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“Apollo” attribuito a Benedetto Gennari, Parma, collezione Sanvitale, 1834 (foto da complessopilotta.it)

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Aspirazione vitale di pace e mortali inganni da cui esplode la vendetta. Quando è totale e collettiva deflagra la guerra. Chi è vittima del sogno d’essere Apollo ha l’anima spenta. Friedrich Nietzsche ritenne chimera e inganno ogni ideale umano: idea, etica, eroismo e virtù.

Ci rendono ciechi. Nascondono il mito e la tragedia, mistero e mito. Apollo, l’inutile bello, chimera di morte e vita. Dioniso è invece mistero, follia pulsante d’ebbrezza. Zaratustra è l’uomo, vulcano arazionale che sa regredire all’acqua d’origine. Nel primitivo cratere, tutto oscilla tra fascino e follia. Lì, spira il vento del destino.

Pochi mortali sono alla ricerca dell’uomo. Scandalo, antipotere, assoluta innocenza, 30 denari, pianto al terzo canto del gallo, iniqua pace, ove i superstiti sconfitti giacciono, ove tutto è caos. Kinzhal, supersonico missile, mostro d’incombente tecnologia. Il potere domina i popoli. Ove si pensa che la pace risucchi l’anima. Non c’è pace senza guerra. Pace imposta dai barili di grezzo, in nome dell’impero. Sull’arco marmoreo è scolpita con il fuoco l’aurea saggezza: “Si vis pacem, para bellum. Unica foriera di pace è la guerra vincitrice.”

Il Cristo degli sconfitti non è di questo mondo. Egli s’esalta, insensato, nei cittadini privi di libero respiro. La pace costruisce sorde gabbie d’acciaio. Per l’impero, Dostoevskij va cacciato da ogni Bicocca; così fece il Grande Inquisitore. Nella pace s’uccide, si sottomette chi vuole essere libero.

L’impero afferma che chi uccide non genera mostri. Si ricomincerà sempre dai bimbi, dal mistero e poi dall’odio, dalla rabbia, dalla vendetta e dalla guerra. Uccidere padre e madre è la regola dei forti, dove sempre i vinti sono colpevoli, i vincitori sono giusti. Fu così, dalla prima alba all’ultimo tramonto.

Dalla città nasce l’Occidente: capitale, mercato, giudizio, teologia e democrazia, ove dall’affratellamento nascono potere e legittimazione. Mi sento assurdo, perché non so amare una pace così.


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