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Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni

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LA GIORNATA inizia con l’annuncio di Giorgia Meloni: «Ieri ho riunito le forze di maggioranza e i ministri competenti per discutere dei provvedimenti da inserire nella Legge di Bilancio, anche in attesa del Consiglio dei Ministri che avrà luogo lunedì, con importanti iniziative del Governo». L’attenzione della premier è rivolta ai redditi bassi: «Le misure che verranno intraprese serviranno a fronteggiare il caro bollette e a sostenere milioni di cittadini in questo delicato periodo». Se questa è la premessa, lo svolgimento ruota attorno a un unico assioma. L’inquilina di Palazzo Chigi lo ha scandito nel corso del confronto di venerdì con i capogruppo di maggioranza: «Dobbiamo approvare una finanziaria seria e credibile che tenga sotto controllo i conti pubblici. Si faranno solo le cose che si possono fare». La premier ha fatto asse con Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Economia che ha il compito di garantire le entrate e le uscite dello Stato. Non a caso nei palazzi della politica si parla di «metodo Giorgetti», prova che non ci sono margini per richieste di spesa bizzarre. «Ho rappresentato un quadro di prudenza e confido che le forze politiche con responsabilità sosterranno questo approccio».

Ufficialmente tutte le forze che compongono la maggioranza non solo hanno condiviso questo metodo ma hanno cantato vittoria, mettendo in mostra i risultati ottenuti nel provvedimento che verrà approvato nel consiglio dei ministri di lunedì. Eppure il rumore di sottofondo certifica un malessere diffuso. Non è un mistero che Matteo Salvini si sarebbe aspettato qualcosa in più sulla flat tax. E anche Silvio Berlusconi avrebbe voluto essere coinvolto maggiormente.

Al leader azzurro sta stretto il ruolo di gregario della coalizione. Il Cavaliere si è servito della prima occasione pubblica, l’inaugurazione di una sede di Forza Italia a Milano, per rilanciare un vecchio slogan azzurro: «La mia idea è una norma per produrre oltre un milione di posti di lavoro». Va da sé che l’ex premier fornisce anche la ricetta per creare un milione di posti di lavoro: «Se per un periodo di tre, quattro o cinque anni dovessimo favorire le imprese dicendolo loro ‘ti togliamo ogni tassa, tutto ciò che ti costa un lavoratore in più rispetto allo stipendio’, in modo che lo stipendio che darai ai giovani dai 18 ai 34 anni sia uguale ai tuoi costi, questo significa che le aziende avranno una grande convenienza ad assumere giovani».

Tutto questo precede un avvertimento agli alleati: «Metteremo in campo il meglio di noi per riuscire ad ottenere queste cose, anche se magari non sono nelle corde dei nostri alleati». Nella stessa direzione vanno le parole di Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, esponente di spicco di Forza Italia, perplesso sulla cancellazione del reddito di cittadinanza fra sei mesi per chi può lavorare.

In questo contesto il Pd si è riunito in assemblea, a Roma, per stabilire il percorso congressuale. L’avvio della fase costituente inizierà il 24 novembre, «con la direzione che nominerà il comitato costituente nazionale, con regole di equilibrio di genere, per accompagnare la fase costituente ed elaborare il manifesto del nuovo», dice Enrico Letta. E le primarie il 19 febbraio. Una data su cui il segretario dimissionario chiede «un certo grado di flessibilità, in base al giorno delle regionali» in Lombardia e Lazio. Al Nazareno temono che i gazebo possano rimanere vuoti se le elezioni del Lazio si tenessero una settimana prima e culminassero con una batosta elettorale. Infine, l’assemblea dà il via libera a chi non è iscritto al partito di poter partecipare alla partita per la segreteria. Elly Schlein potrà dunque correre. Una candidatura che non dovrebbe essere condivisa dalla sinistra del Pd, che probabilmente metterà in campo l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando. E, a proposito di corsa alla segreteria, nella giornata di oggi Stefano Bonaccini ufficializzerà la candidatura. 


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