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Al giro di boa dell’anno è di moda prevedere il futuro. Ma per prevedere il futuro bisognerebbe prima di tutto ‘prevedere il presente’: in questi tempi difficili, nella comunità dei previsori professionali, si parla di nowcasting, prevedere il now, ‘l’adesso’) in quanto opposto al forecasting (che getta lo sguardo all’avvenire). Perché è difficile, oggi, prevedere il presente?

Perché si addensano sull’orizzonte delle previsioni troppe incognite, troppi ‘cigni neri’, troppi unicum, dalle fattezze ancora non chiare e difficili da sciogliere. Guardiamoli, partendo dall’Italia.

Il primo unicum è il Pnrr. Si parla molto dei 51 obiettivi che sono stati raggiunti, come ha comunicato il presidente del Consiglio Mario Draghi, obiettivi che facevano parte della prima tranche di adempimenti per il 2021. E nel frattempo, come ha comunicato Palazzo Chigi, sono stati firmati gli Operational Arrangements: gli atti formali con i quali sono stabiliti i meccanismi di verifica periodica (validi fino al 2026) relativi al conseguimento di tutti i traguardi e gli obiettivi (Milestone e Target) necessari per il riconoscimento delle rate di rimborso semestrali delle risorse Pnrr in favore dell’Italia.

Il che fa certamente piacere. Ma il vero test è altrove. Gli obiettivi devono poi tradursi in spendita effettiva, in cantieri, in realizzazioni… Ed è qui che «si parrà la tua nobilitate». Nel “Rinascimento privato” di Maria Bellonci, Isabella d’Este, quando comprava qualcosa, diceva poi al venditore: “… che portasse le stoffe in guardaroba e passasse dal mio spenditore”. Volesse il cielo che quanto ‘compra’ il Pnrr potesse seguire una trafila così diretta.

Fa impressione vedere come le sfide – passare dagli obiettivi alle realizzazioni – che ci sono davanti siano così poco presenti nei partiti che si fronteggiano in Parlamento. Raffinate strategie sulle elezioni quirinalizie? A josa. Calcoli sapienti su convergenze parallele, sgambetti e abbracci? Un tanto al chilo. Alleanze trasversali che durano la spazio di un mattino? Un giorno sì e un giorno no. Progetti concreti sul quid agendum per passare l’unica legge che conta, la ‘legge del fare’? Assenti ingiustificati.

Come ha scritto il professor Luciano Hinna, il Pnrr «rappresenta anche un grande laboratorio organizzativo per prendere coscienza che non serve necessariamente l’emergenza per gestire la normalità, e considerare invece l’investimento organizzativo che il Pnrr comporta come un’infrastruttura tecnico culturale del paese destinato a rimanere all’interno delle nostre PA… un altro ponte Morandi, che individua un nuovo modello operativo da clonare ed imitare che realizza bene ed in tempi brevi una infrastruttura metodologica».

Sembra che la politica abbia abdicato a questo compito storico e si sia affidata al Governo. È vero, nel 2022 dovrebbero andare a regime le assunzioni programmate, con nuove modalità di selezione, e intanto il ‘lavoro agile’ ha migliorato le competenze informatiche della PA a costo zero. Ma la sfida rimane, e una sfida ha bisogno di entusiasmo, di ‘ansia buona’, di voglia di fare… Come scrive ancora Hinna: «La pressione sui risultati crea a sua volta risultato: nel calcio la chiamano tifoseria e contribuisce non poco sull’esito finale della partita».

I partiti, nella misura in cui sono radicati nella comunità, hanno la responsabilità di avviare, nelle cellule e nelle sezioni, riflessioni e proposte su quella che è l’unica vera sfida che l’Italia ha davanti per riprendere un sentiero di crescita abbandonato da decenni.

E veniamo a una seconda incognita: la pandemia, che fra poco entra nel terzo anno. Abbiamo parlato, ne “Il Quotidiano del Sud” di ieri l’altro, di luci e ombre di questo flagello. Ogni Paese cerca la combinazione migliore fra massimizzare il contrasto al virus e minimizzare l’impatto sull’economia. Ogni Paese procede a tentoni, facendo e disfando nuove e vecchie formule. Varianti del virus e varianti delle misure di contenimento si succedono senza sosta. In questa tenzone l’Italia ha fatto meglio di altri, ma la vittoria sul virus è ancora lontana, e non sappiamo come evolverà il 2022 pandemico. Sappiamo solo che i vaccini – misure preventive – servono, che i farmaci anti-Covid – misure lenitive – sono dietro l’angolo, e che le restrizioni per i No-vax – misure punitive – sono indispensabili.

Terza incognita: l’inflazione. Si tratta di un fenomeno temporaneo o no? Il premio Nobel Paul Krugman, strenuo sostenitore della ‘temporaneità’ delle pressioni inflazionistiche, riconosce che il presidente della Fed Jerome Powell ha detto che bisogna abbandonare il termine transitory per definire l’inflazione americana (che è più alta di quella dell’Eurozona – e quest’ultima, sia detto per inciso, è più alta di quella italiana). Ma Krugman non demorde e, impedito dall’usare il termine transitory, è passato all’aggettivo fugaceous (non c’è bisogno di tradurre). In breve, l’inflazione è figlia delle strozzature sull’offerta, che sono destinate ad alleviarsi col tempo. La cura per i prezzi alti consiste… nei prezzi alti. Cioè a dire, l’inflazione deriva da squilibri fra domanda e offerta, e i prezzi alti tendono a moderare la domanda, erodendo potere d’acquisto, e ad aumentare l’offerta, attratta dai maggiori ricavi – con ciò riportando in equilibrio le due lame della forbice.

Attualmente, l’inflazione è specialmente evidente nei prezzi delle materie prime. Il grafico mostra come questi prezzi sono aumentati dall’inizio dell’anno. Anche se le tre quotazioni nella parte bassa del grafico non sembrano preoccupanti, si tratta sempre di aumenti che vanno dal 24% – per le materie prime non-oil – al 50% – per il petrolio – e al 65% per il prezzo internazionale del gas naturale. Il grafico ha dovuto schiacciare queste percentuali per far posto a allo stratosferico aumento del prezzo europeo del gas naturale. Un aumento che impatta sui costi delle imprese e sulle bollette della famiglie. Guardando al differente andamento del prezzo europeo del gas e di quello internazionale, è difficile dar torto al presidente russo Putin quando dice che sono le politiche europee responsabili di queste impennate.

Senza entrare nel complicato labirinto dei diversi gasdotti e delle diverse regolamentazioni, è chiaro che qualcosa non ha funzionato. Ma il mercato alla fine avrà ragione: già le forniture extra-europee vengono dirottate sull’Europa, attratte dagli alti prezzi. Inevitabilmente la legge dell’unico prezzo per una merce altamente fungibile come il gas naturale verrà a correggere questa anomalia.

Delle tre incognite esaminate, quella relativa all’inflazione è la meno preoccupante. Quella relativa alla pandemia è la più incerta. E la prima incognita – riusciremo a spendere bene e presto i soldi del Pnrr? – è la più importante. Ed è l’unica che non dipende da fattori sui quali non abbiamo presa. Dipende da noi, e solo da noi.


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