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Un cantiere per un'opera pubblica

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Il bellissimo discorso di Mario Draghi al Senato si può dividere, come la Gallia, in partes tres.

Una prima parte, di nobile afflato, sottolinea il carattere di unità nazionale di questo Governo, invita a deporre le armi della disunità in momenti di emergenza come questo e a lavorare insieme, come nel secondo dopoguerra, per la ricostruzione del Paese. Su questo primo punto vale la pena sottolineare una frase cruciale, che dà il benservito all’anti-euro e al sovranismo: «Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione.

Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza». Una frase che è particolarmente significativa quando Matteo Salvini ha appena, con incaute dichiarazioni, detto che l’euro “non è irreversibile” (ma forse Salvini ha ragione: l’euro non può essere per sempre, dato che gli astronomi assegnano al Sole una vita residua di 5 miliardi di anni!!).

Una seconda parte fa il punto sulla situazione del Paese, guardando alla situazione sanitaria, all’economia, al lavoro, alle diseguaglianze, di reddito, di genere, e di territorio.

La parte tres, quella più pregnante, delinea le linee di intervento. Ed è su queste che vale la pena soffermarsi. Nelle ‘priorità per ripartire’ Draghi comincia, per ovvie ragioni di urgenza, dalla sanità. E invita a ridisegnare la sanità territoriale, per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” (LEA). Questi LEA sono parte importante dei LEP (Livelli essenziali di prestazioni), che riguardano, oltre la sanità, anche altre prestazioni: scuola, asili nido, servizi pubblici… Questi LEP, che una legislazione più che decennale imponeva di creare ma che non furono mai elaborati, dovevano informare tutta l’azione redistributiva della spesa pubblica, per soddisfare l’invito costituzionale alla solidarietà. La sotto-categoria dei LEA però esiste, ma il fatto che esista non vuol dire che dalla conoscenza si sia passati all’azione: “Conoscere per deliberare”, diceva Einaudi, ma le ‘deliberazioni’ sono ancora in sala d’aspetto. Comunque, il fatto che i LEA esistano è positivo, e l’ultimo Rapporto Svimez ha graficamente raffigurato i punteggi LEA della Penisola. I chiaroscuri si commentano da soli.

Il secondo campo di intervento è la scuola. Il Presidente del Consiglio non torna esplicitamente sul prolungamento a tutto giugno dell’anno scolastico (materia su cui non vuole prevaricare sul suo ministro della Pubblica istruzione) ma dice chiaramente che bisogna «recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà». E in effetti le ore perse lo scorso anno scolastico «soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno» hanno una triste ragione: come ampiamente documentato da questo giornale (vedi Il Quotidiano del Sud del 27 dicembre 2020) la spesa pubblica pro-capite per la scuola, e specialmente gli investimenti nell’istruzione è stata da molti lustri più bassa nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord.

Un altro punto importante, sottolineato da Draghi, afferma che «siamo chiamati a disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo». Un invito, insomma, a spingere sulle discipline STEM (scienza, tecnica, ingegneria e matematica). Anche qui, c’è una dimensione di dualismo territoriale, dato che la percentuale di laureati è molto più bassa nel Mezzogiorno (e non per caso, data la già menzionata scarsezza di risorse). C’è, tuttavia, nei dati Istat, una consolazione. All’interno della sola compagine dei laureati, nella fascia di età 25-34 anni, e guardando alla percentuale di coloro che hanno preso la laurea nelle materie STEM, vediamo (grafico) solo piccole differenze fra Nord, Centro e Mezzogiorno. La volgata che vuole gli universitari del Sud indottrinarsi di lettere e leggi, per finire ad affollare i concorsi per insegnanti o infoltire il popolo degli azzeccagarbugli, è clamorosamente smentita. Insomma, vale la pena di investire nei giovani del Sud.

Da molti anni in Italia invidiamo il sistema di apprendistato vigente in Germania, fondato su istituti tecnici che avviano alle professioni coniugando pratica e grammatica. Draghi ricorda che il presente PNRR (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) riserva agli ITIS (istituti tecnici) 1,5 md di euro, «20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia». Ma sottolinea opportunamente che alle assegnazioni costose bisogna affiancare riforme a costo zero: «Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate».

Guardiamo, in fine, «Oltre la pandemia». Qui si apre la parte più delicata del discorso di Draghi, che attinge a cose già dette nel Rapporto dei Trenta di cui è stato l’animatore (vedi Il Quotidiano del Sud del 16 dicembre 2020). In particolare, ricorda che «Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi».

E ancora: «Il cambiamento climatico, come la pandemia, penalizza alcuni settori produttivi senza che vi sia un’espansione in altri settori che possa compensare. Dobbiamo quindi essere noi ad assicurare questa espansione e lo dobbiamo fare subito». Difficile davvero. Nel Rapporto citato si adombrava la possibilità che proteggere imprese illiquide ma non insolventi potrebbe voler dire trasformare debiti in capitale sociale. Le vie sono due: Stato imprenditore redux, o metodi indiretti con incentivi e sussidi.

Due importanti capitoli sono riservati alla parità di genere e al Mezzogiorno. Due capitoli strettamente legati, dato che, con un tasso di disoccupazione che sfiora il 50% per le giovani donne del Sud, l’affermazione di Draghi: «La mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne» acquista particolare rilevanza. E culmina con parole forti e dure: «Aumento dell’occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile: benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno». In effetti, se l’occupazione femminile rappresenta un giacimento di crescita potenziale per l’Italia tutta, questo è specialmente vero per il Mezzogiorno, dove la conciliazione, per le donne, fra famiglia e lavoro è negata da una dotazione di asili nido e scuole materne scandalosamente più bassa rispetto al resto del Paese (vedi Il Quotidiano del Sud del 15 dicembre 2020).

Il programma del nuovo Governo intende, insomma, dare priorità all’«equità sociale, di genere, generazionale e territoriale». Ma cosa ha detto Draghi sul punto cruciale degli investimenti pubblici? Qui per ora si limita all’intenzione di investire sulla preparazione «tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi…». Ed è importante che si affermi come «Selezioneremo progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del Programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell’arco dei sei anni del programma. Assicureremo inoltre che l’impulso occupazionale del Programma sia sufficientemente elevato in ciascuno dei sei anni, compreso il 2021».

Il “compreso il 2021” mette in chiaro che bisogna cominciare a spendere già quest’anno. Ma questo non sarà possibile se non si affronta il nodo cruciale della «certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano gli investimenti, sia italiani che esteri». Qui tocchiamo i famosi lacci e lacciuoli che per decenni hanno frustrato la voglia di fare e di investire, sia nel settore pubblico che nel settore privato.

Che cosa intende fare il nuovo Governo per affrontare quei paralizzanti grovigli? Tornano alla mente le parole scritte, già tre quarti di secolo fa, da Carlo Emilio Gadda, in «Quer pasticciaccio brutto de la Via Merulana»: “Là, da più lune, la sua pratica risognata attendeva, attendeva. Come delle pere, delle nespole, anche il maturare d’una pratica s’insignisce di quella capacità di perfettibile macerazione che la capitale dell’ex-regno conferisce alla carta, si commisura a un tempo non revolutorio ma interno alla carta e ai relativi bolli, d’incubazione e di rammollimento romano. S’addobbano, di muta polvere, tutte le filze e gli schedari degli archivi: di ragnateli grevi tutti gli scatoloni del tempo: del tempo incubante. Roma doma. Roma cova. In sul pagliaio de’ decreti sua”.

Con l’aggravante, oggi, dei conflitti di competenze fra Stato e Regioni.


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