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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni col ministro per l'Economia Giancarlo Giorgetti

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LA GERMANIA continua a predicare la riduzione del debito, l’Italia e la Francia dicono di sì, ma rilanciano: visto che i tassi sono alti e far scendere il debito è complicato, richiedono il parziale scorporo della spesa per interessi. Ecco che nella notte tra giovedì e venerdì, nel pieno delle trattative sulla riforma del Patto di Stabilità Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia ed emissario del governo italiano all’Ecofin, fissa negli occhi Nadia Calvano, ministra dell’Economia spagnola e le dice: «Non posso firmare nessun impegno se so che non sarò in grado di rispettarlo». E ancora: «Piuttosto che un cattivo accordo, meglio le regole esistenti». Il titolare del dicastero di via Venti Settembre indica i vincoli.

È su queste basi che si riapre una trattativa che potrebbe definirsi la prossima settimana nel corso del consiglio europeo. O al più nella riunione straordinaria dei ministri finanziari, fissata tra il 18 e il 21 dicembre. Uno scenario che soddisfa l’Italia perché si tratta di un sentiero di transizione, ovvero la possibilità per il triennio 2025-2027 di tenere conto della spesa per interessi sul debito nel calcolo del deficit. Uno scorporo dunque che potrebbe essere esteso ad un numero limitato di investimenti, sia per l’Italia che per la Francia. Non a caso, anche il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni utilizza queste parole: «Si tratta di progressi sostanziali ma la missione non è ancora compiuta».

Il giorno dopo l’esecutivo italiano si dice soddisfatto della trattativa portata avanti dal ministro dell’Economia Giorgetti. «Per quanto riguarda il nuovo patto di stabilità e crescita – osserva Antonio Tajani ospite a Radio24 – il lavoro che ha fatto il nostro ministro (dell’Economia e delle Finanze, ndr) Giorgetti… ci ha portato a raggiungere una posizione che mi pare vada nella giusta direzione». E ancora, sempre il segretario di Forza Italia: «Cioè i tempi di riduzione del debito, che vanno come chiedevamo noi, la possibilità mi auguro anche di potere escludere alcune spese dal rapporto deficit-pil: quindi, se le cose continueranno ad andare come stanno andando, mi auguro che si possa raggiungere prima della fine dell’anno un accordo che ci permetta di avere dall’inizio del prossimo anno un patto di stabilità e crescita diverso da quello che ha creato tanti problemi all’intera unione europea».

Tajani sottolinea come l’esecutivo italiano si sia sempre impegnato «affinché si puntasse molto sulla crescita e non ci fosse una scelta rigorista com’era quella del vecchio patto di stabilità, una scelta rigorista che non puntasse anche al sostegno all’economia reale. Quindi, se c’è una posizione intransigente come quella dei liberali tedeschi, si rischia di bloccare l’industria e l’agricoltura, cosa che per noi è assolutamente negativa».

Plaude al potenziale accordo anche Maurizio Lupi, leader di Noi moderato, petalo centrista della coalizione di governo: «I passi avanti sulla revisione del patto di stabilità sono positivi per l’Italia e sono frutto del buon lavoro del governo. Dobbiamo rilanciare la crescite e finanziare lo sviluppo, per costruire un’Europa più forte e meno burocratica, che si lasci alle spalle le stagioni della stagnazione». A questo punto l’unico problema per la premier resta il Mes. L’Italia è l’unico paese della zona euro a non aver ratificato la riforma del Fondo Salva Stati. E proprio in virtù della trattativa in corso sul patto di stabilità Meloni si trova costretta a dire sì a quella riforma. Anche perché sarebbe un segnale distensivo nei confronti delle cancellerie europee. L’unica incognita resta capire come si comporterà Matteo Salvini.

Nell’attesa Carlo Calenda, leader di Azione, attacca l’esecutivo: «Il Patto di stabilità disciplina di quanto dobbiamo ridurre il nostro debito. Se la proposta è troppo rigida, come quella tedesca, non funziona e quindi bisogna rigettarla. Ma per rigettarla efficacemente bisogna allearsi con la Francia, con la Spagna, non con Orban. Quindi la Meloni deve decidere: europeista o sovranista».


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