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Nicola Gratteri

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Napoletano: Perché quando si danno i soldi pubblici al Sud si dice subito che bisogna stare attenti alla ‘ndrangheta – osservazione sacrosanta – e invece non si dice mai di stare attenti alla ‘ndrangheta quando si danno al Nord, cosa che ci lascia francamente perplessi?

Gratteri: Io dico sempre che bisogna stare attenti a mandare i soldi dove ci sono le mafie. E le mafie ci sono sia al centro che al Nord. Nella fattispecie prenderei in considerazione i soldi che devono andare ai disoccupati e quelli che dovranno andare agli imprenditori che ancora non hanno aperto. Il lavoro nero c’è. C’è dalle Alpi a Lampedusa ma è molto più pesante ovviamente al Sud specie nel mondo dell’agricoltura e della ristorazione. Vi sono generazioni di famiglie che hanno da sempre vissuto lavorando in nero guadagnando 30 euro al giorno, più o meno quanto percepisce chi lavora nella ristorazione. Ora questi 30 euro non ci sono più perché l’agricoltura non ha ancora ripreso o ha ripreso a singhiozzo e la ristorazione nemmeno. Mancando questi 30 euro il problema si pone. Per un capo mafia dare 100 o 200 euro è come per noi pagarne 5. Verrà visto come un benefattore, uno che arriva sempre prima dello Stato. E quando si tratterà di dare una riposta, quell’intera famiglia che ha ricevuto semplicemente 200 euro se ne ricorderà e voterà per il candidato prescelto dal capomafia. Anche al Nord ci sono i disoccupati e i comuni sciolti per mafia e sindaci che gestiscono le risorse in modo mafioso e clientelare. Basterebbe guardare gli elenchi. Ho proposto all’Anci di mettere a disposizione delle prefetture questi elenchi perché li inviino alla Guardia di finanza. Se il sindaco è mafioso e faccendiere metterà in questi elenchi gli amici e gli amici degli amici. Mi è stato detto: “ecco il procuratore Gratteri che vuole commissariare i Comuni…”. Se fossi un amministratore onesto e per bene tirerei invece un sospiro di sollievo sapendo che il mio elenco viene controllato dalla Guardia di Finanza nell’arco di 48 ore. E voglio fare un esempio più concreto: quando il ministero della Pubblica istruzione ha mandato soldi ai dirigenti scolastici per acquistare pc e tablet, a ritirare uno di questi computer è venuto un signore con una Land Rover da 95 mila euro, la più costosa, quella che ha le maniglie automatizzate, che si aprono appena sfiori la portiera. Ebbene, questo signore risultava nullatenente e disoccupato. Sarà un paradosso, ma non vorrei si finisse come con il reddito di cittadinanza quando la gente spostava la residenza dall’oggi al domani per rientrare nei requisiti. Per questo io dico: se questi soldi sono pochi almeno cerchiamo di darli a chi ne ha veramente bisogno.

Napoletano: Arriveranno prima i soldi della finanza parallela della ‘ndrangheta o quelli dello Stato italiano?
Gratteri:
Sicuramente prima quelli della ‘ndrangheta che già li sta dando.

Napoletano: Per lo Stato è una grandissima sconfitta
Gratteri:
Niente di nuovo, è una storia che si ripete.

Napoletano: Come è certificato dai Conti pubblici territoriali della Repubblica italiana il Nord ha il 65,7% della popolazione e riceve il 71,7% della spesa pubblica allargata del Paese mentre il Sud ha il 34, 3% della popolazione e riceve il 28,3%. Quanti di questi indebiti trasferimenti pubblici, qualcosa come 60 miliardi l’anno, rischiano di finanziare intermediazioni criminali in settori come movimento terra, rifiuti, sanità?

Gratteri: Dove ci sono denaro e potere ci sono le mafie. Le mafie non stanno a guardare; il fenomeno è nazionale, questa volta la cosa sarà però più grave perché ci vorranno 7 o 8 anni se saremo bravi per recuperare la perdita del Pil. Ma dovremo essere bravi come negli anni ‘50, fare tanti sacrifici.

Napoletano: Ma perché, secondo lei, dottor Gratteri, è così difficile anche in tempi di coronavirus fare accettare alla burocrazia l’autocertificazione per l’economia? Siamo l’unico Paese al mondo che nel pieno della Grande depressione non riesce né a far arrivare liquidità a chi ha perso il lavoro e ha fame, né contributi a fondo perduto compensativi alle imprese private che perdono fatturato per la chiusura delle attività decise dallo Stato. Non c’è il rischio che in questo modo soprattutto le imprese del Nord rischino di aver come banca d’affari personale la criminalità organizzata?

Gratteri: Anche al Centronord sta accadendo, penso per esempio a tutte le attività alberghiere che rischiano di passare di mano. Le uniche persone che hanno grandi liquidità in questo periodo sono i trafficanti di cocaina. Immaginare cosa accadrà non è difficile: molti albergatori quando riapriranno non potranno avere più del 50% dei clienti che avevano prima. Alcuni riusciranno a sopravvivere, altri saranno probabilmente destinati a chiudere. Non reggeranno sul mercato. O falliranno o si rivolgeranno agli usurai. Ma l’usuraio mafioso è diverso dall’usuraio “normale”, che vuole garanzie, scritture private. Il mafioso non vuole tutto questo, non vuole arricchirsi. Pratica interessi più bassi, a volte concorrenziali persino con le banche. L’obiettivo è rilevare l’attività commerciale. E dopo uno o due anni di agonia state certi che ci riuscirà e farà riciclaggio. L’obiettivo del capomafia non è arricchirsi ma avere una stanza piena di euro e farli uscire alla luce del sole attraverso il riciclaggio. Nella ristorazione, nelle pompe di benzina o nelle attività insomma dove circola naturalmente tanto contante e dove è possibile riciclare con facilità. Dunque, il problema delle mafie si può risolvere in un solo modo: facendo sparire o comunque diminuire in modo significativo il contante. Ho fatto l’esempio degli albergatori, ma il discorso potrebbe allargarsi ad altri settori ritenuti a rischio.

Napoletano: Resta però il tema della burocrazia. Meno burocratizzazione e più controlli sui conti dedicati. L’informatizzazione è sempre stata, dottor Gratteri, un suo grande cavallo di battaglia.

Gratteri: Se nel 2014, quando feci cioè la mia proposta di riforma delle procedure e di alcuni articoli del Codice penale, una riforma diciamo, “di superficie”, avessimo informatizzato, avremmo abbattuto tempi, costi e poteri discrezionali. Se avessimo portato avanti quella riforma che proposi già 6 anni fa oggi l’Italia sarebbero il Paese al mondo più avanti nell’informatizzazione del processo penale e quindi anche nella lotta alla burocrazia negli altri gangli dello Stato. Dunque la mia riposta è: ovvio, sono per una informatizzazione estrema della Pubblica amministrazione. Perché solo informatizzando è possibile togliere sacche di clientelismo, sacche di potere e sacche di nero. La burocrazia è un problema serio, un problema vero, anche perché, devo dirlo, non c’è grande preparazione. Ci sono persone, magari anche oneste, che occupano posti importanti ma senza averne le capacità. Persone che stanno nel posto sbagliato. In Italia non c’è una scuola di formazione come in Francia. Paghiamo grandi ritardi. Da noi anche se superi un concorso non vuol dire che sei in grado di occupare quel posto nella Pubblica amministrazione.


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