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Il Pnrr è stato solo un assaggio per farci capire la urgenza e la essenzialità delle riforme, per farci capire che attuare gli impegni programmatici in un arco temporale preciso è una delle condizioni chiave per costruire la crescita e lo sviluppo, per farci capire che si può accedere alle risorse solo se si rispetta un preciso cronoprogramma, per farci capire quanto sia distante l’assetto socio economico del Mezzogiorno rispetto a quello del resto del Paese, per farci capire che, nel comparto delle infrastrutture, la capacità della spesa rappresenta il riferimento portante.

Tutto questo lo abbiamo capito, forse abbiamo impiegato molto tempo per capirlo, quasi due anni e mezzo, ma finalmente lo abbiamo capito. Un primo indicatore chiave della nostra incapacità ad attivare la spesa è emerso in modo chiaro redigendo la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF): secondo i piani originari l’Italia avrebbe dovuto attivare una spesa, entro la fine del 2022, pari a 41,4 miliardi in interventi del Pnrr; già nel Documento di Economia e Finanza di aprile questa previsione era scesa ad un valore pari a 33,7 miliardi di euro e nell’attuale NADEF il valore scende a 20,9 miliardi di euro.

Ma l’abbattimento della previsione iniziale si è concentrata in modo particolare nel comparto delle infrastrutture come d’altra parte ribadito dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco in questa sua chiara dichiarazione: “il ritardato avvio di alcuni progetti e l’impennata dei costi delle opere pubbliche ed i tempi di adattamento alle procedure innovative del Pnrr hanno rallentato la macchina rispetto agli ambiziosi obiettivi iniziali”. In realtà secondo quanto detto dal Ministro Franco una delle cause principali del mancato rispetto di una soglia finanziaria prevista è da addebitarsi al caro materiali.

Senza dubbio la esplosione dei prezzi è una delle cause significative ma io vorrei ricordare che se non ci fossero state le spese relative ad opere già realizzate o in corso sin dal 2020 e relative ad opere della Legge Obiettivo (del lontano 2001), insisto se non ci fosse stata questa possibilità prevista dalla Unione Europea, noi avremmo in realtà speso non il 50% di quanto previsto ma appena il 20%. Molti diranno ma il fatto che la Unione Europea abbia già erogato due tranche di quanto previsto dal Pnrr testimonia un vero successo per il nostro Paese; su questa corretta osservazione però voglio precisare che esiste una chiara indipendenza tra l’avanzamento del Pnrr e l’autorizzazione al pagamento delle tranche finanziarie; infatti nella prima fase di attuazione del Piano la Unione Europea è molto attenta sulla definizione delle riforme, sulle norme e sull’avvio dei bandi, ecc.

Ma questa indipendenza, dopo ormai oltre due anni, può ritenersi conclusa e d’ora in poi, almeno per il comparto delle infrastrutture, la Unione Europea verificherà in modo dettagliato e capillare l’avanzamento delle infrastrutture e, in tale approccio, ricorrerà alla procedura della WBS (Work Breakdown Structure), si tratta di una metodologia utile a strutturare e definire chiaramente tutte le attività di un progetto e soprattutto analizza in tutte le varie fasi programmate l’avanzamento di un intervento ed in tal modo è possibile leggere in anticipo le criticità e le sofferenze che incrinano una evoluzione positiva degli Stati Avanzamento Lavori (SAL).

Alla procedura della WBS la Unione Europea aggiungerà anche quella della verifica dei progetti tutti ormai supportati dalla metodologia BIM (Building Information Modeling); si tratta di un processo che utilizza un modello contenente tutte le informazioni che riguardano l’intero ciclo di vita di un’opera, dal progetto alla costruzione, fino alla sua collaudazione. Con il BIM è possibile creare un modello informativo che contiene dati su geometria, materiali, struttura portante, caratteristiche termiche e prestazioni energetiche, impianti, costi, sicurezza, manutenzione, ciclo di vita, demolizione, dismissione. Alla base del BIM ci sono: la collaborazione tra le diverse figure interessate nelle diverse fasi del ciclo di vita di una struttura, la condivisione digitale dei dati e l’interoperabilità degli stessi. Siamo, in realtà, di fronte ad una vera rivoluzione concettuale delle nostre abitudini generazionali relative a ciò che finora abbiamo chiamato programmazione, pianificazione e progettazione.

Quindi fra pochi mesi, ancor prima del tagliando previsto sul Pnrr nel 2024, la Unione Europea, attraverso queste due procedure, attraverso questi due strumenti, sarà in grado di conoscere, in modo dettagliato, non solo il reale stato di avanzamento delle varie opere inserite nel Pnrr ma anche la possibilità o meno che le stesse possano rispettare la scadenza del 31 dicembre del 2022. Diventa così, a mio avviso, urgente richiedere subito una simile verifica anche perché, come è emerso dall’articolo 31 del Decreto Legge Aiuti Ter, il Pnrr si sta già intaccando finanziariamente per consentire un adeguato supporto alla crescita degli importi di alcuni interventi causata dall’aumento dei prezzi delle materie prime.

Purtroppo la Unione Europea farà presente che, in modo particolare nel comparto delle infrastrutture, la fase procedurale relativa alla approvazione non dei progetti esecutivi, non dei progetti una volta definiti di massima, ma dei progetti di fattibilità è stata non solo lenta ma completamente antitetica ad un programma, quello del Pnrr, che poneva a base di tutto la capacità di rispettare le vaie cadenze temporali e, soprattutto, aprire in tempi certi i cantieri. E sicuramente la Unione Europea si meraviglierà dello stato di avanzamento delle procedure di approvazione dei progetti e dell’avanzamento concreto degli affidamenti dopo aver appreso in modo quasi sistematico dal Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Giovannini una apertura immediata dei cantieri e un attivazione di risorse entro il 2023 di 120 miliardi di euro. Queste previsioni e questi annunci purtroppo peseranno molto sulla credibilità del nostro Paese e certamente, effettuando il tagliando e prospettando in quella sede le possibili rivisitazioni, la Unione Europea chiederà di interagire solo con il Ministero dell’Economia e delle Finanze perché grazie anche al cervellone del REGIS nessuno, in modo particolare nessun altro Ministro, potrà raccontare avanzamenti teorici e privi di ogni legittimità.

RIFORME E INFRASTRUTTURE, IL PNRR È SOLO UN ASSAGGIO

Concludo precisando che per il nuovo Governo il Pnrr, come dicevo all’inizio, sarà solo un assaggio, sarà una grande occasione per attivare riforme ed una forte carica a modificare le abitudini a “non fare” cresciute in modo patologico, sempre per il comparto delle infrastrutture, dal 2015 al 2021. In passate mie note ho anche ricordato come, fermo restando la validità del processo delle riforme, sarà bene apportare sostanziali modifiche al Pnrr preferendo il supporto di opere che non potranno attuarsi entro il 31 dicembre del 2026 con risorse inserite nel bilancio ordinario dello Stato e reinserendo nel Pnrr opere viarie ed interventi più massicci nelle aree metropolitane e nei nodi logistici.

Quindi un cambiamento sostanziale ormai da prendere subito e non effettuare modifiche minori per poi fra un anno accorgersi che purtroppo sarebbe stato bene effettuare rivisitazioni forti e complete. È una sconfitta ammettere di aver sottovalutato il fattore tempo? Forse sì ma riconoscere subito questa sottovalutazione penso sia già un segno di maturità, un segno di volontà a rivedere l’approccio. Invece continuare a raccontare che stiamo rispettando il previsto cronoprogramma, che si apriranno tutti i cantieri e che la collaudazione delle opere avverrà nel rispetto dei tempi, cioè continuare a raccontare quello che dalla ex Ministra De Micheli all’attuale Ministro Giovannini ci hanno detto sistematicamente, sarebbe davvero un atto irresponsabile.

Sono convinto che d’ora in poi simili comportamenti non sono più possibili perché non solo sarebbe pura arroganza mediatica ma comporterebbe forse anche un blocco nella erogazione delle tranche finanziarie del Pnrr.


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