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I presidenti di Regione Michele Emiliano, Vincenzo De Luca, Luca Zaia e Attilio Fontana

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Cenoni, mascherine, tamponi. Il Natale 2021 rischia di trasformarsi in un déjà vu. In attesa del nuovo decreto del governo è ripartito infatti il balletto di presidenti di Regione e sindaci sulle nuove regole. Tutti si affannano a dare suggerimenti, generando in chi li ascolta ancora più confusione. Si parla del virus, ma sembra l’ultima puntata dei Ferragnez.

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Per il 24 e il 25 si prevedono «solo raccomandazioni» sulle tavolate in famiglia, mentre per l’ultimo dell’anno il buon senso non basterà: anche i vaccinati dovranno sottoporsi al tampone per poter partecipare a feste e veglioni. Lo scenario è quello della vigilia, non c’è ancora niente di ufficiale.

È bastato che dal Comitato scientifico filtrasse la possibilità di introdurre, durante le festività, l’obbligo di tampone anche per i vaccinati, ma solo per determinati eventi, perché dalle Regioni si sollevasse il solito polverone.

Il Lazio di Zingaretti, che vorrebbe estendere ad altre categorie il vaccino obbligatorio, farebbe carte false per dare una stretta, tutto fuorché un altro lockdown. Il presidente della Liguria, Toti, pensa invece che il Super Green pass sia più che sufficiente, anche se la sua Regione è già zona gialla e se l’ex ministro e sindaco di Imperia, Claudio Scajola, da tre giorni anche presidente della Provincia, ha deciso in modo autonomo di chiudere le scuole.

La maggior parte dei presidenti di Regione, per salvare gli ultimi scampoli di economia natalizia e i saldi, sarebbero favorevoli al vaccino obbligatorio. Ma a remare contro ci sono i 4 governatori del Nord, Cirio, Fontana, Zaia e Fedriga. Quest’ultimo, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza Stato-Regioni, è reduce dal duro scontro sul Super Green pass, una misura «che dà certezze a realtà economiche», ma non vuole spingersi più in là, mettersi contro l’ala scettica del Carroccio.

A soffiare nelle vele dei governatori, Matteo Salvini: «Chiedere un sacrificio a 50 milioni di italiani che hanno fatto 1-2 o 3 dosi di vaccino – dice il leader della Lega – e poi pensare di obbligarli al tampone per vivere vuol dire che qualcosa non funziona».

LE ORDINANZE FAI-DA-TE DEI SINDACI E LA CORSA AL TAMPONE

Scajola non è il solo a fare di testa sua. In ordine sparso anche i sindaci di molte Regioni stanno emettendo ordinanze più restrittive, vietando gli assembramenti nelle piazze e imponendo l’obbligo di mascherina all’aperto nei posti affollati.

«Il nostro modello dice che nella prima settimana di gennaio saremo in crescita con i contagi e piano piano ci avviciniamo alla zona arancione». Il test obbligatorio? Zaia non vuole arrivare a questo e raccomanda l’uso del tampone fai-da-te in occasione di pranzi e veglioni. «È un piccolo sacrificio – ha detto durante una conferenza stampa a Palazzo Balbi – ma tra un test in auto-somministrazione e un ricovero in terapia intensiva 5 o 6 euro sono un bell’investimento, non è un modo infallibile di fare screening ma gran parte dei contagiati li raggiungiamo con tamponi antigenici».

Stesse raccomandazioni anche dal presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, per il quale inseguire il tracciamento con 500 o 600 contagi al giorno è un’impresa che l’azienda sanitaria altoatesina, finita sott’accusa, si è rivelata molto difficile. Da qui il consiglio di fare un test prima di andare a trovare i nonni e i genitori. I posti letto nei reparti ospedalieri di area non critica salgono al 13% e la percentuale rispetto ai posti a disposizione tiene in ansia 12 regioni.

Così come tra i presidenti delle Regioni non tutti la pensano allo stesso modo, anche tra i sindaci ci sono falchi e colombe. Se Scajola vorrebbe chiudere tutto a tripla mandata, ecco che invece il primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, pur dicendosi favorevole all’obbligo vaccinale si schiera contro l’obbligo di sommare il test rapido al Green pass per andare in cinema e teatri, «una misura eccessiva». Che poi i test rapidi siano efficaci per diagnosticare l’infezione da variante Omicron o non lo siano questo è un altro discorso. Ma tant’è.

In mancanza di una direttiva unitaria, di una linea comune, ecco che nelle grandi città è scattata nel frattempo la corsa al tampone. In vista del cenone ma anche per chi dovrà prendere treni e aerei, in molte farmacie i test fai-da-te sono già andati esauriti.

FONDI SANITARI: SUD PENALIZZATO

C’è un Mezzogiorno particolarmente votato al piagnisteo e che dinanzi alla crescita delle disuguaglianze reagisce con il lamento. Non è il caso, questa volta, del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che parla con cifre alla mano.

«Permane purtroppo uno squilibrio nell’erogazione di risorse tra Nord e Sud – ha detto intervenendo ieri al Consiglio regionale – L’ultima battaglia la stiamo facendo adesso». Il riferimento è alla ripartizione del fondo sanitario.

«Hanno fatto un riparto – ha detto De Luca – che è calcolato per metà sulla spesa storica e per metà sulle spese certificate Covid. La Campania ha certificato una spesa Covid di 520 milioni, c’è qualche altra regione che ha certificato 1,8 miliardi di spesa. Ci sono regioni – ha proseguito il governatore campano – che hanno due milioni in meno di cittadini rispetto alla nostra regione ma hanno certificato più di noi e il governo nazionale ha continuato a mantenere questa sperequazione nell’indifferenza di tutti, a cominciare dalla forze di centrodestra e della Lega».


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