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MONTALBANO, CARVALHO, MAIGRET, NERO WOLF, LOBOSCO: LA PASSIONE PER IL BUON CIBO DEGLI EROI DELLA LETTERATURA A CACCIA DELLA MALAGENTE


La prima domanda stramba che viene è una curiosità che non ha risposte: non è che dare la caccia agli assassini e alla malagente abbia come effetto collaterale quello di far venir fame? La seconda è più intrigante: perché i creatori di investigatori, poliziotti, magistrati con il fiuto fine per il crimine, li abbinano ai piaceri della tavola e alle ricette raffinate che aiutano a far pace con il mondo lacerato dal delitto?

A tavola il giallo è servito. Un tripudio di gusto, odori, memorie culinarie, raffinatezze d’altri tempi, spezzafame senza preamboli o intrugli poco dietetici e il gioco è fatto. Gli investigatori nati dalla penna di scrittrici e scrittori che sapientemente mettono nel piatto della narrazione trame e ricette, non sono pochi. Protagonisti di avvincenti racconti, questi personaggi stuzzicano la gola insieme alla voglia di arrivare fino alla fine del racconto e scoprirne il finale. Attraverso la descrizione di pietanze cotte o mangiate dai protagonisti di cui sono impastate certe pagine, si accede alle sfumature più intime della loro vita e del loro carattere. Si aprono le porte del mondo a cui appartengono e da cui provengono. Si conoscono luoghi frequentati e abitudini consolidate.

Quando non sono personalmente ai fornelli sono coccolati da aiutanti cuochi, fedeli governanti, mogli premurose, ristoratori sopraffini, esotici o alla mano. Sono buongustai pignoli, cuochi ricercati, gastronomi per diletto e per passione, consumatori di prelibatezze, di piatti della tradizione o di cibo da strada. Tra un’inchiesta e l’altra cucinano, degustano, sperimentano, si ingozzano fino all’ultimo boccone o lasciano a metà per colpa di un imprevisto dietro l’angolo. Si abbandonano alle seduzioni dei sapori, cedono alle tentazioni culinarie e si consolano con le portate preferite. Con le ricette legate ai professionisti del genere giallo, il menù è ricco e variegato.
Regina degli spaghetti all’assassina è la Lolita Lobosco di Gabriella Genisi. Il vicequestore che opera a Bari, interpretata sul piccolo schermo da Luisa Ranieri.

Investigatrice coraggiosa e indipendente. Iconica sui tacchi, così come al volante della sua bianchina, lo è anche a tavola. E non solo per quegli spaghetti all’assassina (spaghettoni nella versione Lolita) che “crocchiano” nella padella di ferro nero di cui par di sentire persino l’odore del soffritto, il pizzichio piccante dei peperoncini, il gusto dei pomodorini e il profumo inebriante di quel calice di rosso con cui si accompagnano a meraviglia.

Lolita detta Lolì, sa preparare anche lo scammaro. Non avvelenato come capita, invece, nel racconto della Genesi. La sfiziosa frittata è messa in tavola insieme a un giallo avvincente: il delitto di uno scrittore. A Lolita il compito di indagare.
Ne “Lo scammaro avvelenato e altre ricette. Le indagini di Lolita Lobosco”, a corredo della storia, un ricettario in appendice propone oltre cento piatti: da stuzzicanti preparazioni inedite ai grandi classici della tradizione pugliese come la focaccia, i panzerotti e la parmigiana. Rivisitati secondo il gusto di Lolita. Tra queste c’è la ricetta dello “Scammaro…non avvelenato” a base di spaghettoni, capperi, olive di Cerignola, peperone crusco sbriciolato, granella di pistacchio e via dicendo . E c’è la versione napoletana della “Frittata di scammaro (dal Cavalcanti)” a ricordare quella codificata nel ricettario del 1837 dal cuoco e letterato Ippolito Cavalcanti nel suo Cucina Teorico Pratica, a cui si aggiunge quella di un “Timpano di scammaro imbottito di mare”.

Cucina dai sapori intensi e antichi quella di Lolì, come quella siciliana amata dal celebre collega: il commissario Salvo Montalbano di Andrea Camilleri. Lui, Montalbano che in televisione è Luca Zingaretti, è una buona forchetta. «Niente chiacchiere, quando si mangia non si parla», è il suo monito. «Gustare un piatto fatto come Dio comanda è uno dei piaceri solitari più raffinati che l’omo possa godere, da non spartirsi con nessuno, manco con la pirsona alla quale vuoi più bene». Non sa cucinare ma si lascia vezzeggiare dalla fedele Adelina, imbattibile in fatto di manicaretti isolani. In alternativa c’è la trattoria “San Calogero” di Vigata, o il ristorante “Enzo a mare”.

La tavola del commissario è tutta un tripudio mediterraneo: dalla pasta ‘ncasciata, “un piatto degno dell’Olimpo” scrive Camilleri ne Il cane di terracotta , alla pasta alla Norma. Il primo da leccarsi i baffi,  compare per prima la volta ne Il ladro di merendine. Irresistibili pure gli arancini che finiscono anche per dare il titolo a una raccolta di racconti. Un vero e proprio tallone d’Achille per Salvo, soprattutto se a prepararli è Adelina che “ci metteva due jornate sane sane a pripararli”. E poi c’è la caponatina e le sarde a beccafico. Per chiudere con gli irrinunciabili cannoli. Per Salvo Montalbano il cibo è un rito ma anche un oggetto del desiderio. A volte, un’arma di seduzione.

Diverso è il discorso per Rocco Schiavone, protagonista dei romanzi polizieschi di Antonio Manzini e dell’omonima serie televisiva in cui è interpretato da Marco Giallini. Vicequestore della polizia originario di Roma, Schiavone svolge le sue funzioni ad Aosta. Burbero all’apparenza, sarcastico con un linguaggio spiccio sui tramezzini ha una filosofia ben precisa. In “Non è stagione”, così la spiega al suo ispettore Italo Pierron: «I tramezzini sono una cosa seria, Italo.
Non si scherza col tramezzino. Pane bianco, rigorosamente bianco. Sono ammessi tonno, carciofini, pomodori, insalata di pollo, spinaci e mozzarella. Personalmente non amo gamberetti e formaggi e men che meno il prosciutto. Secondo me il tramezzino al prosciutto passa di diritto fra i toast. E la maionese deve essere fatta in casa, leggera e giallo chiaro. Ma soprattutto il tramezzino, e questo ficcatelo bene in testa una volta per tutte Italo, il tramezzino deve essere tenuto in fresco sotto i tovaglioli umidi. Se entri in un bar e li trovi avvolti nel cellophane scappa via! Non sono tramezzini. Sono cadaveri, roba in putrefazione! Il tramezzino deve riposare sotto il cotone umido. Articolo 3 della Costituzione».

A pranzo mangia la pizza o una sfogliatella al Caffè Gambrinus in piazza del Plebiscito. La cena gli viene quasi sempre preparata a casa da Rosa e, alla sua morte, dalla nipote di lei, Nelide. Il ragù con i fusilli e la pastiera, fanno storia a sé. Lui è il barone Luigi Alfredo Ricciardi ideato da Maurizio de Giovanni. Commissario di polizia, Ricciardi è protagonista di una serie di romanzi ambientati nella Napoli degli anni Trenta, in pieno regime fascista, dai quali sono stati tratti trasposizione per fumetti e per la televisione con Lino Guanciale.

La sua dannazione è il terribile segreto ereditato dalla madre Marta, che chiama il Fatto: percepire le ultime parole pensate o dette dai fantasmi delle vittime di morte violenta, sia per incidenti che per omicidi, che si manifestano in un’immagine evanescente nei luoghi del decesso. Per lui, cucina cilentana e manicaretti preparati dall’anziana governante al “signorino”. La tavola di Ricciardi include, per esempio, la “menesta ‘mmaretata” (verdure di campo e carne di maiale) ne “Il giorno dei morti”. I ciccimmaretati compaiono in “In fondo al cuore”: “Lo scuro grano cappella, il granturco, le fave, le cicerchie, i ceci e le mimmiccole, le lenticchie…in una scodella c’erano le castagne Janghe, che avrebbero avuto il compito fondamentale di conferire dolcezza alla zuppa”.

Da investigatore a investigatore si va in Spagna, in Catalogna. Da Pepe Carvalho. L’investigatore privato ideato da Manuél Vazquez Montalbán ha una vera e propria passione per il cibo e un cuoco di supporto, Biscuter. Per ritrovare i sapori forti dell’investigatore galiziano basta sfogliare il libro di Montalbán Le ricette di Pepe Carvalho. Prima ancora, lo scrittore ispiratore di Camilleri, pubblica Ricette immorali. Curioso volume in cui sono raccolte le ricette di 120 piatti citati nei quattordici libri precedenti della serie di Pepe Carvalho. Per ogni piatto oltre agli ingredienti e alle modalità di preparazione, il libro riporta il passo del romanzo o del racconto in cui la ricetta è citata.

Una delle pietanze preferite da Pepe Carvalho? Ne “Gli uccelli di Bangkok” Pepe, che nella serie televisiva ha la faccia di Juanjo Puigcorbé, prepara la  fideuà. Simile alla paella ma con un’impronta tailandese. Ha i fidelini lunghi e sottili al posto del riso. A chi gli dice «non mi attrae. Mangio per vivere», Pepe risponde secco «lo temevo. Lei doveva pur avere qualche difetto». La rivisitazione esotica non trova il gradimento neanche di Montalban, buongustaio come il personaggio da lui creato.

Nero Wolfe, l’investigatore in poltrona che pesa circa 150 kg è un raffinato gastronomo. Il geniale personaggio creato da Rex Stout, interpretato in una serie da Francesco Pannofino, in passato da Tino Buazzelli, descritto come pachidermico, misogino, solitario, ipocondriaco esce dalla ‘casa di arenaria rossa’ soltanto in occasione della fiera delle orchidee di New York o per andare al convegno dei  Quinze Maîtres – i 15 migliori cuochi del mondo – come ospite d’onore.

I romanzi che lo vedono protagonista sono così ricchi di riferimenti al cibo e alla cucina che nel 1973, Stout decise di dedicare un libro all’argomento. Si intitola Crimini e ricette. A tavola con Nero Wolfe. Da quel momento le prelibatezze servite nella grande casa di Manhattan non hanno più segreti. Dalle pietanze preparate da Fritz Brenner, il cuoco personale di Wolfe , alle ricette messe a punto dallo stesso investigatore, dagli spuntini improvvisati per Archie Goodwin, di ritorno dalle sue missioni, ai ricercati menù per gli ospiti di riguardo, un universo di delizie si schiude in queste pagine.

Non solo pipa, birra, beaujoulais e calvados per il celebre commissario Jules Maigret di George Simenon, l’indimenticabile Gino Cervi nella serie italiana, Jean Gabin in quella francese. «Maigret è un piccolo borghese molto onesto. Ama mangiare ed è forse l’ unico piacere che si concede, come i poveri. Non va quasi mai al cinema, non vede la tv, non ha l’ automobile, non sa guidare», scrive Simenon. Tra i suoi piatti preferiti il cassoulet(fagioli bianchi e carne d’oca o maiale o agnello, cotti in casseruola) citato in “La rivoltella di Maigret”, la trippa alla moda di Caen che si ritrova ne La vecchia signora di Bayeux e la zuppa di cipolle.

Ma c’è una pietanza di cui Maigret è particolarmente ghiotto ed è il coq au vin, il gallo al vino preparato secondo l’antica ricetta campagnola dalla moglie Louise. “Maigret infilava la chiave nella serratura, con la giacca sul braccio, gridava un tradizionale: “Sono io!” E annusava. Indovinava dall’odore ciò che c’era per pranzo…”, annota Simenon ne L’innamorato della signora Maigret. Un’abitudine che finisce dritta dritta in un libro A cena con Simenon ed il commissario Maigret. Le classiche ricette dei bistrot francesi secondo madame Maigret di Robert J. Courtine, noto gastronomo francese, redattore di Le Monde.

Non solo pietanze e manicaretti. Altri investigatori subiscono il richiamo del carrello dei dolci, a partire da Hercule Poirot di Agata Christie, goloso protagonista di racconti e romanzi con il brivido. Poirot, sedotto da focaccine, dolci e cioccolato, confessa non senza rammarico “di non potersi sedere a tavola più di tre volte al giorno”. Però, anche un assaggio di soufflé al cioccolato di quelli tanto amati può bastare per togliere l’amaro in bocca che le brutte storie lasciano.


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