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Il presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte

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E’ IL GIORNO delle dimissioni di Giuseppe Conte finisce con una proposta di un governo di salvezza nazionale. Prima però il premier convoca il consiglio dei ministri, guarda negli occhi tutti i membri dell’esecutivo, e si lascia andare con un frase che suona così: «Possiamo avere commesso degli errori, altri li valuteranno, ma possiamo dire di avere agito sempre in coscienza. Avremmo potuto fare altro, certo, ognuno di noi ha dei limiti, ma non ci siamo risparmiati».

Finisce così il Conte-2, l’esecutivo che è nato all’indomani dell’harakiri di Matteo Salvini, il governo che ha avvicinato i cinque stelle e i democratici rendendoli di fatto un’unica cosa negli equilibri futuri della coalizione. Ed è in quegli attimi, mentre l’avvocato del popolo lascia Palazzo Chigi per recarsi al Quirinale a rassegnare le dimissioni, che al Senato qualcosa inizia a muoversi. Il destino di questo “signor Nessuno” di Volturara Appula, che potrebbe forse uguagliare Mariano Rumor, Giulio Andreotti e Amintore Fanfani, è appeso a una quarta gamba centrista che ancora non riesce a formarsi.

Gli eredi della Balena Bianca pascolano nel Salone Garibaldi del Senato. I tre senatori dell’Udc restano gli indiziati speciali del potenziale nuovo gruppo che potrebbe far rinascere Giuseppe Conte. Paola Binetti e Antonio De Poli parlottano in sala lettura. I due udiccini si confrontano su quale potrebbe essere la via di uscita. Eppure, De Poli, vicentino di origine, non può permettersi di rompere. Per due ragioni: è questore a Palazzo Madama in quota opposizione. E poi avrebbe un accordo di massima per un collegio in Veneto con il centrodestra. Ne consegue che solo Antonio Saccone e la teocon Binetti avrebbero accarezzato l’idea un patto di legislatura sul modello dell’esperienza europea che ha portato all’elezione di Ursula Von Der Leyen.

Per tutto il giorno Binetti staziona al Senato, dichiara, modera, fa un passo in avanti e uno indietro. Fin quando al cronista ammette: «Ci vorrebbe adesso un governo giallo bianco. D’altro canto abbiamo avuto il gialloverde, poi il giallorosso…». E ora? E ora chissà. Si attende. Pochi secondi e ancora Binetti preconizza uno scenario che vedrebbe Forza Italia tendere la mano all’avvocato del popolo o a chi riceverà l’incarico dopo il giro di consultazioni: «Nel 2018 fu Berlusconi a consentire a Salvini di allearsi con il M5S. Perché ora il leader della Lega non fa lo stesso con il Cavaliere?». Domanda a cui nessuno osa rispondere.

All’interno di Forza Italia il sentiment è sempre lo stesso: «Non ci muoviamo». Girano un sacco di nomi di papabili “costruttori” di rito berlusconiano: Sandro Biasotti, Luigi Vitali, Anna Carmela Minuto. A un certo punto della giornata impazza un dispaccio che recita così: «Verso gruppo di costruttori al Senato». Ma quanti sono? E chi sono? Alla fine ne mettono insieme dieci. La trattativa è complicata. Paolo Romani, ex dirigente storico di Forza Italia, giura che non è della partita. «Vediamo cosa succede». Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto, ammette prima di entrare alla buvette: «È questione di ore». Sono scoccate da poco le 14 e alle buvette il renziano Eugenio Comencini confida a un collega: «Non lascerò Italia viva». Carlo Martelli, ex grillino, oggi al Misto, esclude categoricamente il suo ingresso in un eventuale gruppo centrista: «Non è cambiato nulla, il mio era no e resta un no».

Un’altra voce, quella di Gregorio De Falco, è possibilista: «È tutta in divenire la costituzione di un nuovo gruppo che faccia da quarta gamba al governo e che potrebbe andare alle consultazioni al Quirinale». Ai microfoni di Un giorno da Pecora l’ex comandante si sbottona: «Si sta verificando la coerenza politica di un gruppo attorno al Maie e al centro democratico di Tabacci che avrebbe una rappresentanza in Senato. Siamo circa una decina, il numero che serve per costituire il gruppo». Eppure le ore passano e non si scorge la luce.

Nel frattempo Conte incontra la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, poi il presidente della Camera, Roberto Fico. Con quest’ultimo il confronto si protrae per oltre 90 minuti. Si susseguono riunioni su riunioni. Il centrodestra convoca un vertice subito pranzo. Ufficialmente la coalizione resta compatta e fa sapere che parteciperà alle consultazioni con una delegazione unitaria. «Occhio alle mosse di Forza Italia» mormorano al Senato. Berlusconi romperà con il centrodestra per appoggiare un esecutivo sul modello Ursula? Antonio Tajani nega qualsiasi appoggio a esecutivi con grillini e democrat: «Abbiamo detto che se tutti i migliori si mettono assieme per affrontare l’emergenza si può’ dare vita a un governo di unità nazionale stabile e serio, altrimenti lo strumento è il voto».

Nel frattempo le trattative continuano a oltranza. Il Pd convoca la direzione per oggi alle 14. Renzi rientra in maggioranza? Chissà. E l’Udc? A tarda sera Saccone e Binetti sarebbero dati in uscita. Direzione: sostegno al Conte-ter. Si vedrà.


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