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La situazione internazionale impone di riformare il sistema portuale per garantire una crescita al Sud e quindi al Paese

Partiamo da una notizia che onestamente ha creato lo sconcerto in tutti coloro che seguono l’evoluzione o la involuzione delle attività logistiche su scala mondiale: «Secondo i dati del World Container Index di Drewry le tariffe di trasporto medie per un contenitore da 40 piedi a settembre del 2021 avevano toccato quota 10.377 dollari, oggi dopo molte settimane i prezzi sono scesi del 61% a 4.014 dollari. Entrando nello specifico, le tariffe medie sulla rotta da Shanghai a Genova sono crollate del 62% raggiungendo un valore pari a 5.216 dollari».

Secondo Jonathan Roach, analista di una primaria società di consulenza dell’industria marittima: «I prezzi di trasporto dei container si stanno ridimensionando dopo che gli effetti della pandemia li avevano spinti su livelli massimi. Sono diversi i fattori in gioco, ma il principale è rappresentato dall’economia globale che attraversa una fase di incertezza e rallentamento». È finito il periodo ricco di saturazioni nei porti, finiti i tempi in cui molte realtà produttive si erano orientate a noleggiare navi per trasportare, da sole, la loro merce.

LE OSCILLAZIONI DEL MERCATO NEGLI ULTIMI ANNI

A tale proposito Hannes Baumgartner, amministratore delegato dell’azienda di trasporti e logistica di Bolzano, precisa che l’azienda da lui diretta, la Fercam, anche durante la pandemia aveva continuato a movimentare rilevanti quantità di merce, mentre le scorte erano state ridotte al punto da non riuscire più a soddisfare la domanda. Successivamente il mercato è tornato ad aumentare gli ordini ma gli utenti finali dal 2022 hanno iniziato a ridurre i consumi. Così gli ultimi dati ci dicono che sono stati cancellati ultimamente 61 viaggi di navi portacontainer dall’Asia verso gli Stati Uniti. Insomma: dopo il lockdown non si riusciva a soddisfare la domanda, ora i magazzini delle grandi catene sono pieni di merci non vendute.

Ho voluto soffermarmi su questo fenomeno che coinvolge l’intero sistema planetario per far presente due distinti elementi:

1) Come ho detto più volte, i fenomeni logistici sono simili ai fenomeni tellurici: una scossa sismica in un determinato punto geografico causa danni rilevanti in zone molto più lontane.
2) L’imprevedibilità dei mercati e la stretta correlazione tra accumulo della produzione, distribuzione della stessa e forza degli indicatori legati ai consumi.

IL RUOLO DEL MEDITERRANEO, IL SISTEMA PORTUALE E IL SUD

In questo complesso sistema viene spontaneo chiedersi quale ruolo svolga il bacino del Mediterraneo e quali possano essere le ricadute nei nostri impianti portuali. Già in altre mie note ho ricordato che ormai da molti anni il numero dei container di tutti i nostri porti non supera la soglia di 10 milioni di unità. In soli otto anni tre porti – Algeciras, Valencia e Pireo – hanno raggiunto un valore globale di 15 milioni di container e continuano a crescere, incrinando anno dopo anno quanto offerto dalle portualità italiane.

Ma questa chiara e inequivocabile stasi della nostra offerta portuale, legata alla sola capacità di quattro porti – Gioia Tauro, Livorno, Genova e Trieste – rischia, anno dopo anno, di ridimensionarsi e restare ferma a soglie di movimentazione stabili. Infatti non compaiono proposte organiche avanzate da alcune realtà congeniali alle attività di transhipment come quelle di Cagliari, Augusta e Taranto.

LE PROSPETTIVE FUTURE

Quindi un sistema mondiale in crisi, un sistema mondiale che sta ridisegnando integralmente i riferimenti portuali della logistica mondiale, un sistema che col tempo sceglierà forse solo uno tra gli hub italiani presenti nel bacino del Mediterraneo, e sicuramente le scelte ricadranno sugli hub di Gioia Tauro, Genova e Trieste.

Questa è ormai una tendenza obbligata, di fronte alla quale è inutile aggiungere altre realtà portuali perché sarebbe solo privo di motivazione dare vita ad hub che, al massimo, cadrebbero in una falsa concorrenzialità; una concorrenzialità tra realtà portuali che movimenterebbero un numero sempre più limitato di container. Ma di fronte a simili fasi critiche della nostra offerta portuale il prossimo governo dovrà avviare con la massima urgenza un misurabile processo riformatore, un processo capace di affrontare e risolvere una serie di aree tematiche che da molti anni, volutamente, non sono state né affrontate né considerate come riferimento chiave della crescita della nostra economia, aree tematiche che, se affrontate in modo organico, dovrebbero dare vita alle seguenti proposte:

LE PROPOSTE-CHIAVE PER RIFORMARE IL SISTEMA PORTUALE E FAR CRESCERE IL SUD

1) La costituzione di sei Società per azioni dei seguenti, fra loro interagenti, impianti portuali:

  • Porto di Savona, Genova, La Spezia e Livorno.
  • Porto di Civitavecchia, Napoli, Salerno, Gioia Tauro e Reggio Calabria.
  • Porto di Messina, Catania, Augusta, Gela e Palermo.
  • Porto di Bari, Brindisi e Taranto.
  • Porto di Ravenna, Venezia e Trieste.

2) I proventi da Iva generati dalla movimentazione nei singoli impianti portuali per il 50% sarà trasferita sia nei porti di cui al punto 1 che in tutti gli altri porti e servirà sia a potenziare che a manutenere i singoli impianti.

3) Le società di cui al punto 1 disporranno anche di partecipazioni in realtà intermodali strettamente interagenti con determinati impianti portuali.

4) Sempre negli impianti portuali di cui al punto 1 saranno contemplate azioni delle Ferrovie dello Stato, dell’Enel, dell’Eni e di altri gruppi imprenditoriali.

5) Alcune delle cinque società potranno unirsi fra loro.

Sono sicuro che di fronte a simili proposte si solleveranno in modo critico i gestori dei singoli porti perché non vorranno perdere l’attuale autonomia di riferimento prettamente istituzionale, ma con una simile proposta acquisterebbero una autonomia finanziaria che oggi non hanno: con l’attuale impostazione di “autorità di sistema portuale” rimangono solo burocrati privi di ogni capacità manageriale.

SISTEMA PORTUALE E SUD: UNA SOCIETÀ UNICA PER I PORTI

Dei cinque punti elencati, uno riveste una particolare possibilità, cioè quella che le Società con all’interno i porti del Sud potrebbero unirsi fra loro. A mio avviso una Società per azioni che raggruppasse le realtà portuali del Sud e desse vita al sopra richiamato Fondo Rotativo, di competenza sempre di questa macro società, potrebbe, solo con i proventi dell’Iva, supportare quelle iniziative da anni presenti nei Piani strategici del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili e rimasti solo ipotesi progettuali.

Molti riterranno queste proposte pure utopie, pure e inutili elucubrazioni mentali, ma quello che fa paura è che, pur in presenza di cambiamenti, pur in presenza di involuzioni ed evoluzioni inimmaginabili, si preferisca non pensare, si preferisca inseguire la piena stasi. Immaginate per un attimo quale sarebbe lo smacco per l’intellighenzia di sinistra se il prossimo governo di centrodestra riuscisse ad apprezzare e ad attuare simili scelte strategiche.


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