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Uno degli arrestati nell'operazione

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L’operazione “Mani in pasta”, con 91 arresti in tutta Italia, si è sviluppata tra Palermo e Milano. L’imponente blitz della Guardia di finanza ha colpito soprattutto il rione Arenella-Acquasanta del capoluogo siciliano oltre che il capoluogo lombardo. Al centro delle indagini della procura della Repubblica – coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise e Dario Scaletta – gli affari dei fratelli Gaetano, Giovanni, Angelo e Rita Fontana che dall’Acquasanta avevano investito, e tanto, a Milano.

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In carcere anche la madre, Angela Teresi, anche lei accusata di mafia perché avrebbe gestito la cassa del mandamento mentre i figli ricoprono ruoli direttivi nella famiglia mafiosa. Per oltre due anni i finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria, guidato dal colonello Saverio Angiulli, hanno lavorato sui Fontana, ricostruendo – coordinati dai pm palermitani – il giro di affari e le modalità. Il gip Pergiorgio Morosini ha disposto la custodia cautelare in carcere – ma non per mafia – anche Michela Radogna, compagna di Gaetano Fontana, per gli uomini che facevano parte della sua cerchia ristretta e fidata e per quelli che si occupavano del pizzo, della droga e della gestione delle scommesse.

Sotto sequestro beni per circa 15 milioni di euro fra immobili, svariate attività commerciali nel settore del caffè, soprattutto, di cui alcuni degli arrestati gestifano l’affare in lombardia, e cavalli da corsa. 

Infiltrazioni anche nei cantieri navali, con il controllo esercitato su una cooperativa. Non solo i Fontana – nome di peso di Cosa nostra palermitana – colpita dal maxi blitz di oggi della Guardia di finanza, con 91 arresti tra Palermo e Milano – erano di “casa” in diversi ippodromi e attraverso i loro uomini di fiducia si occupavano anche di truccare corse dei cavalli in tutta Italia dopando i cavalli oppure minacciando i fantini avversari in modo da far vincere il cavallo prescelto.

I soldi poi – con fidati spalloni – viaggiavano da Palermo fino a Milano per essere investiti in attività commerciali “normali” come, ad esempio, la gioielleria Luxury Hours, già sequestrata tempo fa nel cuore di Milano. Fontana è un cognome storico nel rione Arenella-Acquasanta (che rientra nel mandamento mafioso dell’Acquasanta). Stefano Fontana, oggi deceduto, era il reggente della famiglia, passando il testimone al figlio Gaetano che dopo avere scontato una condanna per mafia dal 2010 era sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Milano.

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Il procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Salvatore De Luca, ha evidenziato: «​Si dice che la mafia da lavoro. È proprio questo il rischio che dobbiamo scongiurare. Cosa nostra non è un comitato d’affari. È una struttura radicata nel territorio che non può essere sradicata da singole operazioni, seppur imponenti, e che ha nel suo dna l’utilizzo della violenza e della minaccia ma allo stesso tempo la capacità di attuare operazioni avvolgenti per inserirsi nel tessuto economico riuscendo poi ad appropriarsi di imprese ed aziende in difficoltà economiche».

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«Questa indagine – ha proseguito De Luca – fornisce la perfetta radiografia della metodologia mafiosa. C’è il problema dei scarcerati e della gestione del potere dal carcere o dai domiciliari, il progressivo coinvolgimento delle donne, non “punciute”, nella faccende della famiglia e che si occupano della gestione della cassa ma anche, oltre attività tradizionali e primitive tipiche di cosa nostra come estorsioni, pizzo, droga, delle corse di cavalli truccate, la delocalizzazione di produzione di caffè da Palermo a Milano, la compravendita di orologi di lusso on line».

Il colonnello Saverio Angiulli, comandante del Nucleo speciale di polizia valutaria di Palermo e il generale Giovanni Padula che coordina il Nucleo di Polizia valutaria da Roma, hanno sottolineato: «L’analisi dei flussi finanziari è stato fondamentale grazie a banche dati sempre più efficienti in una indagine come questa, durata anni e per cui, per il blitz di stanotte sono stati coinvolti oltre 20 comandi della Finanza sparsi in tutta Italia e oltre 500 uomini».

Rispetto alla collusione di imprese e professionisti i pm precisano anche che «allo stato non risulta il diretto coinvolgimento di banche e società finanziarie direttamente coinvolte». Ma anche che l’indagine è in corso, questo è un primo step «da cui sono emersi spunti ed elementi da vagliare e sviluppare».

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