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Un cantiere dell'Alta velocità Napoli-Bari

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Adesso, dopo praticamente due anni abbondanti dalla definizione del PNRR addirittura a scala comunitaria, possiamo tutti leggere alcuni comunicati stampa in cui viene ribadito che “il rischio è che per le gare delle grandi opere del PNRR il 2022 risulti, alla fine, un anno perso”.

Le cause del fermo sono da ricercare nell’aumento dei prezzi e nella rivisitazione dei bandi di gara da parte delle varie stazioni appaltanti, nonché nella interpretazione e nella attuazione dei provvedimenti inseriti nel Decreto Legge Aiuti che contiene un apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la utilizzazione di 7,5 miliardi di euro; in questo DPCM le procedure invocate sembrano molto articolate e complesse.

Io, però, apprezzo questo grande ed immediato intervento dello Stato nel recuperare le risorse per rendere possibile una revisione sostanziale delle gare ma vorrei ricordare che fino a pochi giorni fa nessuno aveva mai parlato del 2022 come un anno fermo, anzi in più occasioni tutti abbiamo potuto apprendere che erano state effettuate le gare per oltre il 90% ed assegnati i lavori per oltre l’80% e che quanto prima si sarebbero aperti i cantieri. Invece oggi apprendiamo che non è così e che, invece, è vera la serie di informazioni che sistematicamente abbiamo avuto modo di fornire e che spesso sono state interpretate come “terrorismo mediatico”.

Ritengo opportuno precisare che dichiarazioni ottimistiche non sono state fornite solo dal Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini ma anche dalla Ministra del Sud e per la coesione territoriale Mara Carfagna e, in alcuni casi, anche da grandi Aziende cui compete la realizzazione delle opere. Invece scopriamo, o meglio vengono confermati i nostri convincimenti che, escluso le opere già partite, sono partiti solo i “comunicati”.

Ora, siccome questa imperdonabile ed inammissibile stasi non è solo oggetto di verifica solo da parte dei Dicasteri cui compete il controllo dell’avanzamento della spesa del PNRR ed in particolare della Ragioneria Generale dello Stato, ma anche e soprattutto da parte delle competenti strutture della Unione Europea, nascono spontanei una serie di preoccupazioni:

  • Che il nostro Paese sia diventato negli ultimi otto anni incapace nell’attivare la spesa, nell’avviare concretamente le opere; una preoccupazione d’altra parte supportata da un dato davvero sconcertante: su 54 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 si sono spesi solo 4,4 miliardi di euro
  • Che il nostro Paese si senta soddisfatto solo della fase propedeutica che caratterizza i Piani comunitari, cioè si senta soddisfatto solo nell’apprendere che il PNRR garantirà determinate risorse e ritiene che la componente realizzativa non sia determinante per affermare la validità dell’operato di un Governo
  • Che sia più interessante effettuare le riforme, redigere i programmi, reimpostare e rivedere i progetti, cioè che sia più pagante raccontare e preannunciare ciò che si farà o che si intende fare, dimenticando che in questo modo il valore degli stanziamenti assegnati si ridimensiona. A tale proposito ricordo che quando la inflazione era bassa, cioè 2%-3%, non era grave il mancato avvio della spesa oggi con la inflazione al 9% si rischia di dover avviare solo una parte delle opere programmate
  • Che l’assenza di una unica governance più volte invocata dalla Unione Europea, ripeto più volte invocata dalla Unione Europea, renda quasi impossibile una lettura immediata sia della stasi nell’avanzamento delle opere e della spesa, sia delle cause che generano tale stasi. Oggi se effettuiamo una analisi delle governance del PNRR scopriamo che queste superano, addirittura, le 9 unità a livello centrale e a livello locale il numero cresce ancora di più.

Queste preoccupazioni non albergano più all’interno del Paese, non albergano solo all’interno della nostra Presidenza del Consiglio che più volte e in più occasioni ha ribadito che era rischioso “annunciare”, era rischioso “assicurare” avanzamenti, era rischioso fornire avanzamenti effettuati o di prossimo avvio quando nei fatti tutto era all’interno solo delle buone intenzioni.

Da parte mia, come penso da parte di tutti coloro a cui sta a cuore la concreta attuazione del PNRR, l’unico indicatore vero dell’operato di una squadra di Governo è essenzialmente la capacità della spesa, la capacità di trasformare una intuizione programmatica in intuizione progettuale e poi in opera, il resto è solo un gratuito impegno a dimostrare i propri obiettivi senza però attuarli.

Ebbene, questa triste esperienza del “non fare” che ha caratterizzato l’attuale Legislatura – una caratteristica ampiamente voluta e supportata dal Movimento 5 Stelle – diventerà il riferimento chiave per chi in questa campagna elettorale intenda prospettare possibili “programmi”. La base elettorale non accetterà la elencazione di programmi, la reinvenzione di riforme, non accetterà l’impegno su percentuali di risorse per il Sud. Nessuno può accettare impegni a “fare” da chi in otto anni non è stato capace di spendere o di attivare alla spesa un volano di risorse certe pari ad oltre 99 miliardi di euro (28 miliardi del Bilancio ordinario, 50 miliardi del Fondo di Coesione e Sviluppo, 11 miliardi del PNNR e del PNC).

Quindi penso ci si aspetti, da tutti coloro che intendano dare vita ad una campagna elettorale corretta, solo due distinti atti:

  1. Una chiara ammissione, specialmente di chi ha ricoperto ruoli determinanti nella gestione della cosa pubblica, della triste esperienza e della grave responsabilità che non può essere addebitata al passato o agli eventi esogeni come la guerra, la pandemia, ecc.
  2. Un misurabile impegno nel dare vita a condizioni capaci sia di annullare, davvero, tutti i vincoli alla spesa, sia di garantire da un lato risorse certe in conto capitale attraverso una percentuale fissa del PIL per la infrastrutturazione del Paese ed un coinvolgimento trasparente, attraverso lo strumento del Partenariato Pubblico Privato, del mondo privato.

Non saranno sufficienti elenchi di opere, gli elenchi li abbiamo dal 2001 con la Legge Obiettivo e sono rimasti tali anche con il PNRR; non saranno sufficienti elenchi di riforme perché le riforme sono ormai tutte identificate, sono invece necessari i Decreti attuativi; non saranno sufficienti le varie voci di spesa presenti in tutti i Fondi nazionali e comunitari; ormai la base elettorale vuole sapere come, dopo una stasi così lunga nel comparto delle costruzioni, si possa far ripartire la macchina e sono sicuro che soluzioni temporanee anche se interessanti come il Bonus del 110% nel comparto della edilizia non possano fornire adeguate assicurazioni.

I miei sono consigli inutili perché i vari schieramenti in campagna elettorale credono ancora che l’assunzione di nuovi impegni, l’assicurazione di dare attuazione alle aspettative della base elettorale, siano ancora paganti; purtroppo, non è più così, il virus iniettato nel nostro sistema politico e nella gestione della cosa pubblica dal Movimento 5 Stelle ha azzerato integralmente la credibilità nei confronti di chi è preposto ad attivare macchina dello Stato.


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