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È il bene comune il progetto che sta alla base del Pd? O è diventato l’interesse di alcuni gruppi che hanno come solo obiettivo la loro permanenza al potere? È questa è la domanda che molti, una volta elettori di questo partito, attualmente rimasti orfani di un desiderio, oggi si pongono.

E a seguire sono tante le domande che si fanno: per esempio se l’obiettivo di un partito nazionale sia quello di ridurre i divari esistenti tra varie aree del Paese oppure quello di privilegiare alcune realtà che sono attualmente più avanzate.

Nella risposta a queste domande ci sono molte delle ragioni dell’abbandono degli elettori nelle consultazioni recenti. Per cui le differenze esistenti con altri partiti diventano sempre meno percepibili e la fluidità dell’elettorato si rivela sempre più ampia.

LE DUE VISIONI OPPOSTE DELLA SOCIETÀ

Il modenese Stefano Bonaccini, il triestino Gianni Cuperlo, la Elly Schlein di Lugano, la piacentina Vittoria De Micheli che si contendono la segreteria hanno la consapevolezza che il passaggio fondamentale è fare capire al proprio corpo elettorale che in realtà l’obiettivo non può essere soltanto quello di gestire il potere?

Perché la sensazione netta di molti è che la raccolta del consenso nelle varie parti del Paese sia strumentale solo a posizioni personali, carriere familiari, cooptazione di fuggiaschi da altri partiti, per appropriarsi del patrimonio elettorale che questi, come un lascito familiare, gestiscono. E non è assolutamente casuale, anzi è strettamente collegato a tale visione, che a finire nell’occhio del ciclone sia il gruppo dei socialisti e dei democratici, quello dove attualmente per l’Italia siedono i parlamentari del Partito democratico, nel Quatargate che ha investito il Parlamento europeo.

Ma la vera problematica di fondo è quella che mette insieme due visioni quasi opposte, dovuta alla fusione a freddo del vecchio partito comunista con il gruppo della Margherita, che porta a una crisi che sembra irrecuperabile e che potrebbe anche portare alla realizzazione della previsione fatta da Matteo Renzi qualche anno fa, quando profetizzava il dissolvimento del partito.

Quindi ci sono sicuramente tre linee da approfondire: la prima è quella di una idea di Paese totalmente diversa tra i due gruppi, la seconda quella di un obiettivo di bene comune che sembra si sia perso, la terza è quella di porsi come problema principale il tema fondamentale dei prossimi anni dell’unità economica del Paese, che sembra per molti non sia un tema.

ASSISTENZIALISMO E LIBERISMO

Riguardo alla prima problematica bisogna comprendere se è compatibile una visione assistenzialista che sposa il “no” a tutto, dalle grandi opere alla Tav fino al ponte sullo stretto di Messina, vicina alla visione della Cgil, che vede un mercato del lavoro con protezioni che spesso lo bloccano, nel quale il dipendente diventa un partner matrimoniale dal quale è complicatissimo separarsi anche nei momenti di difficoltà dell’azienda, in una visione religiosa per cui è pienamente valida la regola “finché morte non vi separi”, con quella più liberista che privilegia le leggi del mercato, anche se con una visione che non abbandona gli ultimi.

Peraltro, la prima visione oggi ha un competitore, vincente nei sondaggi, che sono i Cinque Stelle, mentre la seconda potrebbe avere grandi competitori nel Terzo polo. Quindi gli spazi per il Partito democratico, come si sta vedendo nei sondaggi, si restringono.

Per quanto riguarda il secondo tema, l’occupazione di parecchie posizioni da parte di coloro ai quali il bene comune interessa poco diventa essenzialmente una questione morale. Più importante in un partito che si professa come il difensore degli ultimi e degli emarginati. E che ora sembra attraversato alcune volte da gruppi che si dimostrano disponibili a qualunque scorreria.

Esiste una questione morale all’interno del Partito democratico? E qual è il modo per eliminare quelle che si spera siano solamente mele marce, ma che sembrano piuttosto essere un’idea di partito dominante ed estrattivo rispetto alle risorse pubbliche?

È difficile dare una risposta a questa domanda quando l’esigenza è quella di avere, per raggiungere la segreteria, il consenso maggiore possibile ed è difficile fare quei distinguo che servono.

IL PARTITO UNICO DEL NORD ITALIA

Il terzo tema, che è particolarmente delicato, è quello di un partito nazionale che in realtà molti dicono appartenere al cosiddetto “partito unico del Nord”. Per cui Bonaccini si ritrova per un lungo periodo a difendere posizioni simili a quelle espresse da Fontana e da Zaia, che teorizzano l’esistenza di un residuo fiscale regionale, in realtà inesistente rispetto alla Costituzione vigente.

E la sua posizione non è affatto minoritaria, perché le affermazioni fatte recentemente dal torinese Fassino si collocano sulla stessa linea, mentre la difesa del proprio territorio a tutti i costi e indipendentemente dall’uguaglianza dei diritti di cittadinanza si trasforma in una battaglia che allontana una prateria di elettori del Mezzogiorno, che non ritrova affatto nelle posizioni di costoro un’idea di giustizia sociale.

Le posizioni dissonanti di Michele Emiliano e di Vincenzo De Luca, ma anche di Antonio De Caro, dimostrano un disagio accentuato nel seguire linee che vedono il Mezzogiorno come una colonia e una riserva di manodopera da utilizzare nei momenti del bisogno.

I CANDIDATI E IL MEZZOGIORNO

È per questo motivo che molti movimenti meridionalisti stanno trovando spazi importanti nell’elettorato di una parte del Paese, che non capisce perché bisogna stare uniti con chi ti ritiene “poltronaro” e assistito, che ha l’idea di un popolo di furbetti che vogliono esclusivamente un reddito di cittadinanza, dimenticando che ogni anno ben 100.000 persone sono costrette a emigrare dal Mezzogiorno per avere un’idea di futuro, con un costo per le casse regionali delle regioni meridionali che si aggira attorno ai 20 miliardi di euro dovuti al costo del loro “allevamento“ e della loro formazione.

Accreditando così sempre più l’idea dell’esigenza di partiti territoriali che si frappongano allo strapotere di una Lega che si trova ormai al governo, che difende le ragioni di una parte, senza trovare sufficiente contrasto da parte di un Pd che spesso ammicca pericolosamente.

Non sembra che questi temi e questa sensibilità riguardino i candidati presenti alla competizione per la segreteria del Partito democratico, nel quale è facile che nel prossimo futuro molti sì considerino estranei, portando a scissioni o fughe assolutamente prevedibili.

Eppure questo Paese avrebbe bisogno di un cambio di passo, di una visione unitaria, che dia diritto di cittadinanza a tutti nello stesso modo, che consenta l’utilizzo delle tante risorse anche naturali, quale quella di essere una piattaforma logistica protesa nel Mediterraneo assolutamente sottoutilizzata. Che stabilisca che esiste il diritto a un’ idea di futuro nella propria terra, non dimenticando assolutamente i grandi vantaggi della mobilità, ma sapendo perfettamente che non debba essere confusa con l’emigrazione, e che esso debba essere perseguito.


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