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Matteo Salvini

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PER trovare un briciolo di razionalità nei piani di Matteo Salvini, il leader della Lega che oggi sembra svolgere il ruolo di capo dell’opposizione all’interno del governo di cui è vicepremier, può forse aiutare la lista dei partecipanti all’evento organizzato domenica a Firenze dal gruppo “Identità e democrazia” al Parlamento Europeo. All’eurogruppo sovranista aderiscono la Lega e una serie di partiti che si distinguono per l’alta grammatura in termini di sovranismo ed euroscetticismo.

WILDERS MINA VAGANTE

A Firenze, per esempio, sarà presente Geert Wilders, la nuova stella della politica olandese. Negazionista del cambiamento climatico, euroscettico e sovranista, Wilders fonda nel 2006 il Partito per la libertà (Pvv), schierato all’estrema destra del Parlamento olandese. Dopo anni di alti e bassi, il Pvv vince le elezioni legislative del 2023, ottenendo un successo inaspettato che lo attesta come primo partito in Olanda con il 23,69% e la conquista di 37 seggi alla Camera. Wilders può essere considerato un ultra-liberista: sul piano dei diritti, è favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, all’eutanasia e alla liberalizzazione delle droghe, sul piano economico lo si può associare alle posizioni anarco-capitaliste di Javier Milei, il vincitore delle elezioni in Argentina.

Sul fronte geopolitico, il leader populista olandese minaccia la Nexit (ovvero l’uscita dell’Olanda dalla Ue), si oppone all’invio di armi all’Ucraina e promuove misure radicali contro l’Islam: de-islamizzazione dei Paesi Bassi, divieto di uso del Corano e chiusura delle moschee. Se diventasse premier, ce ne sarebbe abbastanza per far ballare sempre più i tavoli paludati dei consessi europei.

LE PEN TRASFORMISTA

Tra gli ospiti di Firenze ci sarà inoltre, ma solo in videocollegamento, una vecchia conoscenza del populismo europeo: la francese Marine Le Pen, per tradizione antieuropeista e filorussa, che si appresta a cominciare l’ennesima campagna elettorale per conquistare finalmente l’Eliseo ai danni di Macron. Di recente Le Pen, per fronteggiare la deriva islamista e filo-Hamas della sinistra francese e l’equidistanza da equilibrista del presidente Macron tra israeliani e palestinesi, ha compiuto una virata storica schierando su posizioni filoisraeliane il suo partito, da sempre distintosi per i consolidati pregiudizi razzisti e antisemiti. Insomma, un bel calderone di contraddizioni nel quale, non a caso, Salvini mostra di trovarsi perfettamente a suo agio.

Quando, anni fa, dopo il tramonto della stella di Umberto Bossi, Salvini ha ripreso in mano un partito travolto dagli scandali e ridotto ai minimi termini, ha puntato tutto sul populismo barricadiero, euroscettico e anticasta. Un atteggiamento che non ha mai abbandonato, nemmeno in occasione dell’esperienza di governo con il M5s, vissuta quasi come una gara a chi la sparava più grossa.

L’ETERNO PAPEETE

Alla fine, com’è noto, con la follia del Papeete, il leader della Lega Salvini è riuscito nella missione impossibile di disarcionare se stesso dalla sella dell’Esecutivo gialloverde. Oggi, in vista delle europee, Salvini ha di fronte una sfida cruciale. Solo quattro anni fa, nella tornata precedente per gli scranni di Strasburgo, conquistò 9 milioni di voti, il 34,2% dell’elettorato. Ma alle politiche dell’anno scorso gli elettori hanno presentato un conto assai salato per le sue intemerate. Quasi tre quarti di quel consenso è stato bruciato: solo 2,5 milioni di voti, pari a poco meno del 9% dell’elettorato fra Camera e Senato.

La Lega di Salvini è andata in difficoltà anche alle amministrative, contribuendo a spaccare il fronte unitario del centrodestra: a titolo di esempio, può bastare il caso di Verona, con la vittoria di Damiano Tommasi in una regione come il Veneto che vede però intramontabile la stella di Luca Zaia.

IL RISCHIO BOOMERANG

Pure le recenti provinciali del Trentino-Alto Adige hanno confermato la tendenza negativa. A Trento il 27,1% del 2018 si è più che dimezzato. A Bolzano, la Lega ha registrato un crollo dall’11 al 3%. La boa delle europee è quindi fondamentale per decidere le sorti della sua leadership: una nuova sconfitta potrebbe sancirne il definitivo tramonto. Per sopravvivere a questo passaggio, Salvini si è trasformato in agente del caos, cospargendo di mine il percorso di Meloni. E a Firenze riunirà una banda euroscettica di compagni fracassoni tanto quanto lui, ispirati dal comune parossismo populista. Se il suo disegno dovesse compiersi assisteremmo a un bel parapiglia. Ma il rischio che la sua scommessa si trasformi in un nuovo Papeete resta molto alto.


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