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Mariastella Gelmini

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La polpetta avvelenata del federalismo differenziato è servita. A metterla in tavola sarà la ministra agli affari regionali Mariastella Gelmini tenendo fede all’impegno che aveva preso con i governatori del Nord. E sarà l’ennesimo tentativo di stravolgere la Costituzione. Il disegno di legge che definisce le procedure di attuazione dell’autonomia è già pronto.

La novità è che oltre a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna si sono aggiunte Piemonte e Toscana. Ognuna in modo diverso avrà per modello le regioni a statuto speciale. Ma procediamo con ordine.

Della riapertura del dossier avevamo parlato anche altre volte su questo giornale. Ora però siamo entrati nella fase viva. La Gelmini sta ricevendo in questi giorni le delegazioni dei partiti. Non vuole sorprese, teme che strada facendo la nuova legge-quadro si incagli.

Il nuovo testo sui compone di 5 articoli. , il primo definisce i principi generali, e dunque il riconoscimento di “particolari forme di autonomia ai sensi dell’art.116 e le modalità di intesa tra le regioni e lo Stato.Ma il più importante, o meglio quello destinato a scardina il principio cardine della Carta è l’articolo 4. Prevede che le risorse finanziarie necessarie all’esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite “siano determinate nell’intesa dall’ammontare della spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali della regione interessata per l’erogazione dei servizi pubblici oggetto di devoluzione”.

Ma il bello viene dopo, quando si dice che le regioni differenziate “ricevendo esattamente la quota corrispondente alla spesa storica saranno incentivate ad efficientare l’esercizio delle funzioni trasferite al fine di trattenere le risorse risparmiate”. Era quello che chiedevano Zaia e Fontana, non partecipare al processo perequativo in nome di una vera o presunta efficienza (tutta da dimostrare) delle loro regioni che per anni hanno ricevuto più risorse di quante ne avrebbero dovute ricevere (come ha dimostrato questo giornale, cifre alla mano).

L’intesa prevede dunque che le risorse necessarie a finanziare le funzioni trasferite siano tratte da tributi propri della regione o da compartecipazione al gettito di tributi maturati nel territorio regionale – si fa l’esempio dell’Iva – con possibilità di riconoscere una compartecipazione fissa o una riserva di aliquota. Condizione necessaria per il trasferimento delle funzioni richieste e delle risorse corrispondenti resta la definizione dei Lep, ovvero dei livelli essenziali delle prestazioni in 4 materie che potrebbe essere oggetto di richiesta, sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale.

In tutte le altre le funzioni saranno direttamente trasferibili. L’articolo 4 prevede, una volta definiti i Lep, anche il superamento della spesa storica attraverso la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard. Ma solo in un secondo momento. È il sogno della propaganda autonomista che si avvera, insomma. Le idee rivedute e corrette di Miglio e Bossi. L’onda lunga di Radio Padania libera. O meglio il libro dei sogni perché il disegno di legge – che la Gelmini vorrebbe far approvare entro luglio – dovrà essere comunque approvato da una maggioranza qualificata.

Del resto non potrebbe essere diversamente, visto che va a toccare una delle corde più sensibili della nostra costituzione, l’idea di una comunità solidale. Ma anche in questo caso nelle procedure ci sono delle novità che la ministra bresciana, accompagnata dagli esperti del suo Dipartimento, ha spiegato ai rappresentanti dei partiti.

Una prospettiva che si stava già per realizzare con il governo giallo-verde e fu bloccata da una grande mobilitazione. La posta in gioco è grandissima, la disparità di trattamento tra persone, l’indebolimento dei diritti di cittadinanza e forse un domani non troppo lontano anche la differenziazione tra i salari. Resta da capire come il disegno di legge verrà accolto dai partiti.

Il partito democratico, che con l’ex ministro agli Affari regionali Francesco Boccia aveva presentato una legge quadro di tono molto diverso, una cornice entro la quale muoversi ma solo e sempre in presenza dei Lep, non sembra parlare con una voce sola. Stefano Bonaccini, presidente dell’ Emilia-Romagna, da tempo rincorre la Lega su un terreno da sempre accidentato per i democratici. Nel M5S si va in ordine sparso, anche se la sottosegretaria al Mef Laura Castelli, coinvolta dalla Gelmini, ha dato segnali di apertura.

Non si può dire lo stesso di tanti altri parlamentari 5Stelle più legati alle vicende del Mezzogiorno. La Gelmini ha fretta. E non vuole che il Parlamento possa rompere le uova nel paniere. Vanno limitati i rischi. Lo schema d’intesa verrà dunque deliberato dal Consiglio dei ministri e trasmesso al presidente del Consiglio e al ministro per gli Affari regionali – cioè a se stessa – che entro 30 giorni avvierà il negoziato con la Regione per essere sottoscritto dal governatore di turno.

Entro 10 giorni verrà poi trasmesso alle Camere per un “parere” da parte della commissione parlamentare per le questioni regionali, la cosiddetta “Bicameralina” che entro 30 giorni dovrà esprimersi. Governo e regione a questo punto, sulla base del parere dovranno redigere lo schema completo dell’accordo che verrà trasmesso in Parlamento sotto forma di disegno di legge per la mera (testuale) approvazione. Segue postilla: “Le Camere deliberano senza possibilità di approvare emendamenti”. Prendere o lasciare.


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