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A maggio si stima che il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, aumenti dell’1,4% rispetto al mese precedente (+1,5% sul mercato interno e +1,1% su quello estero). È quanto indica l’Istat nella consueta nota mensile che è stata diffusa ieri sottolineando che, seppure «in leggera attenuazione» rispetto al mese precedente, prosegue dunque la crescita congiunturale, con l’indice che tocca ancora il livello più elevato dall’inizio della serie storica (gennaio 2000).

Non c’è che dire: è una buona notizia che conforta in uno scenario macro che si sta offuscando, con l’inflazione sui massimi, la guerra in Ucraina che si sta esacerbando, le strozzature alle catene di approvvigionamento e il drastico rincaro di materie prime (non solo energetiche) e generi alimentari.

L’EFFETTO LEVA DEI PREZZI

Il tutto, però, va letto con attenzione. È vero che il fatturato dell’industria segna livelli record, ma c’è un motivo: l’aumento dei prezzi. Non a caso i dati più eclatanti sono quelli del comparto energia: sono i profitti realizzati in un anno dalle industrie energetiche (+72,7%) ad aver trainato questi risultati.

«In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario – commenta l’Istituto nazionale di statistica – si registra un incremento marcato del valore del fatturato sia in termini complessivi, sia con riferimento ai principali raggruppamenti di industrie, con aumenti particolarmente significativi per il comparto energetico. La crescita in volume, tuttavia, risulta decisamente più contenuta».  

Nel confronto annuo, corretto per gli effetti di calendario, il fatturato complessivo cresce del 23,6% (+24,2% sul mercato interno e +22,4% su quello estero).  Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a maggio -rileva ancora l’Istat – gli indici destagionalizzati del fatturato segnano aumenti rispetto al mese precedente per l’energia (+9,8%) e per i beni intermedi (+2,4%), mentre si registrano lievi flessioni per i beni strumentali (-1%) e per i beni di consumo (-0,2%).

Nel confronto annuo, per quanto riguarda gli indici corretti per gli effetti di calendario, si registrano marcati incrementi tendenziali per l’energia (+72,7%), i beni intermedi (+32,1%) e i beni di consumo (+17,8%), più contenuti per i beni strumentali (+8,8%).

Nel trimestre marzo-maggio 2022 l’indice complessivo è cresciuto del 7,8% rispetto al trimestre precedente (+8% sul mercato interno e +7,3% su quello estero). Inoltre, a maggio, si stima che l’indice destagionalizzato in volume del settore manifatturiero registri un calo in termini congiunturali (-0,3%). Su base annua, il volume del fatturato, corretto per gli effetti di calendario, presenta una crescita del 5,9%, molto più contenuta di quella in valore (+22,9%).

I CONSUMATORI

Il fatturato dell’industria è «dopato» dall’inflazione e dal caro energia: così i consumatori commentano i dati Istat. È «un’illusione ottica» affermano Unc e Codacons. «Gli extra profitti milionari delle industrie energetiche, regalo immeritato e intollerabile, gonfiano il fatturato con un +72,7% su maggio 2021 e un +9,8% su aprile 2022» sottolinea il presidente dell’Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona.

«Alla base della forte crescita su base annua del fatturato non vi è certo una accelerazione delle attività dell’industria italiana, ma l’impennata dei prezzi» afferma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, sottolineando inoltre che il confronto è «con un 2021 caratterizzato ancora da restrizioni sul fronte Covid».

«II governo Draghi – dice il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli – si avvia verso la sua conclusione. A quello in carica e all’Esecutivo che verrà chiediamo un deciso contrasto al caro-energia e all’inflazione mediante l’adozione di misure di riduzione dell’Iva a partire dai beni di largo e generale consumo».

LE ASPETTATIVE NELLA UE

Intanto, a luglio scendono ancora le aspettative economiche dei consumatori e delle imprese nella Ue e nell’Eurozona, in linea con le stime sul clima di fiducia rilasciate mercoledì in Italia, Germania e Francia che si sta deteriorando.

Secondo le stime flash della Commissione Ue, l’indicatore del sentiment economico (Esi) è crollato sia nella Ue (-4,2 punti a 97,6), sia nella zona euro (-4,5 punti, a quota 99), scendendo al di sotto della media di lungo periodo. Anche l’indicatore delle aspettative occupazionali (Eei) è diminuito notevolmente (-3,6 punti a 106,6 nella Ue e -3,2 punti, a 107, nell’area dell’euro), pur rimanendo al di sopra della media di lungo periodo.


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