il totale delle risorse a disposizione per le nuove funzioni delle regioni «non potrà essere inferiore al valore medio nazionale pro-capite della spesa statale per l’esercizio delle stesse funzioni».  

LA TRAPPOLA

E proprio qui sta la “trappola” per il Sud. E’ probabile, infatti, che il valore medio pro capite della spesa nazionale che verrà attribuito alle regioni con l’autonomia rafforzata, sia in alcuni casi superiore alla cifra che viene riconosciuta come spesa storica per una determinata funzione. 

Al Nord verranno quindi trasferite maggiori risorse riducendo la quota parte per il Sud, che potrebbe essere chiamato a far fronte alle necessità con risorse proprie. Insomma, un vero e proprio scippo legalizzato.

LE CONSEGUENZE

L’aspetto ancora più preoccupante, e che è in contrasto con il principio solidaristico stabilito dalla Costituzione, è la mancanza nel progetto di autonomia differenziata di forme di perequazione, o comunque al momento queste non sono affatto chiare. 

Le possibili conseguenze? La frattura tra Nord e Sud del Paese sarebbe ancora più marcata, il sistema di welfare ne uscirebbe disarticolato, l’unitarietà del Paese compromessa. Per non parlare delle prospettive di sviluppo economico del Mezzogiorno, definitivamente azzoppate con un grande danno per l’intero Paese.

Un sistema di autonomia così congegnato produrrebbe un effetto esattamente contrario rispetto a quanto previsto dagli articoli 116 e 117 della Costituzione, in cui il regionalismo viene  concepito come una opportunità per il sistema istituzionale nel suo complesso, oltre che per la singola regione interessata. Nel regionalismo, infatti, si vede la possibilità di riuscire a valorizzare le identità e le vocazioni regionali e di favorire una competizione virtuosa tra i territori.


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