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Il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara

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“Mezzogiorno: traditi e mazziati”. Titola così il Rapporto Eurispes 2020 nel capitolo delle considerazioni del presidente dell’Istituto, Gian Maria Fara, dedicato alla situazione del Sud. Nel complesso il Rapporto, presentato ieri, offre uno spaccato completo della società italiana toccando questioni che riguardano, tra l’altro, la politica e il populismo, la spaccatura tra “Sistema” e “Paese”, il lavoro, le disuguaglianze, i migranti. In questo spaccato il Mezzogiorno occupa una parte rilevante perché, sostiene Fara, «ogni ulteriore impoverimento del Sud si ripercuote sull’economia del Nord, il quale, vendendo di meno al Sud, guadagna di meno, fa arretrare la propria produzione, danneggiando e mandando in crisi la sua stessa economia». E, in sostanza, tutto il Paese frena.

IL MONOPOLIO DEL NORD

L’analisi prende spunto da un dato inquietante. «Se della spesa pubblica totale si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla popolazione, emerge che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma sottratta ammonta a più di 840 miliardi di euro netti». E 840 miliardi di euro in più fanno molta differenza. Il fatto è che, come dice il Rapporto Eurispes, lo Stato italiano spende ogni anno, e da molti anni, una cifra pro capite maggiore al Nord rispetto al Sud e la forbice tende ad allargarsi. Nel 2016 la spesa dello Stato al Centro-Nord è stata pari a 15.06 euro pro capite, contro i 12.040 euro pro capite del Mezzogiorno. Nel 2017, ultimo dato disponibile, la spesa destinata al Sud si riduce a 11.929 euro (-0,8%) pro capite mentre quella del Centro-Nord aumenta dell’1,6% toccando quota 15.297.

Fara rincara la dose: «Il Sud attende ancora giustizia e un’autocritica collettiva da parte di chi ha alimentato questa deriva». Quello che Eurispes definisce «il quasi monopolio economico» esercitato dal Nord sul mercato meridionale e nazionale, è partito nei primi anni dell’Unità d’Italia e «tutt’oggi essenzialmente è ancora in piedi». E qui l’analisi porta a considerazioni da tener presenti in vista del progetto di autonomia differenziata a cui il governo sta lavorando. Eurispes spiega che i rapporti commerciali tra Nord e Sud Italia, a vantaggio del Settentrione, sono resi possibili proprio grazie ai trasferimenti da Nord a Sud come frutto delle tasse pagate dalle aree settentrionali. È il cosiddetto “residuo fiscale” di cui oggi tanto si discute nell’ambito dell’autonomia differenziata chiesta da Lombardia, Veneto e in parte dall’Emilia Romagna.

Se questi trasferimenti fossero annullati o ridotti, si legge nel rapporto Eurispes «paradossalmente il primo a farne le spese sarebbe proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori». Il Rapporto cita a tale proposito uno studio della Banca d’Italia che dimostra come «tali trasferimenti tornano accresciuti al Nord, grazie all’esportazione dei prodotti verso il Sud».

LA MIOPIA POLITICA

Ulteriori ammontari di risorse, poi, al Nord giungono sotto forma di servizi sanitari, perché molte persone dal Sud vanno a curarsi negli ospedali del Nord, e per il costo della formazione dei giovani meridionali laureati che emigrano al Nord. Rifacendo i conti, sottolinea Eurispes, a fronte di una cifra di circa 45 miliardi di trasferimenti che ogni anno si è spostata da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord, compiendo un percorso inverso. A ciò si aggiunga che i prestiti, la raccolta e gli sportelli bancari presenti al Sud sono al 90% di proprietà di banche settentrionali, che raccolgono al Sud e impiegano al Nord.

Se davvero le decisioni politiche portassero all’annullamento dei trasferimenti da Nord a Sud «l’economia settentrionale entrerebbe in una recessione senza precedenti, causando un danno irreversibile all’intero modello di sviluppo Italiano». Il Rapporto Eurispes prende poi in considerazione l’esempio della Germania che nei primi decenni di riunificazione ha speso nel più povero Est una cifra cinque volte superiore a quella che è costata in cinquant’anni la Cassa per il Mezzogiorno. «Se l’Italia superasse le sue miopi illusioni di poter procedere a pezzi semi-separati – conclude il Rapporto – tornando a considerarsi Paese e sviluppando anche il Sud, diventerebbe l’area pi competitiva d’Europa. Ma purtroppo le classi dirigenti italiane sembrano ignorarlo».


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