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Il presidente Conte e il ministro Provenzano

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NON vogliono limiti sulle ordinanze. E vogliono dettare anche loro le regole. Allentando le maglie o stringendole, lasciando aperti i locali o chiudendoli, decidendo quando, a che ora, in che modo e dove. E i Dpcm del presidente del Consiglio? Sì, ma solo se decidono anche loro. Lo scenario non è cambiato. Governo e regioni si preparano allo scontro. Con o senza lockdown. Ci risiamo.

STATO DI EMERGENZA PROROGATO

Nel primo video-incontro tra presidenti delle Regioni, ministro alla Salute Roberto Speranza e ministro agli Affari regionali Francesco Boccia, si doveva trovare la quadra. Prendere atto dello slittamento dello stato di emergenza al 31 gennaio 2021 e dell’obbligo di indossare le mascherine, accettato grosso modo da tutti. Evitare il clima di scontro della primavera scorsa, un conflitto che si è tradotto in forme di ammutinamento e ha generato il caos. Un caso su tutti: l’indicazione delle zone rosse. I due ministri, in videoconferenza, hanno chiesto ai governatori di non scendere al di sotto delle disposizioni governative. «Serve un coordinamento, serve che ognuno remi nella stessa direzione», è stata la raccomandazione.

ALLENTAMENTI DA CONCORDARE

Sarà accolto l’appello? C’è chi, fra i governatori, ha trovato nella contrapposizione con il governo centrale la formula vincente, la garanzia di una sovraesposizione mediatica. Vogliono distinguersi l’uno dall’altro. Le misure di allentamento andranno concordate con il ministro della Salute. Ma è tutto da vedere se davvero andrà cosi. «Al momento non prevediamo la chiusura anticipata dei locali, ma se le Regioni vorranno inasprire qualche misura avendo elementi più chiari saranno libere di farlo», ha ribadito il concetto, a latere della Conferenza, Sandra Zampa, Pd, viceministra alla Salute. Luca Zaia, forte del plebiscito elettorale alle scorse amministrative, chiede più autonomia. «Conosciamo meglio noi cosa serve ai territori, non siamo irresponsabili», ha battuto i pugni.

AGENZIA BIOMEDICALE SFIDA ROMA-PADOVA PER LA SEDE

Il “super presidente” veneto guida la cordata degli autonomisti. Rivendica il primato della propria Regione. Rivendica la velocità con la quale vengono effettuati i tamponi. E passa all’incasso candidando Padova per la sede dell’Agenzia europea biomedicale. Una sfida dichiarata nei confronti di Nicola Zingaretti che qualche giorno fa aveva proposto Roma. Da oggi entrerà in vigore l’obbligo delle mascherine, una misura pensata per tenere alta la tensione e non abbassare la guardia. Ed ecco allora che Zaia l’abbassa: «A marzo un contagiato su tre aveva sintomi, ora il dato è enormemente inferiore. In terapia intensiva siamo passati dal 50% dei ricoverati al 7%, il virus si comporta molto diversamente da prima e non ci dà emergenza sanitaria».

Per chi non lo avesse capito si va in direzione ostinata e contraria. Se lo Stato dice A, il Veneto dice Z. Se lo Stato alza il livello di attenzione, Zaia rassicura. Prova muscolare? «Non c’è nessun atteggiamento guerrafondaio, non vogliamo fare i bulli – dice – dobbiamo discutere le competenze. Perché – aggiunge – se è giusto che la regia sia a Roma è anche vero che i malati li abbiamo noi, c’è da fare un percorso insieme». In che modo intende percorrerla è chiaro. A “casa sua” deciderà lui.«In questa fase – dice – non si possono chiudere anticipatamente i locali pubblici, dobbiamo avere parametri precisi su cui basarci nel momento in cui scattano le misure».

La replica di Boccia: «Condivido le sue parole quando dice che le Regioni conoscono i territori meglio e ho sempre difeso la sanità gestita dalle Regioni. Detto questo, senza la profilassi internazionale, senza le linee guida dello Stato e senza i muscoli dello Stato le Regioni sarebbero più deboli, questo lo sanno tutti ». E ancora Boccia, al termine del vertice, prende tempo: «Avremo una settimana di tempo e nuovi incontri per sciogliere i nodi fondamentali, ci sarà una cabina di regia permanente». Così, mentre a Bruxelles si sta studiando un metodo comune europeo per riuscire a localizzare i viaggiatori e una mappa di riferimento a colori per classificare le regioni in base alla diffusione del Covid 19, da noi ci si prepara a litigare per chi dovrà decidere l’orario di chiusura dei ristoranti e dei bar. Una disputa che va avanti a colpi di ordinanze per non cedere neanche un millimetro di potere, un timbro, un tratto di lapis, un “visto si approvi”.

IL SUD NON SCARICA IMMUNI, PROVENZANO: NO AL DIVARIO

Che la salute sia un diritto è scritto nero su bianco sulla nostra Carta costituzionale. Che questo diritto non sia garantito allo stesso modo a tutti i cittadini non è scritto da nessuna parte, ma è di tutta evidenza. Prendiamo “Immuni”, la App che dovrebbe consentire il tracciamento dei contagi scaricabile sul telefonino. Finora l’hanno fatto poco più di sette milioni di italiani. Diffidenza per il timore (infondato) che invada la nostra privacy, difficoltà nel download per gli smartphone di vecchia generazione, debolezze di un sistema che nel momento in cui ti segnala di essere entrato in contatto con un positivo e innesca dunque alto potenziale ansiogeno, non ti dice qual è la via più breve per effettuare un tampone. Limiti oggettivi che ne hanno in qualche modo ostacolato la diffusione, cosa per altro avvenuta, a dire il vero, anche in altri Paesi europei, a parte rare eccezioni.

Ebbene, è di ieri la denuncia del ministro per la Coesione territoriale e il Sud, Beppe Provenzano: «Evitiamo il divario tra le regioni». Frase che fa da didascalia a una cartina con le percentuali degli utenti della App divisi per regioni. In coda – neanche a dirlo – ci sono tutte le regioni del Mezzogiorno, con l’unica eccezione, per il Centrosud, dell’Abruzzo. «Scaricarla è un piccolo gesto di responsabilità verso noi stessi – ha osservato Provenzano – ma questa cartina segna un divario che non possiamo davvero permetterci». In base ai dati, aggiornati al 30 settembre, la classifica è questa: Sicilia 7,8%; Calabria 8,2%; Campania 8,8%; Molise 10,4%; Puglia 10,5%; Basilicata 10,9%; Val d’Aosta 11%; Friuli Venezia Giulia 11,5%: Piemonte 11,/%; Provincia autonoma di Bolzano 12,2%; Veneto 12,4%; Provincia autonoma di Trento e Lombardia 13,6%; Liguria 14%: Marche; 14,7%; Lazio e Umbria 14,9%; Sardegna 15,1%;Emilia-Romagna 15,5%; Toscana 15,7% e Abruzzo 15,9%.

IL VERTICE DI OGGI

Un passaggio importante sarà oggi la Conferenza Stato-Regioni in sessione europea convocata dal ministro Boccia con al centro l’emergenza Covid 19. Il tema più caldo saranno, appunto, le linee guida da seguire per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative e le valutazioni sulla strategia da adottare per la prevenzione. Siamo nel raggio d’azione dei presidenti di regione che difficilmente molleranno la presa sulle rispettive prerogative. Si discuterà anche la proposta di accordo sulla manovra di bilancio 2021-2023. In ballo c’è la divisione di una torta che si è fatta sempre più piccola.


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