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Mara Carfagna con Elisa Ferreira

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Sul tavolo ci sono gli oltre 75 miliardi della programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e d’investimento, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale, al centro dell’Accordo di Partenariato sottoscritto dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna, e dalla commissaria Ue per la Coesione, Elisa Ferreira. Sullo sfondo la crisi del governo che arriva stamane al redde rationem con le comunicazioni alle Camere del presidente dimissionario Mario Draghi.

«Un’Italia forte e stabile è fondamentale per gli obiettivi della Ue»: Ferreira cerca un equilibrio tra il suo ruolo istituzionale che le impone un certo distacco – «la Commissione non commenta gli affari interni degli Stati» – e la manifestazione di fiducia nel fatto che il Paese «riuscirà superare questa crisi, senza sprecare questa opportunità meravigliosa di sfruttare le risorse messe a disposizione per risolvere tanti problemi: l’Europa è con gli italiani». E l’esperienza personale che le fa dire: «Credo che non ci siano molte persone in Europa che abbiamo il prestigio e la capacità di Mario Draghi. Da parlamentare non mi sono mai astenuta dal ringraziare Draghi per quello che ha fatto per l’Europa».

Quello che pensa della crisi Mara Carfagna lo ha detto chiaramente fin da subito. Le domande dei cronisti, dopo della firma della “Dichiarazione d’intenti” che impegna Italia e Commissione a rispettare le indicazioni dell’Accordo di Partenariato, le danno l’occasione per ribadirlo: «Qualcuno dovrà spiegare ai cittadini come un premier autorevole e che ha portato avanti le riforme in Italia dopo 17 mesi viene visto come qualcuno da accompagnare alla porta. Penso che i cittadini non capirebbero». «Domani – aggiunge – sarà chiaro chi lavora per l’interesse del Paese e chi per un tornaconto personale». E non nasconde il timore che la crisi di governo e il conseguente voto anticipato possano mettere a rischio il Pnrr: «Le tempistiche – sostiene – sono incompatibili con gli obiettivi» assunti di fronte all’Europa. E intanto snocciola i numeri e gli obiettivi dell’Accordo di Partenariato che «estenderà i suoi effetti ben oltre le contingenze politiche». E respinge al mittente le critiche della leader di Fdi, Giorgia Meloni, che imputa al governo «un ritardo clamoroso» sulla sottoscrizione dell’Accordo e quindi sull’impiego dei fondi. «Va bene fare l’opposizione, ma qui è scappata la frizione», afferma la ministra garantendo che i tempi sono quelli giusti e che l’Italia è il primo dei «grandi percettori» dei fondi europei ad averlo sottoscritto.

Con l’avvio del nuovo ciclo dei fondi di coesione ai fondi del Pnrr e del Fondo di sviluppo nazionale di sviluppo e coesione si aggiungono altri 75,315 miliardi, di cui 47,962 sono destinati alle regioni meridionali. La scommessa si gioca oltre che sull’addizionalità anche sulla complementarietà delle risorse e degli interventi. In particolare, le risorse messe in campo dell’Europa sono pari a 43,645 miliardi, di cui 31,67 andranno al Mezzogiorno. «Si tratta della cifra più alta mai assegnata al nostro Paese, circa il 22% in più dei fondi del ciclo 2014-2020», evidenzia Carfagna. A questi si aggiungono risorse nazionali per 32,591 miliardi, «anche queste incrementate di oltre il 6% rispetto al passato». «Non possiamo sprecare un solo euro e accettare che un solo euro resti inutilizzato. Nei prossimi 5-7 anni si aprono per il Paese e in particolare per il Mezzogiorno delle straordinarie opportunità di crescita e di coesione che siamo chiamati a sfruttare con la massima responsabilità», è il monito della ministra. 

Al netto della quota riservata alla Cooperazione Territoriale Europea, alle regioni meno sviluppate – Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna – vanno 46,5 miliardi (63%), 23,8  (32%); 23,8 a quelle più sviluppate, quindi al Centro Nord; 3,6 miliardi (5%) a quelle in transizione, l’Umbria e le Marche. L’Italia prevede 10 Programmi nazionali, finanziati con 25,5 miliardi, e tra le novità ci sono il nuovo programma dedicato alla salute nelle regioni meno sviluppate, il potenziamento di quello rivolto alle città metropolitane, allargato alle medie città del Sud, e quello per la transizione giusta, che ha una dotazione ad hoc.

Una somma più cospicua, 48,4 miliardi, è destinata al finanziamento dei programmi regionali. Trenta miliardi del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale europeo Plus (Fse+) saranno investiti con l’obiettivo di ridurre il divario tra le regioni in termini di attività economica, opportunità di lavoro, istruzione e accesso ai servizi e all’assistenza sanitaria. Oltre 8,7 miliardi di euro saranno destinati a rendere l’energia più accessibile, pulita e sicura per investire in un’economia circolare e a basse emissioni di carbonio, nonché in ristrutturazioni efficienti dal punto di vista energetico negli edifici pubblici. Altri 1,2 miliardi saranno impiegati per migliorare la rete idrica, un miliardo accompagnerà la transizione verde, specie in aree più coinvolte come il Sulcis Iglesiente e la zona di Taranto.

«I fondi di coesione possono svolgere una funzione fondamentale per la competitività e lo sviluppo sia all’interno degli Stati membri che tra gli Stati membri», afferma la commissaria europea sottolineando che in Italia il Pil pro capite è ancora inferiore rispetto alla media europea. L’esempio degli investimenti in innovazione al Nord che sono il doppio nel confronto con le regioni italiane meno sviluppate, ma la metà rispetto al Nord Europa citato dalla commissaria europea cristallizzano il doppio divario italiano. «Stimolare la crescita economica per l’intero Paese», afferma, è uno degli obiettivi dell’Accordo di Partenariato. Ferreira parla poi della necessità di intervenire per «consolidare» l’istruzione e l’occupazione – il secondo obiettivo – e guarda al Sud che «registra un tasso di abbandono scolastico tra i più alti d’Europa e le percentuali più basse di occupazione femminile». «Tutta l’Italia, poi, deve impegnarsi molto per la transizione ecologica e digitale. Siamo lieti che, grazie al contributo della ministra Carfagna, tre quarti delle risorse andranno alle regioni meno sviluppate del Sud. Ora l’Italia viene vista come un esempio da seguire, quindi esorto a seguire questa strada del partenariato».

 Il terzo obiettivo «è quello di avere un’Italia più equa: circa 15 miliardi saranno investiti in capitale umano, istruzione e formazione più inclusive. E ancora: 2,2 miliardi per la riqualificazione urbana e trasporti urbani efficienti ed ecologici». «Vogliamo un’Italia più coesa, più verde, più bella se possibile, più moderna, più equa, meno dipendente dal fossile e dal gas russo. Perché – sottolinea Ferreira – un’Italia più forte significa un’Europa più forte».


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