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Un autoritratto dell'artista spagnolo Antonio Lopez Garcia

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QUALCHE provinciale, e invecchiato male, cultore d’arte contemporanea scrive: “Siamo un paese di serie B, non ci sono ricette. Rassegniamoci. I paesi emergenti sono più freschi, forti e innovativi di noi. Su tutto. Dallo sport, all’arte, alla cultura in genere. Siamo ancora un buon palcoscenico (Moda, Design, Arte) per gli altri. Accontentiamoci. Per il resto giochiamo tra noi e non pretendiamo palcoscenici internazionali. Inutile lamentarsi. Noi abbiamo già dato. Lasciamo giocare gli altri senza livore.”

L’arte come un campionato di calcio. L’arte accade dove e quando accade. I paesi emergenti sono stati per millenni sommersi. Il nostro passato genera ancora futuro. Nel presente in Europa, quali sono, e con quali artisti, i paesi di serie A? La Francia? Con quali artisti? La Germania? Quando l’ultima volta? E il primato lo stabilisce chi? La fama, il mercato? Un buon quadro è un buon quadro. Un buon film è un buon film. L’arte non è un campionato europeo.

Arnaldo Badodi, dimenticatissimo, fu un buon pittore. Tanto basta. E così Guccione. E così Weiner Vaccari. Devono fare un concorso, per essere? Al tempo, Guttuso fu più noto di Badodi. E allora? Carlo Maria Mariani è stato un ottimo artista; ma anche Agostino Bonalumi e Getulio Alviani e Gianfranco Ferroni. Ci sono. Devono fare una gara? Cosa è la serie B? In Spagna c’è un artista di serie A: Antonio Lopez Garcia. Se ne parla meno che di Kiefer o di Cattelan. E chi se ne frega. Non si gioca. Non ci sono serie nell’arte. Così vale per la letteratura. Dove gioca Michelstaedter? E dove gioca Cristina Campo? E se uno non conosce Luigi Serafini il problema è suo. Tutto il mondo lo ha visto con il suo “Codex”. L’artista non si misura con la quantità di persone che lo conoscono. Van Gogh è più conosciuto di Piero della Francesca. E con questo? Preferisco Maso di Banco. Il calcio è il calcio. L’arte è il solitario maestro di Castelseprio. Ma si può confrontare Marlene Dumas con Willy Varlin? L’arte non è né la moda né il calcio.

Per Coomaraswamy: “E riconobbi che ciò è parte di quello che sta accadendo in tutto il mondo, ossia la continua distruzione del carattere nazionale dell’individualità e dell’arte… La nostra civiltà orientale era qui duemila anni fa: il suo spirito sarà completamente annientato di fronte all’impatto con il nuovo mercantilismo di occidente?… Qualche volta penso che lo spirito orientale non sia morto, ma stia dormendo e possa ancora giocare un gran ruolo nella vita spirituale del mondo”. Quale è la serie A? Secondo Coomaraswamy, in campo artistico noi siamo afflitti da un esibizionismo narcisistico, che ricorda il comportamento della gazza ladra, preoccupata di collezionare ogni oggetto che luccica. “Siamo gente strana. Dico questo riferendomi al fatto che mentre quasi tutti gli altri popoli hanno dato alla loro teoria dell’arte o dell’espressione il nome di retorica e hanno considerato l’arte come una forma di conoscenza, noi abbiamo inventato un’estetica e consideriamo l’arte come un modo di sentire”.

Ma, a parere di Coomaraswamy, tale carattere rende letteralmente insignificante l’arte moderna, ossia l’arte sviluppatasi negli ultimi secoli in Occidente, salvo rare eccezioni. L’aveva intuito Hegel: lo spirito del mondo si muove. E così l’arte accade.


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