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Matteo Salvini e Luca Zaia

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Due Italia. La prima si è già vaccinata o se non lo ha fatto corre a prenotarsi per la puntura. È l’Italia che si organizza per darsi regole nuove. La seconda cincischia, tentenna, invoca il diritto alla libera scelta anche se per esercitarlo dovrà restare fuori da bar, ristoranti, palestre e piscine o farsi tamponi a ripetizione. È altra Italia. Ma lo scontro stavolta non è geografico ma tutto politico. Tra destra e sinistra si potrebbe tirare una riga. Da Leu al Pd tutti compatti, tutti pronti a tatuarsi se occorre sul braccio il gr code. Le defezioni si contano sul palmo della mano, tutt’al più qualche Cobas.

Dall’altro fronte si risponde per le rime. Con la Meloni che attribuisce a Draghi “parole di terrore” e prende le difese di chi “da un anno e mezzo a questa parte continua a pagare”, cioè “sempre gli stessi: bar, ristoranti, discoteche, il settore dello sport, della cultura e dello spettacolo, mentre a beneficiarne sono sempre i soliti noti” «Sembra che il problema a Palazzo Chigi – lancia un affondo la leader di Fratelli d’Italia – non sia più il virus ma le attività».

L’ITALIA DI GIORGIA

L’Italia di Giorgia è un mix di sentimenti diversi. Ci si appella ai “diritti inalienabili”, compreso quello di finire dritti sparati in terapia intensiva. E ha già i suoi leader pronti a scalare le liste civiche delle prossime amministrative. Un pullulare di medici obiettori, infermieri complottisti, ex grillini, sovranisti di ieri e di oggi. Un perfetto incrocio di no vax, boh vax, gilet gialli e forconi. Un humus che fermenta. La piazza di Torino potrebbe essere infatti solo l’inizio. E non è detto che tutto si svolga sempre pacificamente. In certi toni aggressivi si ritrovano facce già note, estremisti dell’anti-vax, non certo monaci tibetani in meditazione nella tipica postura del fiore di loto. I governatori fanno buon viso a cattivo gioco.

Luca Zaia parla di “assalto alla diligenza”, riferimento alle telefonate ricevute dalla regione Veneto per prenotare la vaccinazione, all’effetto Draghi. Boom di adesioni ovunque, anche in Friuli, Venezia Giulia e in Emilia-Romagna. Il governatore veneto lo ammette smentendo seduta stante Matteo Salvini. Salvo per quanto riguarda le discoteche che restano chiuse, «se fossero state aperte avrebbero potuto essere un notevole strumento di controllo dello stato di salute dei giovani», fa notare il doge veneto.

«In parte con il green pass e in alternativa con i tamponi si sarebbe potuto effettuare uno screening molto importante alla popolazione giovanile», nota Zaia strizzando l’occhio ai gestori, «che si erano messi a disposizione, avremmo raccolto fatto prevenzione in ambito familiare». Se si parla di turismo il registro cambia. «In Veneto il turismo sta andando bene, gli stranieri rappresentano il 67% dei 72 milioni di presenze turistiche ed arrivano tutti con il green pass, per chi va all’estero è normale avere il green pass».

MARSILIO: TROPPI ONERI PER I GESTORI

Tra un Giovanni Toti che si mostra più realista del Re e invoca il lockdown in Liguria per i non vaccinati e uno Zaia che si barcamena, c’è un Marco Marsilio che spara contro il passaporto vaccinale. In Abruzzo, si è registrato un boom di prenotazioni. Pronti via e già nella prima mattinata erano 800 in più della media, in una regione in cui ci sono ancora 400 mila persone che non hanno ricevuto la prima somministrazione, dove si lavora per sensibilizzare migliaia di over 50 non immunizzati e perciò a maggior rischio di ospedalizzazione.

«Dubito che in ristoranti piscine e palestre i gestori siano attrezzati per distinguere da uno schermo con un gr code autentico ad un altro – è il ragionamento del governatore abruzzese – diventano degli oneri organizzativi gestionali e di responsabilità anche nella sanzione: chi si mette a sanzionare? È un modo un po’ propagandistico di affrontare le questioni dando questo segnale di falsa sicurezza, ma poi la gestione di queste decisioni ricasca sulla spalle degli altri. Le Regioni hanno provato a spiegarlo al governo chiedendo di usarlo per aprire discoteche, andare allo stadio o ai concerti nei luoghi di grande assembramento cercando di garantire maggiore sicurezza ma si è scelta una strada diversa e io non credo sia corretta».

Non la pensa affatto così il sindaco dei sindaci, il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, «il green pass può aiutare tutti noi a sentirci più sicuri nei luoghi e negli spazi che frequenteremo, non possiamo chiudere nuovamente la città».

DE LUCA: SENZA IMMUNITÀ DI GREGGE SCUOLE CHIUSE

Poi c’è De Luca che da quando è scoppiata la pandemia non ha mai avuto atteggiamenti di condiscendenza con il governo centrale. Tutto ruota intorno alla sua stella di sceriffo, il resto è un contorno. La preoccupazione del governatore campano in questo momento non è il green pass – che pure considera obbligatorio sui luoghi di lavoro – bensì l’anno scolastico. Per evitare la dad serve il 70% di popolazione scolastica vaccinata e dunque l’immunità di gregge. Da qui l’ipotesi di ritardare l’inizio dell’anno scolastico. In due settimane le regioni dovranno adeguarsi e far sì che le regole vengano rispettate. Le incognite ci sono e sono tante.

Tra le tante questioni sollevate segnaliamo il problema posto da Matteo Dall’ Osso, ex deputato grillino confluito in Coraggio Italia dopo essere transitato per pochi mesi tra gli azzurri di Berlusconi. Uno dei primi a dotarsi di mascherina sui banchi di Montecitorio suscitando ironie tra i colleghi. «Ricapitolando – fa il punto della situazione Dall’Osso – se dal 5 agosto una persona volesse andare al bar dovrebbe mostrare il green pass al barista – invece, sempre dal 5 agosto, se un deputato volesse andare a bere lo stesso caffè al ristorante della Camera non dovrebbe presentare nulla. Perché – si chiede il parlamentare – evidentemente qui la regola non vale perché io sono io… e sono anche libero di non portare rispetto ai colleghi e ai baristi dipendenti. A questo punto – è la conclusione – mi auguro che tutti i deputati sentano l’esigenza di bere un caffè prima di venire a Montecitorio». Totò batti un colpo se ci sei.


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