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Dal catalogo ERETICI ARTE E VITA: Sergio Vacchi, Lunae Pictor/Autoritratto, 2002-2003. Collezione privata. Foto Fondazione Sergio Vacchi

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Quando, con Denis Isaia e Fabio Novembre, pensammo di mettere in scena gli Eretici, al Mart di Rovereto, il mio progetto era far emergere personalità meno fortunate di Pasolini, altrettanto rivoltose e anche predestinate all’insuccesso, come non è il caso del secondo nome che è sembrato inerudibile, dentro e fuori questa rassegna: quello di Carmelo Bene. Sia nelle sue innovative testimonianze letterarie e teatrali, ma anche nelle spurie apparizioni televisive, come nel memorabile “uno contro tutti” da Maurizio Costanzo, con l’irruzione di Giordano Bruno Guerri e Guido Almansi, Carmelo Bene inventa un genere letterario che contrappone il pensante (raro) al depensante.

Rispetto a Pasolini, Bene non si confronta con la realtà ma con la finzione che governa il mondo. Il suo pensiero si afferma nel vuoto, che è una condizione epocale. Uomo del sud, Carmelo Bene non ne sente la minorità conclamata nella “questione meridionale”, ma la sublime superiorità, che lo porta a vivere in una dimensione onirica. “La nostra penisola non ha mai dato grandi fatti del Pensiero, se non, guarda caso, nel Sud. E qui, i nomi di Giordano Bruno, Giambattista Vico, Tommaso Campanella, Croce, Gentile ecc. La stessa lingua italiana che ci viene da Cielo e Federico II. Ora dove questo pensiero ‘depensa’ si spensiera, via via scendendo fino a Capo Leuca, lì comincia la Magna Grecia. A sud del Sud. La Magna Grecia è il ‘depensamento’ del pensiero del Sud. È il Sud in perdita. Il suo guadagno. Anche se umiliato, oltraggiato, vilipeso, dalla sciagurata inflazione consumistica, è ancora qui. In questo sud del Sud è nato il più grande santo tra i santi, colui che eccede la santità stessa: Giuseppe Desa da Copertino. A questo Sud azzoppato, non resta che volare”.

Lo ricordo, Carmelo, vecchio, in un ritorno nella sua città, Campo Salentina, sputare in un occhio a un giovane disoccupato, che chiedeva aiuto. Non era superbia, non era disprezzo, era indignazione. Con questi due campioni, in una dimensione sublime, si poteva aprire e chiudere la mostra sull’eresia. Ma umiltà e conoscenza ci hanno indotto a indagare nei luoghi più remoti, e a uscire dalla letteratura e dal teatro per tornare alla pittura, dove ci aspettavano superbi e dimenticati artisti, il cui genio era nel vivere in uno stabile altrove fuori del mercato, fuori delle tendenze, fuori delle mode.

Ecco allora riapparire Mattia Moreni, Giannetto Fieschi, Sergio Vacchi. Nessun dubbio che, a ben guardare, nell’opera di Moreni, il corpo a corpo dei turbamenti erotici che impongono l’immersione nel sesso femminile come una ossessione, prefiguri, con un margine di riscatto ludico, la visione di Basquiat. L’avventura di Moreni procede per autogenerazione e autocombustione.

A lui, così come era ben chiaro a uno dei suoi primi interpreti, Francesco Arcangeli, si affianca certamente Giannetto Fieschi, nella sua transverberazione mistica che si traduce in una pittura visionaria, profondamente autentica e autenticamente drammatica. È un dramma individuale che altera la visione e produce immagini disturbate, deliranti, proiezioni di una inquietudine irredimibile. L’esperienza di Fieschi è ascetica, invasiva, dilagante: non ci sono confini alla presenza di Dio. Individualista, fuori di ogni regola, egocosmico, è Sergio Vacchi: un altro pittore sconfinato, onirico, incontinente.

E poi, al limitare del mondo contadino, nei confini del manicomio, troviamo Pietro Ghizzardi e Carlo Zinelli. Senza fortuna ma immersi in un sogno, come non furono neppure i surrealisti, Lorenzo Alessandri e Colombotto Rosso. In un secolo di sperimentazione, l’eresia è anche dentro la musica, nella personalità tormentata di Sylvano Bussotti, come un labirinto di immagini e di suoni da cui è impossibile uscire.

In compenso non aprono su nessuna stanza le porte di Francesco Nardi. Superate le quali comincia il delirio di Orlan e Nan Goldin. In loro continua il viaggio verso l’abisso di Pasolini. Insomma, venite a Rovereto per perdervi.


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