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È un vero e proprio cubo di Rubik, dove occorre provare le combinazioni per trovare la soluzione. Nella corsa al vaccino i pazienti oncologici che hanno incontrato la malattia nel passato e sono definiti oggi “lungo sopravviventi” sono in balìa degli eventi e delle piattaforme regionali, che continuano a mostrare molti limiti.

Per questi pazienti è del tutto assente un’informazione preventiva. Ognuno si barcamena come può. Ogni regione ha le sue procedure. Tutto inizia con il codice 048 che indica la patologia oncologica, codice il cui inserimento non è previsto per la prenotazione on line.  A questo punto può iniziare una vera e propria caccia alle informazioni. 

“È vero che la piattaforma regionale – osserva Franco Esposito, segretario generale della FISMU, la Federazione Sindacale dei Medici Uniti affiliata Cisl Medici – consente l’efficienza nelle grandi città grazie ai grandi centri vaccinali, ma spersonalizza il rapporto con il paziente, un rapporto di cui hanno bisogno particolarmente anziani e pazienti fragili. Ha firmato due giorni fa un accordo con la regione Calabria insieme alle altre Federazioni dei medici di famiglia per vaccinare allo studio medico anche gli over 70 e i fragili, come i pazienti lungo sopravviventi, aggiornando la piattaforma “cervellotica” con i dati dei pazienti.

 Un approccio pragmatico che forse potrebbe diventare domani un caso di studio. Se è vero che il vaccino rappresenta una prima volta per tutti, è anche vero che per un paziente oncologico l’appuntamento può generare maggiore ansia. Nelle attuali raccomandazioni internazionali del Cdc- Center of Disease Control and Prevention- americano, dove non si parla di popolazione oncologica, ma di “individui immunocompressi”, si afferma che questi pazienti “possono ancora ricevere la vaccinazione SARS-CoV-2 se non hanno controindicazioni alla stessa”.

Tuttavia, secondo l’American Society of Clinical Oncology, “dovrebbero essere informati sulla mancanza di dati in questo momento” rispetto a sicurezza, efficacia e risposta immunitaria. “I pazienti oncologici non sono stati inseriti negli studi che hanno dimostrato l’efficacia del vaccino, sebbene i benefici derivanti dalla protezione contro il Covid-19 appaiono ragionevolmente superiori ai rischi, essendo questi ultimi associati a possibile minore efficacia piuttosto che a un ridotto profilo di sicurezza”, si legge in un documento dei massimi esperti di dicembre 2020.

INFORMAZIONE E FIDUCIA

E allora. Se dopo aver avuto accesso alla piattaforma, si prova la sensazione di chi è in autostrada senza navigatore, con scarsa segnaletica, perché mancano le informazioni, si inizia a tentare di costruire un percorso a tappe. Anche gli operatori sanitari rilevano incertezza, confusione e assenza di regole uguali per tutti. 

Si inizia con una mail al proprio oncologo, che forse opera in una regione diversa da quella di residenza, come accade per tantissimi pazienti del Sud che si sono curati in Istituti del Centro e Nord Italia; oppure ci si rivolge al medico di base e se si è under 80 si spera nell’inserimento in una lista di pazienti fragili che il medico invierà alla ASL. Ci si può arrendere perfino alla prenotazione “al buio” sulla piattaforma regionale, con il requisito della classe anagrafica. Il medico vaccinatore valuterà poi quale siero fare, con uno sforzo immane per conquistare la fiducia del paziente fragile in così pochi minuti, proprio quella fiducia che è l’elemento chiave della campagna vaccinale.

Afferma Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale: “I pazienti lungo sopravviventi non sono considerati vulnerabili, ma persone praticamente guarite. Per questo aspetto stiamo cercando una soluzione, che al momento non si trova, per tante ragioni, a cominciare dalle dosi dei vaccini.

REGOLE DIVERSE PER I PAZIENTI IN CURA

Le cose vanno diversamente per i pazienti operati in trattamento oncologico, per quelli entro i sei mesi dalle cure oncologiche e per i pazienti con malattia metastatica, estremamente vulnerabili. A loro viene data, da Nord a Sud, massima priorità contro il Covid-19. I centri ospedalieri specializzati si sono attrezzati per allestire prenotazioni e punti vaccinali dedicati, “secondo le indicazioni ministeriali”. 

Accade così all’IEO – Istituto Europeo di Oncologia – di Milano, uno dei grandi centri oncologici del Nord Italia, dove sono curati tanti pazienti provenienti anche dal Centro e dal Sud e all’Istituto dei Tumori Pascale di Napoli. Sul sito il Pascale informa che via via che le dosi si renderanno disponibili “i pazienti saranno selezionati dagli specialisti secondo le priorità definite dal Ministero e la disponibilità delle dosi”. Anche all’Ospedale Santobono Pausillipon di Napoli, dove sono curati bambini e adolescenti, sono stati vaccinati oltre 150 ragazzi vulnerabili sopra i 16 anni, di cui 51 fragili e un centinaio affetti da malattie rare. L’Ospedale ha poi inviato alle Asl in via d’urgenza l’elenco dei genitori da vaccinare dei bambini under 16, che non possono ricevere il siero.

ASL O MEDICO DI BASE? 

Poiché i centri oncologici non sono deputati a vaccinare chi ha avuto in passato la malattia, i medici suggeriscono di rivolgersi alla propria ASL, che indicherà modalità di erogazione e scelta del tipo di vaccino (Pfizer, Moderna, Astra Zeneca o altro), in accordo alle evidenze scientifiche e alle indicazioni dell’AIFA, previa raccolta della storia clinica e dell’elenco dei farmaci che il paziente sta assumendo.

Per questo è consigliabile portare tutta la documentazione. Ma se fosse possibile, chissà quanti pazienti oncologici, quelli del codice 048, preferirebbero affidarsi al proprio medico di base. Da ieri è possibile in Calabria, sicuramente all’Unità di Continuità di Cure Primarie di Lamezia Terme, dove Franco Esposito, Segretario Generale FISMU, che coordina l’Unità, dopo aver intercettato il disagio dei suoi pazienti over 80, costretti a vaccinarsi anche a 150 km di distanza da casa, ha chiesto a gran voce che le vaccinazioni fossero affidate ai medici di famiglia. Mercoledì scorso ha firmato un accordo con la Regione Calabria, insieme a tutte le altre sigle, compresa la FIMMG, che ha incluso nel protocollo categorie prima escluse: gli over 70 e i pazienti fragili.

“I medici di famiglia – afferma – potrebbero dare una svolta alle vaccinazioni con AstraZeneca o Johnson&Johnson, dando spiegazioni accurate ai pazienti. Tutti gli eventi trombotici sono avvenuti in pazienti al di sotto dei 60 anni, con eventi rarissimi sopra i 60, perché nei soggetti giovani c’è una risposta anticorpale più forte. È stata generata molta confusione”.


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