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Il triste primato negativo dell’Italia dello spreco del talento femminile se risolto metterebbe le ali all’economia

Perché le ragazze sono più brave dei ragazzi a scuola e meno ‘brave’ nel lavoro? Meno ‘brave’ nel senso che entrano in minor numero nel mercato del lavoro e, una volta entrate, guadagnano meno dei maschi.

Prima facie, questa situazione indica che c’è un grande spreco di talenti. Uno spreco che, se corretto, farebbe molto per metter fiato nelle vele dell’economia italiana e colmare il divario di crescita con il resto dell’Eurozona: un divario che ha cominciato a colmarsi da due anni a questa parte, ma che ha bisogno di essere ulteriormente ristretto se l’Italia deve conoscere una nuova stagione di espansione.

Un recentissimo studio della Banca d’Italia («Women, labour markets and economic growth», di F. Carta, M. De Philippis, L. Rizzica and E. Viviano – Banca d’Italia, 2023) ha meritoriamente ripreso il tema dell’occupazione femminile e si china sulle risposte alla domanda appena posta. Lo studio ha due dimensioni territoriali: una esterna – l’Italia rispetto agli altri Paesi – e una interna – il Centro-Nord rispetto al Mezzogiorno.

Per quanto riguarda la dimensione esterna, è ampiamente noto come da noi il tasso di partecipazione (occupati+disoccupati in percentuale della popolazione in età di lavoro) delle donne sia molto più basso rispetto agli altri Paesi; e così dicasi del tasso di occupazione (occupati in percentuale della popolazione in età di lavoro). Ma bisogna reiterare l’entità di questa minorità: al 2022 l’Italia era il Paese dell’Eurozona con il più basso tasso di partecipazione delle donne (sul 56%), ancor più basso di quello di Romania e Grecia, i due Paesi che la seguono in questa poco onorevole classifica; e sideralmente distante dall’80% circa dei due Paesi sul podio (Olanda e Svezia).

Certamente, questo tasso, così come il tasso di occupazione, è andato crescendo nel tempo, in Italia e negli altri Paesi. Ma è triste constatare come la Spagna, che nel 1990 aveva un tasso di occupazione femminile ben inferiore a quello italiano, oggi ne sta di circa 8 punti al di sopra.

Ma torniamo alla domanda di cui sopra. Una domanda che si può biforcare: primo, perché le ragazze ottengono, in media, migliori voti a scuola rispetto ai maschi? La risposta non sta nelle qualità intellettive, che sono all’incirca eguali nei due sessi, pur con qualche differenza per dominî specifici. La differenza sta nel fatto che le ragazze si applicano di più, sono meno distratte dallo sport e da altre attività ludico-motorie, e meno competitive nei rapporti sociali. La seconda parte della domanda chiede una spiegazione al perché, una volta immesse nel mercato del lavoro, le ragazze abbiano esiti inferiori ai maschi.

Qui la risposta sta essenzialmente nelle politiche sociali, quelle politiche che dovrebbero compensare il fatto che sono le donne a fare figli e quindi a subire gli oneri (ci sono anche gli onori, ma questo è un altro discorso) della maternità. Scontato che qui la differenza esterna (Italia verso altri Paesi) si conferma per quel che riguarda la provvista di asili-nido per le giovani madri, c’è anche un’altra differenza – interna – fra Nord e Sud d’Italia (vedi il grafico in fondo).
Il primo grafico, ripreso dallo studio della Banca d’Italia, mostra i dati aggiornati sul tasso di copertura degli asili-nido nelle quattro ripartizioni geografiche (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Mezzogiorno).

Su questo giornale abbiamo già dato contezza in passato di questa disparità, ma vale la pena ribadirla. Magari, ci sarà chi obietta che il basso tasso di occupazione femminile al Sud può dipendere da fattori diversi dalla disponibilità di asili-nido. Tuttavia, una seconda immagine stabilisce una correlazione fra le due variabili: il tasso di copertura di asili-nido, come definito nel grafico, è chiaramente correlato all’offerta di lavoro femminile (madri fra i 25 e i 39 anni, con prole di età fino a 3 anni).


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